Vespri e processione eucaristica in occasione della solennità del Corpus Domini
Venezia – da San Salvador a San Marco, 19 giugno 2025
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Cari fratelli e sorelle,
i Vespri votivi del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, con il rito dell’istituzione dei ministri straordinari della Comunione, sono occasione per interrogarci nella fede: che cos’è l’Eucaristia? Anzi, dobbiamo subito correggere la domanda e chiederci: chi è l’Eucaristia? L’Eucaristia è Cristo dato a noi.
La fine del Vangelo secondo Marco ci ricorda che la Chiesa, i discepoli del Signore, i cristiani sono invitati a credere e a compiere l’atto sacramentale: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato” (Mc 16,16). Solo una teologia “illuminista” può pensare che il cristianesimo si giochi solo su un sapere teologico.
Viene alla mente, allora, quando – secondo la narrazione che ne fa Simpliciano (padre spirituale di Ambrogio) e che Agostino riporta nel libro delle Confessioni – il retore Vittorino, ormai convinto della bontà del pensiero cristiano, insisteva però nel non voler entrare in chiesa per compiere l’atto sacramentale del battesimo e, allora, chi guidava il suo cammino verso la pienezza della fede ribatteva alle sue obiezioni – non sono i muri che mi fanno cristiano – rimarcando il senso e il valore dell’atto sacramentale.
L’Eucaristia, quindi, è luogo in cui la parola di Dio si fa sacramento, segno efficace. San Tommaso, nella sua visione sacramentale, dice che il centro – il vertice dei segni sacramentali – è l’Eucaristia. E l’Eucaristia è Cristo dato a noi. Ma chi sta all’origine dell’Eucaristia? chi l’ha creata?
Abbiamo ascoltato la lettura dei Vespri (1 Cor 11, 23-25). Gesù, in quell’ultima sera, prese il pane e il vino dicendo: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me… Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Per il semita il corpo era la persona in quanto accessibile, in quanto capace d’entrare in comunione; era la persona presente, tangibile. Per il semita, il sangue era la vita. Questo è il mio corpo, allora, significa: sono io presente, sono io dato a voi. E questo è il mio sangue significa: questa è la mia vita donata a voi.
Il centro, il culmine, il vertice della Chiesa è, dunque, l’Eucaristia. Noi possiamo dire che è la comunità credente, con chi la presiede, che costituisce l’Eucaristia sul piano del ministero; invece, sul piano del mistero – che viene prima -, è Cristo, cioè l’Eucaristia, che costituisce la Chiesa.
Celebrare bene l’Eucaristia vuol dire lasciarsi impossessare della carità di Cristo perché il fine ultimo dell’Eucaristia è una comunità che pensa come Gesù, che parla come Gesù, che agisce come Gesù. E il termine della celebrazione eucaristica non è la fine di un rito ma è il mandato: “Ite, Missa est”. Ossia: andate, la Messa è compiuta ed è compiuta nel vostro andare e nel vostro essere una comunità eucaristica.
Che cosa è un sacramento? Che cosa fa un sacramento? Molte volte abbiamo l’idea dell’Eucaristia come una “cosa”, ma l’Eucaristia non è un’icona o un’immagine; l’Eucaristia non toglie e non aggiunge nulla a Gesù Cristo, solo Lo rende presente. E al principio dell’Eucaristia c’è Lui, c’è Gesù. Se vogliamo, allora, comprendere veramente, nella fede, che cosa è l’Eucaristia, non abbassandola alla nostra comprensione “antropologicizzandola”, dobbiamo tenere insieme il trittico croce-memoria-carità.
L’amore trinitario del Padre per il Figlio, quando entra nella storia, prende la forma della croce: croce, memoria, anamnesis, memoria viva. Talvolta si pensa di raggiungere la gioia pasquale dimenticando che è frutto del Venerdì Santo.
All’inizio di tutto c’è Dio e l’amore di Dio ha un progetto che è quello di creare il mondo. E Dio – che non ha bisogno di nessuno (se avesse bisogno di essere adorato non sarebbe Dio) – vuole che ci sia il bene anche al di fuori di Lui. Dio ha un suo progetto originario ed originale: la creazione. E la creazione è pensata e voluta in Cristo; l’Eucaristia è Cristo disponibile a noi.
Noi comprendiamo l’Eucarestia solo all’interno della storia della salvezza e, quindi, è una povera teologia (ed è una povera comunità cristiana) quella che pretende di partire dai segni umani per spiegare i segni di Dio; sono i segni di Dio che spiegano la genuinità dei segni umani. Non è la mensa, pur fraterna e conviviale, che spiega che cos’è l’Eucaristia ma è l’Eucaristia che spiega che cos’è la mensa fraterna e conviviale nel darsi agli altri; altrimenti il segno diventa un ritualismo e non giova a nessuno, è solo coreografia e in chiesa non si fa coreografia ma si adora.
Solo la fede ci consegna l’Eucaristia e la fede non consiste nel conoscere le ragioni di Dio ma nell’accogliere il disegno di Dio. Accoglierlo significa cogliere il segno della realtà eucaristica e la frase di Marco che chiude il primo Vangelo – “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato” (Mc 16,16) – va compresa e declinata all’interno dei segni sacramentali.
Il Battesimo, la Confermazione, il Matrimonio, la Penitenza, l’Unzione dei malati, il Sacerdozio ordinato sono tutte indicazioni che ci portano all’Eucaristia: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta”.
