Salmo 121

Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore (Primi Vespri della domenica IV sett, secondi Vespri della Dedicazione di una chiesa, della Beata Vergine Maria, del Comune delle vergini).

Nella Bibbia Gerusalemme è una città unica, altamente simbolica, che esprime il destino escatologico, la pienezza della vita del popolo di Dio. Anche nella storia, Gerusalemme è città misteriosa: luogo del dramma, dove si concentrano le lacerazioni più gravi dell’umanità e le contraddizioni della Chiesa esplodono nelle divisioni tra cristiani che si manifestano clamorose.
Nel linguaggio biblico a Gerusalemme si “sale”, c’è un movimento ascensionale, una strada in salita.
Ma nel libro dell’Apocalisse c’è anche l’immagine della Gerusalemme celeste che “scende” dall’alto.
La Chiesa sale dal basso perché scende dall’alto: è tutta opera di Dio, che chiede la nostra libera collaborazione (Patriarca Marco).

Il salmo appartiene alla raccolta detta “delle ascensioni”: il pellegrino che “sale” alla città di Gerusalemme posta sull’altura di Sion, tre volte all’anno – nella festa di Pasqua, di Pentecoste e delle Capanne – prega recitando questi salmi, conosciuti anche come i 15 “salmi graduali” (Sal 120-134), con riferimento ai 15 gradini che, nel Tempio di Gerusalemme, dal cortile delle donne immettevano in quello degli Israeliti.

La struttura del salmo consente un gioco cabalistico che ne offre un primo significato: quattro elementi (il nome della città, Gerusalemme; il termine “casa”; il “nome del Signore”; il termine “pace”) sono ripetuti per tre volte (4×3=12). Ciò rinvia alle 12 tribù d’Israele, la totalità del popolo di Dio, ma anche, in prospettiva, tutta l’umanità.

La chiave, il registro, di questo Salmo è la gioia, che caratterizza due momenti dell’esperienza del fedele: l’emozione del giorno in cui ha deciso di concretizzare il sogno del viaggio a Gerusalemme (“Ha deciso nel suo cuore il grande viaggio” cf Salmo 83); e la commozione di poter vedere, ora, con gli occhi fisici, la città con le sue porte, le sue mura, i palazzi, il tempio!

Il Salmo rende in canto lo sguardo attonito ed entusiasta del pellegrino che ha atteso, desiderato e ora vede la città, il suo cuore e i suoi occhi fissano Gerusalemme.

Possiamo seguire la serie di definizioni – caratteristiche di Gerusalemme:

  •  “Città salda e compatta”: armonia, equilibrio, stabilità nelle relazioni tra le persone e con Dio
  • Luogo verso cui salgono “insieme” tutte le tribù: è il cuore dell’unità di Israele e di tutti i popoli; anche oggi salgono a Gerusalemme i popoli che cercano il Signore.
  • “Per lodare il nome del Signore”: tante voci fuse in un’unica lode nel tempio, centro del culto.
  • “Sede del giudizio”: vi si celebravano gli appelli e i giudizi più importanti. Da Gerusalemme si “torna più pacificati e più giusti” (cf Benedetto XVI).
  • Gerusalemme può significare “città della pace”, ma forse più correttamente, “il Dio della pace l’ha fondata”: l’augurio di pace è invocato per la città, perché divenga “focolare” di pace per tutti e l’armonia, il benessere, la prosperità da qui si diffonda su tutti e accompagni i pellegrini nel loro ritorno. Si parte con desiderio di pace nel cuore; si torna pacificati e diffusori di pace (il termine è da prendere nel suo significato pregnante, che racchiude tutti i beni messianici).

Il salmo è pervaso dalla forte tensione tra la città terrena, nella quale si piange, si cerca, si aspetta, ci sono sofferenze e persecuzioni e fatiche – si fatica anche a “vedere” Dio e la sua opera di giustizia e di pace -, ci sono divisioni e discordie, e la città che pregustiamo e desideriamo, in cui si gioisce d’una pace senza fine, ogni lacrima è asciugata, c’è unità, “un solo popolo” e si vede Dio faccia a faccia.
È la tensione della vita di fede, di ogni persona e di ogni popolo, della Chiesa d’ogni tempo, tra il desiderio di Dio, assente, la cui presenza però orienta il cammino: si attende e si cammina verso un compimento che ancora non c’è.

Il popolo cristiano, pellegrino, è incamminato e sorretto dalla persona di Cristo, in cui la Gerusalemme messianica ci è venuta incontro, Lui è la nostra Pace, in Lui camminiamo “ancorati” nella Città di Dio: Gerusalemme è immagine della Chiesa (cf il commento di Papa Benedetto che cita i Padri e in particolare Gregorio Magno), in cui, come le pietre di un edificio, ciascuno sostiene ed è sostenuto e c’è un fondamento – Cristo – che sostiene e porta tutti.

Infine da Gerusalemme viene il “giudizio”, intervento del Signore nelle vicende umane per salvaguardare il suo disegno, rimuovere ciò che lo ostacola e ristabilire la sua giustizia: “La fede biblica non è intimistica, ma è fermento di giustizia e di solidarietà; alla comunione con Dio segue necessariamente quella dei fratelli tra loro” (Benedetto XVI).