ITACA con Sara Schiavon

Vai dall’altra parte del mondo e ti accorgi che le persone si comportano nello stesso modo. Vai agli antipodi e riconosci che l’Italia ha un fascino unico. Hai degli oceani che ti separano da casa e sperimenti, là in fondo al pianeta, che la voglia di relazioni vere è grande.

Un patrimonio di umanità e di nuovi saperi: è quello che oggi fan parte del bagaglio di Sara Schiavon, studentessa di Scienze del Linguaggio a Ca’ Foscari. Un patrimonio che ha aperto a tutti in occasione del primo ITACA dell’anno, intitolato “Australia, tornare per ripartire. Perché casa non è solo un luogo”.

ITACA è un format della Pastorale Universitaria che offre agli studenti la possibilità di condividere le esperienze di mobilità all’estero, una volta ritornati a casa. Questi viaggi sono estremamente significativi per chi ne è protagonista, rimanendo impressi nei ricordi di chi li vive per sempre. Nonostante ciò, quando gli studenti tornano si trovano costretti a rientrare nella routine che avevano lasciato come se nulla fosse accaduto, vivendo così un paradossale momento di smarrimento a casa propria. ITACA permette agli studenti di aprirsi e prendere consapevolezza della crescita fatta, traducendo la mobilità studentesca in una mobilità di idee, storie e esperienze che può essere utile anche a chi l’esperienza non l’ha vissuta direttamente.

Sara di viaggi in Australia ne vanta addirittura due: il primo da neodiplomata, durato otto mesi, era per imparare la lingua inglese e per fare una prima esperienza lontano da casa, mentre il secondo, di due mesi, si è legato ad un’attività di ricerca per il suo corso di laurea magistrale. «La prima volta mi ospitò una famiglia emigrata in Australia da Singapore, ma di origine indiana. Dovevo occuparmi di due bambini, Adi di cinque anni e Aria di un anno e mezzo – ci racconta Sara, mentre vengono proiettate le immagini dei bambini – da diciannovenne alla prima esperienza fuori da casa, non è stato facile. Oltre a pensare ai bimbi, dovevo anche svolgere le mansioni di casa. È come se fossi improvvisamente passata da ragazza a ragazza-madre».

Queste difficoltà non sono state percepite nel secondo viaggio, sei anni più tardi, sebbene Sara abbia scelto di rivivere un’esperienza in parte simile, facendosi ospitare da un’altra famiglia australiana, sempre come ragazza au pair. «In questa seconda esperienza tutto ciò che mi veniva richiesto era di stare con i bambini. Scelsi questa famiglia, che mi venne presentata da una mia professoressa, perché sarei stata coinvolta nelle attività professionali dei genitori: la mamma è antropologa e il papà è il pastore protestante di un college per ragazzi aborigeni».

I due viaggi, per quanto diversi, hanno però una cosa in comune certa: si sono svolti in Australia. L’unicità dell’ITACA di Sara è stata proprio quella di provare a far conoscere il paese in sé, cercando di trasportare i presenti, almeno con l’immaginazione, dall’altra parte del globo.

Attraverso foto, video e aneddoti di persone, cibo, animali e paesaggi, ha esposto in un racconto unico ed originale i motivi che le fanno sentire l’Australia come un’altra casa. «Entrambe le esperienze mi hanno fatto vivere un tipo di incontro senza pregiudizi: tra gli australiani c’è vero interesse per la persona. Ora considero l’Australia una parte di me, mi ha segnato molto anche dal punto di vista personale. É un posto dove non posso non tornare»; e infatti ci tornerà, il prossimo gennaio, per sei mesi di studio.

Alla domanda però, se sceglierebbe l’Australia anche per viverci, Sara risponde: «Sebbene io là mi senta bene, non so se riuscirei a costruirmi un futuro lì e inoltre trovo molto difficile staccarmi così tanto da un paese come l’Italia. Quando sei all’estero ti accorgi quanto sia bello il tuo paese. É bello partire e andare via, ma è anche tanto bello poi tornare». Sara ha anche trasmesso l’esperienza del detto che tutto il mondo è paese, e che perciò, se amiamo il nostro paese, già amiamo buona parte il mondo. «Vai dall’altra parte della Terra – considera – e le persone si comportano nello stesso modo. La nonna è sempre la nonna. E i bimbi sono sempre, come direbbe mia mamma, come i gatti». L’essenza di ITACA, oltre ad offrire a chi torna un luogo che faccia sentire accolti, è un‘occasione per chi è rimasto di prendere atto di chi siamo. Le esperienze di incontro servono per poter capire che le differenze possono solo valorizzare ciò che alla fine tutti siamo: essere umani.