Una grandissima gioia

Quando i nostri occhi si aprono, come si aprirono gli occhi dei Magi, di Pietro, di Giovanni, di Maria Maddalena, di Tommaso … che in Gesù riconobbero il loro Signore, allora anche noi come loro ci prostriamo e adoriamo.

I gesti esprimono uno stato d’animo e una scelta interiore profondissima: davanti al Signore pieghiamo tutta la nostra persona, la nostra vita.

Riconosciamo la nostra piccolezza.

Diciamo che solo lui è la nostra forza, la nostra luce.

Accogliamo l’invito di camminare con lui, di unirci a lui.

Non abbiamo parole per ringraziarlo. Il silenzio si riempie di gratitudine inesprimibile: di “eucaristia”.

Quando i nostri occhi riconoscono il Signore, il suo “desiderio” di noi, il suo continuo invito a stringersi a lui fino a “diventare lui” nella comunione sacramentale, allora prende luce anche la nostra vita: capiamo finalmente che il suo senso profondo consiste nella “gratuità”, nel ” consegnare” noi stessi insieme a Gesù, mettendoci con lui a disposizione di chiunque abbia bisogno della nostra sollecitudine, della nostra preghiera, del nostro aiuto in tutte le situazioni che viviamo.

Così come è successo ai discepoli di Emmaus, Gesù diventa il compagno della nostra giornata, l’unico nostro maestro, colui che – quasi senza che ce ne accorgiamo – ci trasforma interiormente, scioglie le nostre durezze, abbassa il nostro orgoglio, ci fa più semplici e generosi … proprio come il Padre da sempre ci ha pensati e desiderati.

(Dal sussidio per la Scuola di preghiera diocesana “Rimanete in me”, Venezia 1995)