Il Patriarca ha scritto una lettera pastorale in vista della prossima “ripresa”: è intitolata “La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì” (1Re, 17,16) ed è datata 15 agosto 2020.
Tra i vari passaggi della Lettera, leggiamo:
Iniziamo, quindi, una vera attraversata del deserto che non sarà facile in cui le nostre comunità sono chiamate a riscoprire la virtù cristiana della speranza, guardandosi e dal facile sconforto e dall’ottimismo di maniera, consapevoli che Gesù risorto non abbandona coloro che si affidano a Lui. La speranza fiorisce dalla fede, che non può essere vissuta attraverso i social ma “dal vivo”.
[…] Il punto di partenza non possono essere le strutture e i convegni ma il ritorno a Lui, al Signore Gesù, attraverso la conversione personale; il resto è pura conseguenza. Come duemila anni or sono, Gesù si fa nostro compagno di strada e, come ai discepoli di Emmaus, parla anche a noi, ci converte e si rende presente nello spezzare il pane eucaristico. […] Per noi tutto inizia con Gesù, la vera forza, la vera novità e la vera ripartenza; senza di Lui, che è la Parola, tutto si riduce ad un frammentario inseguirsi di voci. […]
Guai se dovessimo convincerci che bisogna essere ricchi per poter fare la carità. Dare agli altri non dipende dalle proprie disponibilità ma dalla sensibilità del cuore che, alla fine, o sa amare o no. La carità – possiamo dire così – è “strutturalmente” democratica: tutti la possono fare e tutti la possono ricevere. Tutti, sempre. Il primo “gesto” è adottare in modo simbolico, ma realissimo, una persona che per le sue condizioni sociali risulta “invisibile”. Le modalità, ovviamente, saranno differenti secondo le disponibilità: si potrà, quindi, inserire nella propria spesa settimanale uno o due generi di “conforto” da destinare a chi da solo non ce la fa.