Smentita la campagna sul “peso” dell’Irc nel rapporto tra bilancio dello Stato e numero di alunni che si avvalgono dell’insegnamento. Nel triennio, l’impegno di spesa sarà praticamente dimezzato.
Ma quanto costa, davvero, agli italiani l’Insegnamento della Religione cattolica? Dopo le polemiche suscitate, nei giorni scorsi, da articoli di stampa che vorrebbero dimostrare un aumento esponenziale della spesa a carico dello Stato, a fronte di un costante calo degli studenti
avvalentisi, è necessario fare chiarezza.
Innanzitutto sulle cifre. Gli 859 milioni di euro (859.343.920 euro per l’esattezza) indicati come “il costo” dell’Irc per il 2024, comprendono anche le attività alternative. Quelle, cioè, frequentate dagli studenti che hanno scelto di non avvalersi dell’Irc. Rispetto al 2023, si osserva un incremento di circa 112 milioni e mezzo, che però viene molto ridimensionato se considerato alla luce del triennio di programmazione 2024-2026. Per il 2025, infatti, la spesa per l’Irc e le attività alternative scende a 660.472.122 e nel 2026 subirà un ulteriore, drastico, ridimensionamento attestandosi a 435.325.089 euro. Praticamente la metà di quanto messo a bilancio quest’anno.
In secondo luogo, è opportuno fare chiarezza anche sul numero complessivo degli studenti sui quali è possibile fare un calcolo completo. Stiamo parlando di poco più di otto milioni di alunni dell’anno scolastico 2022-23: 7.286.151 nelle scuole statali e 811.105 nelle scuole paritarie, per un totale di 8.097.256. I dati raccolti dalla Cei mostrano che gli avvalentisi sono in tutto circa l’84%, corrispondente in valore assoluto a circa 6.800.000, con il complemento di circa 1.300.000 non avvalentisi. In questa sede, però, interessano soltanto gli studenti non avvalentisi delle scuole statali, dato che gli alunni delle scuole paritarie non sono certamente a carico dello Stato. Se limitiamo infatti lo sguardo alle sole scuole statali, il numero dei non avvalentisi scende a circa 1.165.000, senza contare che i capitoli di spesa del bilancio statale sono destinati indifferentemente all’Irc e alle attività alternative, e dunque soddisfano la domanda di entrambe le parti e non solo di una. Non è dato sapere quanto incida la spesa per le attività alternative rispetto a quella per l’Irc, ma di fatto un’ora di lezione ha sostanzialmente lo stesso costo a prescindere dal numero di alunni che la frequentano: e le ore di Irc sono frequentate da un numero di gran lunga maggiore di alunni, tenendo anche presente che almeno la metà dei non avvalentisi sceglie opzioni che non comportano alcuna spesa (uscita da scuola o studio individuale), riducendo ulteriormente il numero di coloro che usufruiscono della vera e propria attività didattica
alternativa.
Tra i motivi dell’aumento di spesa c’è anche, almeno in parte, la progressiva scomparsa dell’Irc affidato all’insegnante di classe o sezione nella scuola primaria e dell’infanzia. Si tratta del lento superamento di uno stato di cose risalente alla scuola elementare gentiliana, che nel 1923, quindi prima del Concordato del 1929, aveva affidato l’insegnamento della religione all’insegnante di classe, che aveva in genere una preparazione specifica piuttosto modesta. Da quando, con la revisione del Concordato del 1984, sono stati richiesti specifici titoli di studio per l’Irc, la figura dell’insegnante di classe ha iniziato il suo declino fino alla sua prevedibile scomparsa, tra qualche lustro, per semplice mancanza di candidati qualificati.
Infine, la polemica ha investito anche l’imminente concorso per 6.428 posti, bandito a vent’anni dall’ultimo del 2004 e si è concentrata su presunti trattamenti di favore per questi insegnanti. La realtà è che dal 2003 esiste una legge dello Stato, approvata con una maggioranza trasversale, che consente l’assunzione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica sul 70% dei posti disponibili. Finora c’è stato, appunto, un solo concorso nel 2004 e in vent’anni si sono accumulati un gran numero di posti vacanti. Su unanime pressione si è giunti a prevedere una procedura agevolata di assunzione per insegnanti in servizio da almeno 36 mesi, visto che non ci sono precedenti di un ritardo ultraventennale nel reclutamento del personale docente.
Paolo Ferrario
Avvenire, 23 aprile 2024