Omelia del Patriarca nella S. Messa in occasione della conclusione del Convegno catechistico regionale “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede” (Aquileia, 28 settembre 2024)
28-09-2024

S. Messa in occasione della conclusione del Convegno catechistico regionale

“Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”

 (Aquileia, 28 settembre 2024)

Omelia del Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneto Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi catechisti e catechiste, presbiteri e diaconi, confratelli vescovi,

siamo convenuti in questa basilica che è la chiesa-madre delle nostre terre perché – come l’antica tradizione ci ricorda – qui è sbarcato e da qui si è diffuso, raggiungendo pure altre parti d’Europa, il Vangelo di Cristo.

L’importanza di questo luogo è evidenziato anche dal fatto che nelle nostre 15 chiese sorelle della Regione ecclesiastica del Triveneto tuttora si parlano almeno quattro diverse lingue: italiano, tedesco, sloveno, friulano.

Stiamo vivendo il momento celebrativo del percorso che ci ha impegnati per tutto quest’anno secondo le varie tappe del convegno catechistico regionale scandito dal tema “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”.

Prima di soffermarmi sulla lettura – appena proclamata, tratta da Atti 8,26-40 e che ha accompagnato il momento del convegno dedicato all’ “interpretare” – desidero richiamare la preghiera di colletta con cui abbiamo chiesto a Dio che “tutti, generati a vita nuova mediante il Battesimo, possano entrare nell’unico tuo popolo” (il popolo di Dio).

È la realtà stessa del Battesimo, che non è solo guardare a Cristo e vedere in Lui un esempio, ma qualcosa di più reale e forte. Nell’epistolario paolino ricorre frequentemente l’espressione “in Cristo” (essere in Cristo Gesù) che ci annuncia e consegna una realtà sconvolgente: ogni cristiano e la comunità ecclesiale vivono “in Cristo” e, quindi, “di Cristo” partecipando alla sua vita.

Il cristiano è plasmato da Gesù Cristo poiché è “in Cristo”. Sì, inserito “in Cristo”, come richiama la parabola della vita e dei tralci: “Io sono la vite voi i tralci” (Gv 15,3). Risulta, allora, fuorviante vedere il Battesimo solo come un rito d’accoglienza nella comunità perché il battesimo è ben altro, è inserimento in Cristo. Siamo un tutt’uno: Lui la vite, noi i tralci.

Il cristiano, battezzato in una chiesa particolare, è a casa sua anche in chiese e comunità che sono a migliaia di chilometri di distanza dal luogo del suo Battesimo. La Chiesa non è un’organizzazione umana, ma il Corpo di Cristo, l’organismo vivo dello Spirito Santo, il dono pasquale di Cristo.

Questa realtà sacramentale – la Chiesa – ci unisce a Cristo ed è, secondo la preghiera della colletta, ciò che ci rende unico popolo di Dio.

Oggi, in un contesto di ampia secolarizzazione, dobbiamo guardarci da una visione che riduce il cristianesimo a scelte etiche e a comportamenti morali personali che, fra l’altro, non sono alla nostra portata. Il Battesimo, tra l’altro, risulta incompatibile con una visione “individualista”: sì a Cristo, no ai fratelli. La Chiesa è vita battesimale.

Pongo come premessa queste parole che recentemente ho riletto e che, seppur si riferiscono direttamente alla predicazione, mi pare valgano anche per la catechesi. Sono parole più che mai attuali: “Oggi – recita il testo – il destinatario della predicazione ecclesiale è in linea normale l’uomo secolarizzato. Anche quando egli è nominalmente cristiano, di solito non si ispira più, nella sua condotta, a modelli cristiani. Non si tratta quindi di apportare delle correzioni di tiro alla sua presunta spiritualità cristiana per renderla più genuina e più cristiana, ma semplicemente di infondergli tale spiritualità” (W. Beinert, Il culto di Maria oggi. Teologia, liturgia, pastorale, Edizioni Paoline, 1987, p. 15).

Ora però fermiamoci sulla prima lettura che ci riporta l’episodio del battesimo dell’Etiope. Dopo che Filippo ha “annunciato Gesù”, a partire dal brano della Scrittura che l’Etiope stava leggendo e su cui andava interrogando, «…proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: “Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”. Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò» (At 8,36-38).

Sono qui richiamati i momenti del sì del catecumeno adulto al Signore Gesù: l’evangelizzazione e i sacramenti. Anche il prologo del Vangelo di Giovanni richiama queste realtà quando parla del Verbo fatto carne “pieno di grazia e di verità… Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,14.16).

La vita cristiana non è solo annuncio ed evangelizzazione della Parola, come non è solo una pratica sacramentale senza legami nella comunità e senza impegno di vita. Il Battesimo è, piuttosto, l’alleanza che si compie in Cristo e che porta a compimento l’alleanza di Abramo che Mosè celebrò al Sinai chiedendo fedeltà e obbedienza. “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!”, risposero (Es 19.8).

Il Battesimo è un’alleanza con Dio che si stipula e si vive nella Chiesa, con le promesse battesimali, la rinuncia al male e alle tenebre (gesto che, anticamente, si compiva voltandosi verso Occidente) e poi l’adesione, il sì a Cristo (rivolti, stavolta, verso Oriente).

Nel dialogo tra l’etiope e il diacono Filippo troviamo il rimando al nucleo di quello che nella Chiesa ha preso la forma del “catecumenato” in cui si è iniziati alla vita cristiana tanto nella sapienza, il gusto del Vangelo, quanto nell’essere introdotti nella vita ecclesiale.

È essenziale, oggi più che mai, la vita ecclesiale di iniziazione alla fede ma la vita cristiana non è solo iniziazione alla conoscenza della fede; è anche celebrazione del sacramento e vita di carità. Non si diventa cristiani conoscendo qualcosa, ma ricevendo un dono e si scende nell’acqua come segno d’immersione nella morte di Cristo per morire a noi e rinascere in Lui.

Sono importanti i simboli che accompagnano e costituiscono il rito del Battesimo, sono in sé gesti sacramentali e catechetici e simboli di una vita che chiede d’esser vissuta: il segno di croce, l’unzione con il sacro crisma, la consegna della veste candida e della candela accesa al cero pasquale. Sono momenti di partecipazione all’evento di grazia che si realizza nel sacramento, sono momenti di confessione della fede che è dono ricevuto e soprattutto sono segni di vita.

Nelle Confessioni di sant’Agostino, nel libro ottavo, è raccontata la conversione e il battesimo di Vittorino: «Come raccontò Simpliciano, egli leggeva la santa Scrittura, faceva studi accuratissimi e approfonditi sulle opere degli autori cristiani, e diceva a Simpliciano, non in pubblico, ma in segreto e amichevolmente: “Sappi che io sono ormai cristiano”. E l’altro rispondeva: “Non potrò crederlo, né ti conterò tra i cristiani, se non quando ti avrò veduto nella chiesa del Cristo”. E quello, motteggiando, diceva: “Son dunque i muri che fanno cristiani?”; e ripeteva spesso di essere già cristiano, e Simpliciano replicava allo stesso modo». Ad un certo momento «…improvvisamente, senza che si potesse pensarlo, disse a Simpliciano: “Andiamo alla chiesa; voglio farmi cristiano “. E quegli, che non capiva più in sé per la gioia, ve lo accompagnò. Non appena istruito nelle prime verità della fede, Vittorino fece tosto richiesta di essere rigenerato nel battesimo» (Sant’Agostino, Confessioni, Libro ottavo capitolo secondo).

Il dono del Battesimo entra così nella vita delle persone e delle comunità e fa parte di una evangelizzazione che è coinvolgimento della persona e della comunità: “L’acqua viva della vita cristiana è il dono della grazia di Dio che si offre nei Sacramenti, nella Parola, nell’esperienza ecclesiale e dell’esistenza quotidiana” è scritto in un passaggio della sintesi del percorso compiuto da questo convegno catechistico regionale sul tema “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”.

Qui vengono alla mente le parole di Agostino con cui, nelle Confessioni, si rammarica che la madre Monica aveva scelto di rimandare il Battesimo per timore degli esempi negativi che il bambino – e, poi, il ragazzo – avrebbe potuto ricevere dal padre Patrizio, ancora pagano ma anche per le difficoltà che avrebbe poi incontrato nell’età adolescenziale. Rimproveri dolci, ma pur sempre rimproveri. Parole accorate per non essere stato condotto al fonte battesimale e, così, Agostino cresceva plasmato dall’educazione e dagli esempi materni ma privato del dono nel sacramento.

Sarebbe bene che i genitori cristiani che oggi non si danno troppa pena per il Battesimo dei loro figli rileggessero queste parole del libro delle Confessioni: “Si sente dire da ogni parte: lascialo fare, non ha ancora ricevuto il battesimo! Eppure, riguardo alla vita fisica, non diciamo: lascia che si ferisca, tanto non è ancora guarito. Quanto, dunque, sarebbe stato meglio per me guarire in fretta e assicurarmi… che la salvezza della mia anima, una volta ricevuta, fosse posta sotto la protezione tua… Sarebbe stato meglio davvero!” (Sant’Agostino, Confessioni, Libro primo capitolo undicesimo).

Riprendendo poi la sintesi del nostro convegno leggiamo ancora: “La catechesi non si riduce a ‘qualcosa da fare’: è il cammino di ciascuno e della Chiesa per diventare discepoli per giungere alla piena maturità: vivere oggi come il Signore Gesù, prendere la Sua stessa forma e il Suo stile… Anche oggi l’incontro con Cristo può donare novità e bellezza alla vita. I catecumeni indicano al nostro tempo come la ricerca di senso possa trovare nel Vangelo una lieta notizia che si incarna in scelte, stile e vita sacramentale che generano speranza”.

Il periodo di catecumenato che la Chiesa vive rimanda ad una dimensione comunitaria ed ecclesiale che va riscoperta e rivissuta dalla comunità stessa.

Inserire talora la celebrazione del Battesimo nella Messa domenicale potrebbe diventare una preziosa catechesi, un richiamo che tiene desta nei singoli e nella comunità il senso del Battesimo già ricevuto e che, spesso, è come dimenticato mentre, invece, deve continuamente riemergere per rigenerare e ravvivare il soggetto ecclesiale, ricordando a tutti la ricchezza della vita ricevuta nel Battesimo e chiamata a fiorire nell’esistenza quotidiana. La riscoperta del sacramento del Battesimo aiuta ad evitare derive “clericocentriche” o una concezione errata del rapporto tra le vocazioni di vita nella Chiesa, quasi dimenticando che la vocazione battesimale è la comune e originaria vocazione su cui fiorisce ogni altra.

Mettere al centro la realtà sacramentale del Battesimo – vissuta, celebrata e partecipata – ci aiuta a dare alla celebrazione eucaristica un significato (e un valore) meno legato al precetto e al dovere, meno funzionale ed inteso come costante re-immersione nel mistero di Cristo per viverlo sempre di più e tenendo desta tale dimensione sacramentale che ci rende sempre più Chiesa, popolo di Dio, e ci inserisce in Cristo chiedendoci di essere cristiani ovunque e tutti i giorni, là dove siamo chiamati a vivere.

La pagina finale del Vangelo di Matteo (Mt 28,16-20) descrive tutto il nostro impegno presente e futuro e, nello stesso tempo, ci riempie di speranza: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).

L’impegno dell’evangelizzazione e della catechesi richiede oggi più che mai di conoscere bene il contesto sociale e culturale del nostro tempo – in continuo e tumultuoso cambiamento – e di sapervi incidere con saggezza evangelica e intelligenza umana, in una continua opera di discernimento per riuscire a creare vero incontro, dialogo e relazione.

“Evangelizzare non è mai stato facile – è una delle riflessioni emerse in questo percorso –: anche oggi come ieri siamo chiamati a far risuonare con coraggio e dolcezza parole esplicite di Vangelo nei passaggi di vita, di offrire con discrezione e rispetto una testimonianza di fede nel Signore Risorto… lì dove si aiuta a riscoprire la grazia iniziale del battesimo, la bellezza e la novità che comporta per il nostro vivere, dove si prova ad intrecciare la nostra vita con quella di Gesù e di chi incontriamo, dove si respira un clima fraterno di accoglienza e ascolto, dove si fa risuonare una parola di Vangelo significativa e si intuisce che quella parola c’entra con me, dove si favorisce una risposta libera a una proposta gratuita, l’annuncio può incontrare la vita”.

In tutto questo non siamo mai soli. La promessa di Gesù rimane sempre: “…io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Sta qui la nostra gioia, il motivo della nostra speranza e del nostro sereno coraggio, nonostante tutto.