Omelia del Patriarca durante la S. Messa in occasione dei 200 anni della dedicazione della Cattedrale (Vittorio Veneto, 29 settembre 2024)
29-09-2024

S. Messa in occasione dei 200 anni della dedicazione della Cattedrale

 (Vittorio Veneto, 29 settembre 2024)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

 

Saluto i fedeli laici, le religiose, i religiosi, i diaconi, i presbiteri e ringrazio il Vescovo Corrado dell’invito a questa celebrazione per il bicentenario della dedicazione della Cattedrale intitolata a Santa Maria Assunta e a San Tiziano Vescovo.

La dedicazione è la consacrazione di uno spazio tramite un solenne atto liturgico, così che tale luogo è destinato in modo permanente all’uso sacro. Un tale spazio diventa la casa di Dio e, insieme, del suo popolo.

La chiesa, infatti, è spazio sacro dove, in modo particolare, si incontra Dio che abita dovunque, in cielo e in terra. L’edificio sacro ha, quindi, una sua specificità a cui la comunità va educata ed abituata; la comunità ecclesiale vive qui la realtà del suo rapporto soprannaturale con Dio, secondo la logica della incarnazione che è sempre logica sacramentale, ossia il mistero che si rende visibile nella storia; la fede, qui, diventa preghiera ed incontro con Dio.

La costruzione di una chiesa non ha termine con l’edificazione dei muri. Ecco perché la sua dedicazione e, in particolare, quella della Cattedrale appartiene in modo tutto speciale alla storia e alla vita di una comunità ecclesiale.

Siamo qui riuniti per ricordare quel momento, quando si è posto l’atto liturgico solenne che – 200 anni fa – ha visto la dedicazione di questo luogo di culto che non è uno tra i tanti ma quello della chiesa madre che è in Vittorio Veneto che qui celebra e vive la sua ecclesialità.

A compiere questo gesto – 200 anni fa – fu l’allora vescovo di Ceneda Jacopo Monico che, poco tempo dopo, divenne Patriarca di Venezia (dal 1827 al 1851). È qui interessante ricordare anche un particolare “incrocio” storico: Jacopo Monico era originario di Riese, paese natale di Giuseppe Melchiorre Sarto (San Pio X). E fu proprio Monico, da Patriarca di Venezia, che consentì al piccolo Giuseppe Sarto (futuro Papa) di entrare in Seminario a Padova grazie ad una borsa di studio sollecitata dall’interessamento di uno zio di Sarto che faceva il domestico presso il Patriarca di Venezia.

La Cattedrale è detta così perché è la chiesa del Vescovo, è la chiesa dove c’è la cattedra del Vescovo che è sempre posta in un luogo visibile perché è il punto di riferimento del servizio episcopale che si esprime proprio nell’annuncio del Vangelo, nella celebrazione liturgica, nella carità e nella comunità ecclesiale. La cattedra del Vescovo ci unisce alla parola di Gesù e ai gesti sacramentali di Gesù che è via perché verità e vita (cfr. Gv 14,5-6).

La chiesa cattedrale è il luogo di comunione dove avviene l’incontro col Signore Gesù, con il Vangelo, con i sacramenti e si costituisce e vive la comunione ecclesiale non solo sul piano detto “sincronico” (la fede attuale della comunità ecclesiale) ma anche sul piano detto “diacronico” (ossia il legame che la fede della Chiesa di oggi ha con la fede degli Apostoli).

Nella chiesa cattedrale il giovedì santo, nella Settimana Santa e durante la Messa del Crisma, si svolge il rito della benedizione degli Olii da parte del Vescovo diocesano ed è proprio servendosi di tali Olii benedetti dal Vescovo che durante tutto l’anno – nelle diverse parrocchie e unità pastorali della Diocesi, dalla più vicina alla più lontana – saranno amministrati i sacramenti del battesimo, della confermazione, dell’unzione degli infermi e, poi, dell’ordine.

E tutto ciò, com’è evidente, rimanda agli avvenimenti ecclesiali più significativi – che riguardano tutti – e, nello stesso tempo, ci ricorda la realtà pluriforme della Chiesa in cui si danno molteplici vocazioni e missioni che, se riconosciute e valorizzate, permettono alla Chiesa – che è Sposa e Corpo di Cristo – di vivere in pienezza.

La Chiesa è il Suo segno visibile, il Suo sacramento che, quindi, esprime i suoi carismi a partire da Gesù, sacramento dell’incontro con Dio che, nella Sua persona, è la pienezza della Parola di Dio, la sua ultima e definitiva rivelazione e il fondamentale atto di culto a Dio Padre, attraverso lo Spirito Santo.

Il Concilio Vaticano II, faro della nostra vita ecclesiale, all’inizio della costituzione dogmatica sulla Chiesa, afferma: “la Chiesa è, in Cristo…, il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 1). Noi incontriamo il Signore Gesù nel suo corpo vivo che è la Chiesa che vive nella storia.

Noi siamo la Sua Chiesa che, prima di tutto, è Sua e a Lui appartiene. Questo luogo, in cui la comunità ecclesiale conviene e si ritrova, esprime tale mistero: Lui è l’Unico Necessario, Lui è la vera vite, noi siamo solo i tralci.

Ricordiamo come sant’Agostino, prima del suo battesimo, fosse stato colpito dalla vitalità e dal dinamismo che vedeva nella Chiesa di Milano in tutti i membri che la costituivano e che vivevano la loro rispettiva vocazione; in tal modo si rendeva visibile la Chiesa nella sua interezza. Non c’era, insomma, solo il grande Vescovo Ambrogio che pure, certamente, rimaneva la figura di riferimento.

In tal modo, ogni volta che guardiamo la chiesa cattedrale dobbiamo andare subito alla comunità viva che vi si riunisce: presbiteri, diaconi, persone consacrate ma, in primis, il Vescovo, segno visibile della comunione.

Il Vescovo svolge il ministero della comunione nella Chiesa diocesana ma, anche, fra le Chiese sorelle e, poi, in modo particolare nei confronti del successore dell’apostolo Pietro.

Il fonte battesimale della Cattedrale, di conseguenza, richiama tutti gli altri fonti battesimali della diocesi. Il sacramento del Battesimo è il sacramento della porta; per esso si entra non in una singola comunità ma nella Chiesa e attraverso di essa si fa parte di Cristo, se ne diventa il corpo.

Tempo e spazio sono dimensioni fondamentali nella vita dell’uomo e li troviamo anche nell’edificio-chiesa dove si celebra l’anno liturgico che non segna solamente lo scorrere cronologico del tempo, perché il tempo è anche grazia (tempo sacro). Come il tempo, anche lo spazio ha un significato sacro che la dedicazione di una chiesa evidenzia in maniera eloquente e per quanto è umanamente possibile.

Ogni edificio-chiesa veniva posizionato da Occidente ad Oriente, verso il sorgere del sole, perché Cristo è il “sole del mondo”. La chiesa, infatti, non è solo spazio funzionale, pensato per accogliere il maggior numero possibile di fedeli; è spazio teologico in cui tutto ha un valore simbolico che aiuta ad entrare e a vivere il mistero della liturgia. Sì, partendo dall’edificio-chiesa, si può fare una catechesi a 360°.

Proprio qui – in questo spazio sacro – si intrecciano, per dirla con le parole di Romano Guardini, le direzioni dell’anima umana e di Dio. La direzione dell’anima è quella “dell’anelito, della preghiera e dell’offerta”; la direzione di Dio è quella “della grazia, della pienezza, del Sacramento… Verso il sole sorgente che è Cristo. Qui si dirige lo sguardo del credente; di qui penetra nel nostro cuore il raggio della luce divina. È la grande orientazione dell’anima e la linea della discesa di Dio”. È, insomma, un movimento ed uno spazio che eleva l’uomo “dalle profondità della propria miseria al trono dell’altissimo Dio” per raggiungere il compimento in Dio “nella grazia, nella benedizione, nel sacramento” (R. Guardini, I santi segni, Brescia 1960, pp. 98-99).

Oggi vogliamo ricordare anche l’anniversario della morte del Beato Albino Luciani – Giovanni Paolo I (a cui è intitolata la piazza antistante la Cattedrale). Al suo ingresso come Vescovo di Vittorio Veneto, proprio in questa Cattedrale, l’11 gennaio 1959, Luciani parlò della fede che è sempre dono di Dio, come di “un convegno a tre” in cui c’è il Signore, c’è la persona e c’è la santa Chiesa in cui il Vescovo ha un compito delicato, determinante e grave: quello di essere il “maestro titolare” (ecco la cattedra!) che non dice e non espone teorie sue ma agisce e parla perché inviato da Cristo, dalla Chiesa.

E aggiungeva Luciani, iniziando il suo ministero episcopale qui a Vittorio Veneto, “vorrei essere un vescovo maestro e servitore… Se uno arriva a credere in Dio vuol dire che prima Dio ha creduto in lui, tirandolo a sé con la dolce potenza della sua grazia. Sapendo questo non dirò mai ai miei figli, specialmente a quelli che sono più lontani dalla fede: io sono qua per conquistarti e convertirti. Non si tratta di conquista, si tratterà di un modesto e premuroso servizio: sono qui a tua disposizione, felicissimo se ti lascerai conquistare dal Signore che ti vuole bene e crede in te” (A. Luciani, Omelia nella Cattedrale di Vittorio Veneto per l’ingresso in Diocesi, 11 gennaio 1959).

In qualche modo pare risuonare in queste parole l’episodio evangelico tratto dal Vangelo di Marco che è stato appena proclamato (cfr. Mc 9,38-43.45.47-48) e che richiama la prima lettura tratta dall’Antico Testamento (Num 11,25-29). Gesù prima rimprovera i suoi discepoli e li invita – ed oggi invita noi – ad un atteggiamento più attento, di accoglienza e di inclusione, tanto da arrivare a dire: “chi non è contro di noi è per noi” (Mc 9,40); queste parole rimangono sempre come bussola per una comunità ecclesiale.

Subito dopo, però, lo stesso Vangelo – lo stesso Gesù – usa parole forti e drammatiche: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala…” (Mc 9,43). C’è dunque l’accondiscendenza, l’accoglienza, la volontà di includere (mai chiudere la porta a nessuno!) ma, allo stesso tempo, c’è l’esigenza di garantire una reale comunione con Gesù e con il Vangelo; c’è, sempre, la necessità di scelte di purificazione e di conversione ed è proprio quello che ci chiederà l’imminente Anno giubilare che, come Chiesa, ci apprestiamo a vivere con passo sinodale.