L’omelia del Patriarca ad Aquileia con i catechisti del Triveneto: il dono del Battesimo – vita “in Cristo” – al centro della vita delle persone e delle comunità

Aquileia 28 settembre 2024: riscoprire il battesimo per annunciare il Vangelo

 

Sabato 28 settembre 2024 la Basilica di Aquileia ha visto approdare sulle sue antiche soglie (300 d.C.) più di 800 pellegrini – catechisti, preti e vescovi – arrivati da tutte le diocesi del Triveneto, per celebrare l’ultima tappa del Convegno regionale della catechesi dal titolo “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il battesimo, porta della fede”.

Nel primo suggestivo momento della giornata si è fatta memoria del battesimo: sul sagrato della basilica i pellegrini hanno professato la loro fede, seguendo il testo del “credo di Aquileia”, prima di entrare nel battistero per ricevere l’aspersione – per mano dell’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Radaelli – e poi entrare nella basilica.

 Il secondo momento della giornata – l’assemblea – è iniziato con il saluto del vescovo di Vittorio Veneto Corrado Pizziolo che presiede la commissione regionale della catechesi e ha ringraziato i presenti per il grande lavoro svolto in questi mesi. Don Alberto Zanetti, in qualità di collaboratore dell’Ufficio catechistico nazionale, ha letto il saluto del direttore Valentino Bulgarelli che non poteva essere presente ma ci teneva a dare pieno sostegno al cammino fatto dal Triveneto, in sintonia con le altre Regioni ecclesiastiche d’Italia.

Il coordinatore degli Uffici catechistici don Giovanni Casarotto ha introdotto la presentazione della sintesi che raccoglie la riflessione maturata in questi mesi attorno alla questione decisiva: quando il Vangelo incontra la vita? Come sostenere le nostre comunità nell’annuncio del Vangelo? La sfida affrontata dal Triveneto è stata quella di fare tutto questo riscoprendo il battesimo, porta della fede e grazia iniziale di inesauribile bellezza.

Alcuni direttori degli Uffici catechistici diocesani hanno preso la parola per illustrare ai partecipanti le principali acquisizioni emerse nei cinque tavoli di lavoro attivati.

Chi ha seguito il tavolo della pastorale battesimale ha fatto emergere la dimensione comunitaria del battesimo che preserva dal rischio di “privatizzare il battesimo” e l’appello alle comunità, chiamate a vivere da “risorti” per far incontrare il Risorto.

Dal tavolo della catechesi con le persone con disabilità ecco la sottolineatura che la fragilità è una condizione che accomuna tutti; abitare la nostra fragilità e quella degli altri alla luce della Pasqua ci espone al lieto annuncio di un Dio che, per amore, si è fatto fragile per rialzare e sostenere il cammino di tutti e rende le comunità più fraterne e ospitali verso chiunque.

La riflessione attorno alla catechesi con gli adulti pone l’accento sull’importanza di considerarla come un cammino di accoglienza, integrazione e consapevolizzazione della vita battesimale, facendo percepire il senso e il significato antropologico del Vangelo e della vita battesimale per l’esistenza umana.

Anche il catecumenato con gli adulti diventa un’occasione preziosa di ricoperta del battesimo lì dove l’annuncio del cuore della fede diventa esperienza di bellezza.

La riflessione sull’Iniziazione cristiana ha mostrato l’esigenza di un annuncio coraggioso del Vangelo nelle vicende della vita e della comunità, sostenuto dalla formazione al lavoro di équipe e dalla ricerca di un linguaggio nuovo per dire la bellezza del dono della fede.

Al termine di questa esposizione don Casarotto ha ripreso la questione iniziale – “quando e dove l’annuncio del Vangelo può incontrare la vita?” – concludendo che la risposta emersa in questi mesi di Convegno può essere così sintetizzata: “Lì dove si aiuta a riscoprire la grazia iniziale del Battesimo, la bellezza e la novità che comporta per il nostro vivere, dove si prova ad intrecciare la nostra vita con quella di Gesù e di chi incontriamo, dove si respira un clima fraterno di accoglienza e ascolto, dove si fa risuonare una parola di Vangelo significativa e si intuisce che quella Parola c’entra con me, dove si favorisce una risposta libera a una proposta gratuita”.

L’assemblea si è conclusa con la lettura di alcuni passaggi della lettera che i vescovi del Triveneto hanno scritto per accompagnare la sintesi del Convegno regionale e in cui hanno espresso la gratitudine a tutti per il notevole lavoro svolto e per quello che, a partire da Aquileia, si farà. Hanno inoltre incoraggiato a tentare qualche sperimentazione “con la gioiosa speranza del seminatore evangelico che getta senza risparmio – in tutti i terreni – il seme prezioso della Parola”.

Al termine dell’assemblea il patriarca Francesco Moraglia ha presieduto la celebrazione eucaristica. Nella sua omelia – testo integrale qui sotto – l’invito a non cedere alla fatica dell’annuncio del Vangelo, sostenuti dalla certezza che “in tutto questo non siamo mai soli. La promessa di Gesù rimane sempre: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20)”.

 

 

DALLA LETTERA DEI VESCOVI  (alcuni passaggi)

 

In questo luogo, Aquileia, che richiama le radici della nostra fede, con un imponente fonte battesimale che sta proprio davanti all’ingresso della Basilica dove i nostri padri celebravano l’Eucaristia, vogliamo rinnovare la nostra fede nel Signore morto e risorto per la nostra salvezza. La scelta del Battesimo, sacramento da riscoprire e porta della fede, ci sembra più che mai profetica e urgente. La consapevolezza del dono ricevuto provoca e nutre il desiderio di rispondere perché la gioia del vangelo riviva in ciascuno di noi e delle nostre comunità e renda credibile e contagiosa la nostra testimonianza cristiana….

Facciamo nostro e rilanciamo il sogno pastorale che ci avete consegnato, quello che dalla catechesi battesimale fino ai sacramenti e anche dopo ci sia un percorso pensato e continuativo per iniziare alla fede e sviluppare la semente battesimale. Cogliamo in questa continuità la speranza di formare i cristiani di oggi e di domani.

A questo sogno aggiungiamo la consapevolezza che solo comunità cristiane fatte di adulti credenti, credibili e convinti della loro appartenenza al Signore possono testimoniare ai ragazzi, ai giovani e ai genitori che chiedono il Battesimo, la meta che sta davanti ad ogni iniziazione: quella di discepoli del Signore che hanno trovato nel vangelo la bussola della loro vita, nei sacramenti il nutrimento e la forza per camminare, nella Chiesa la comunità con cui percorrere la strada. Siamo consapevoli che oggi ci è chiesto di riscoprire la forza missionaria del Battesimo diventando ‘cristiani della porta accanto’ che sanno incontrare le persone, le giovani coppie e famiglie, con relazioni accoglienti, proponendo e invitando a scoprire e accogliere la bellezza della vita in Cristo e la novità del Vangelo di Gesù.

Ringraziamo tutti voi, catechiste, catechisti e membri della Commissione per l’annuncio e la catechesi delle diocesi del Triveneto per il lavoro svolto e, soprattutto, per l’impegno e la generosità con cui svolgete il vostro mandato.

Vi auguriamo di lasciar crescere in voi e di testimoniare a tutti, la gioiosa speranza del seminatore evangelico che getta senza risparmio – in tutti i terreni – il seme prezioso della Parola.

Desideriamo confermarvi la nostra stima e il nostro affetto e assicurarvi che vi accompagniamo con la nostra preghiera e la nostra benedizione.

 

I Vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto 

 

 

 

S. Messa in occasione della conclusione del Convegno catechistico regionale

“Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”

 (Aquileia, 28 settembre 2024)

Omelia del Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneto Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi catechisti e catechiste, presbiteri e diaconi, confratelli vescovi,

siamo convenuti in questa basilica che è la chiesa-madre delle nostre terre perché – come l’antica tradizione ci ricorda – qui è sbarcato e da qui si è diffuso, raggiungendo pure altre parti d’Europa, il Vangelo di Cristo.

L’importanza di questo luogo è evidenziato anche dal fatto che nelle nostre 15 chiese sorelle della Regione ecclesiastica del Triveneto tuttora si parlano almeno quattro diverse lingue: italiano, tedesco, sloveno, friulano.

Stiamo vivendo il momento celebrativo del percorso che ci ha impegnati per tutto quest’anno secondo le varie tappe del convegno catechistico regionale scandito dal tema “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”.

Prima di soffermarmi sulla lettura – appena proclamata, tratta da Atti 8,26-40 e che ha accompagnato il momento del convegno dedicato all’ “interpretare” – desidero richiamare la preghiera di colletta con cui abbiamo chiesto a Dio che “tutti, generati a vita nuova mediante il Battesimo, possano entrare nell’unico tuo popolo” (il popolo di Dio).

È la realtà stessa del Battesimo, che non è solo guardare a Cristo e vedere in Lui un esempio, ma qualcosa di più reale e forte. Nell’epistolario paolino ricorre frequentemente l’espressione “in Cristo” (essere in Cristo Gesù) che ci annuncia e consegna una realtà sconvolgente: ogni cristiano e la comunità ecclesiale vivono “in Cristo” e, quindi, “di Cristo” partecipando alla sua vita.

Il cristiano è plasmato da Gesù Cristo poiché è “in Cristo”. Sì, inserito “in Cristo”, come richiama la parabola della vita e dei tralci: “Io sono la vite voi i tralci” (Gv 15,3). Risulta, allora, fuorviante vedere il Battesimo solo come un rito d’accoglienza nella comunità perché il battesimo è ben altro, è inserimento in Cristo. Siamo un tutt’uno: Lui la vite, noi i tralci.

Il cristiano, battezzato in una chiesa particolare, è a casa sua anche in chiese e comunità che sono a migliaia di chilometri di distanza dal luogo del suo Battesimo. La Chiesa non è un’organizzazione umana, ma il Corpo di Cristo, l’organismo vivo dello Spirito Santo, il dono pasquale di Cristo.

Questa realtà sacramentale – la Chiesa – ci unisce a Cristo ed è, secondo la preghiera della colletta, ciò che ci rende unico popolo di Dio.

Oggi, in un contesto di ampia secolarizzazione, dobbiamo guardarci da una visione che riduce il cristianesimo a scelte etiche e a comportamenti morali personali che, fra l’altro, non sono alla nostra portata. Il Battesimo, tra l’altro, risulta incompatibile con una visione “individualista”: sì a Cristo, no ai fratelli. La Chiesa è vita battesimale.

Pongo come premessa queste parole che recentemente ho riletto e che, seppur si riferiscono direttamente alla predicazione, mi pare valgano anche per la catechesi. Sono parole più che mai attuali: “Oggi – recita il testo – il destinatario della predicazione ecclesiale è in linea normale l’uomo secolarizzato. Anche quando egli è nominalmente cristiano, di solito non si ispira più, nella sua condotta, a modelli cristiani. Non si tratta quindi di apportare delle correzioni di tiro alla sua presunta spiritualità cristiana per renderla più genuina e più cristiana, ma semplicemente di infondergli tale spiritualità” (W. Beinert, Il culto di Maria oggi. Teologia, liturgia, pastorale, Edizioni Paoline, 1987, p. 15).

Ora però fermiamoci sulla prima lettura che ci riporta l’episodio del battesimo dell’Etiope. Dopo che Filippo ha “annunciato Gesù”, a partire dal brano della Scrittura che l’Etiope stava leggendo e su cui andava interrogando, «…proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: “Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”. Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò» (At 8,36-38).

Sono qui richiamati i momenti del sì del catecumeno adulto al Signore Gesù: l’evangelizzazione e i sacramenti. Anche il prologo del Vangelo di Giovanni richiama queste realtà quando parla del Verbo fatto carne “pieno di grazia e di verità… Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,14.16).

La vita cristiana non è solo annuncio ed evangelizzazione della Parola, come non è solo una pratica sacramentale senza legami nella comunità e senza impegno di vita. Il Battesimo è, piuttosto, l’alleanza che si compie in Cristo e che porta a compimento l’alleanza di Abramo che Mosè celebrò al Sinai chiedendo fedeltà e obbedienza. “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!”, risposero (Es 19.8).

Il Battesimo è un’alleanza con Dio che si stipula e si vive nella Chiesa, con le promesse battesimali, la rinuncia al male e alle tenebre (gesto che, anticamente, si compiva voltandosi verso Occidente) e poi l’adesione, il sì a Cristo (rivolti, stavolta, verso Oriente).

Nel dialogo tra l’etiope e il diacono Filippo troviamo il rimando al nucleo di quello che nella Chiesa ha preso la forma del “catecumenato” in cui si è iniziati alla vita cristiana tanto nella sapienza, il gusto del Vangelo, quanto nell’essere introdotti nella vita ecclesiale.

È essenziale, oggi più che mai, la vita ecclesiale di iniziazione alla fede ma la vita cristiana non è solo iniziazione alla conoscenza della fede; è anche celebrazione del sacramento e vita di carità. Non si diventa cristiani conoscendo qualcosa, ma ricevendo un dono e si scende nell’acqua come segno d’immersione nella morte di Cristo per morire a noi e rinascere in Lui.

Sono importanti i simboli che accompagnano e costituiscono il rito del Battesimo, sono in sé gesti sacramentali e catechetici e simboli di una vita che chiede d’esser vissuta: il segno di croce, l’unzione con il sacro crisma, la consegna della veste candida e della candela accesa al cero pasquale. Sono momenti di partecipazione all’evento di grazia che si realizza nel sacramento, sono momenti di confessione della fede che è dono ricevuto e soprattutto sono segni di vita.

Nelle Confessioni di sant’Agostino, nel libro ottavo, è raccontata la conversione e il battesimo di Vittorino: «Come raccontò Simpliciano, egli leggeva la santa Scrittura, faceva studi accuratissimi e approfonditi sulle opere degli autori cristiani, e diceva a Simpliciano, non in pubblico, ma in segreto e amichevolmente: “Sappi che io sono ormai cristiano”. E l’altro rispondeva: “Non potrò crederlo, né ti conterò tra i cristiani, se non quando ti avrò veduto nella chiesa del Cristo”. E quello, motteggiando, diceva: “Son dunque i muri che fanno cristiani?”; e ripeteva spesso di essere già cristiano, e Simpliciano replicava allo stesso modo». Ad un certo momento «…improvvisamente, senza che si potesse pensarlo, disse a Simpliciano: “Andiamo alla chiesa; voglio farmi cristiano “. E quegli, che non capiva più in sé per la gioia, ve lo accompagnò. Non appena istruito nelle prime verità della fede, Vittorino fece tosto richiesta di essere rigenerato nel battesimo» (Sant’Agostino, Confessioni, Libro ottavo capitolo secondo).

Il dono del Battesimo entra così nella vita delle persone e delle comunità e fa parte di una evangelizzazione che è coinvolgimento della persona e della comunità: “L’acqua viva della vita cristiana è il dono della grazia di Dio che si offre nei Sacramenti, nella Parola, nell’esperienza ecclesiale e dell’esistenza quotidiana” è scritto in un passaggio della sintesi del percorso compiuto da questo convegno catechistico regionale sul tema “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”.

Qui vengono alla mente le parole di Agostino con cui, nelle Confessioni, si rammarica che la madre Monica aveva scelto di rimandare il Battesimo per timore degli esempi negativi che il bambino – e, poi, il ragazzo – avrebbe potuto ricevere dal padre Patrizio, ancora pagano ma anche per le difficoltà che avrebbe poi incontrato nell’età adolescenziale. Rimproveri dolci, ma pur sempre rimproveri. Parole accorate per non essere stato condotto al fonte battesimale e, così, Agostino cresceva plasmato dall’educazione e dagli esempi materni ma privato del dono nel sacramento.

Sarebbe bene che i genitori cristiani che oggi non si danno troppa pena per il Battesimo dei loro figli rileggessero queste parole del libro delle Confessioni: “Si sente dire da ogni parte: lascialo fare, non ha ancora ricevuto il battesimo! Eppure, riguardo alla vita fisica, non diciamo: lascia che si ferisca, tanto non è ancora guarito. Quanto, dunque, sarebbe stato meglio per me guarire in fretta e assicurarmi… che la salvezza della mia anima, una volta ricevuta, fosse posta sotto la protezione tua… Sarebbe stato meglio davvero!” (Sant’Agostino, Confessioni, Libro primo capitolo undicesimo).

Riprendendo poi la sintesi del nostro convegno leggiamo ancora: “La catechesi non si riduce a ‘qualcosa da fare’: è il cammino di ciascuno e della Chiesa per diventare discepoli per giungere alla piena maturità: vivere oggi come il Signore Gesù, prendere la Sua stessa forma e il Suo stile… Anche oggi l’incontro con Cristo può donare novità e bellezza alla vita. I catecumeni indicano al nostro tempo come la ricerca di senso possa trovare nel Vangelo una lieta notizia che si incarna in scelte, stile e vita sacramentale che generano speranza”.

Il periodo di catecumenato che la Chiesa vive rimanda ad una dimensione comunitaria ed ecclesiale che va riscoperta e rivissuta dalla comunità stessa.

Inserire talora la celebrazione del Battesimo nella Messa domenicale potrebbe diventare una preziosa catechesi, un richiamo che tiene desta nei singoli e nella comunità il senso del Battesimo già ricevuto e che, spesso, è come dimenticato mentre, invece, deve continuamente riemergere per rigenerare e ravvivare il soggetto ecclesiale, ricordando a tutti la ricchezza della vita ricevuta nel Battesimo e chiamata a fiorire nell’esistenza quotidiana. La riscoperta del sacramento del Battesimo aiuta ad evitare derive “clericocentriche” o una concezione errata del rapporto tra le vocazioni di vita nella Chiesa, quasi dimenticando che la vocazione battesimale è la comune e originaria vocazione su cui fiorisce ogni altra.

Mettere al centro la realtà sacramentale del Battesimo – vissuta, celebrata e partecipata – ci aiuta a dare alla celebrazione eucaristica un significato (e un valore) meno legato al precetto e al dovere, meno funzionale ed inteso come costante re-immersione nel mistero di Cristo per viverlo sempre di più e tenendo desta tale dimensione sacramentale che ci rende sempre più Chiesa, popolo di Dio, e ci inserisce in Cristo chiedendoci di essere cristiani ovunque e tutti i giorni, là dove siamo chiamati a vivere.

La pagina finale del Vangelo di Matteo (Mt 28,16-20) descrive tutto il nostro impegno presente e futuro e, nello stesso tempo, ci riempie di speranza: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).

L’impegno dell’evangelizzazione e della catechesi richiede oggi più che mai di conoscere bene il contesto sociale e culturale del nostro tempo – in continuo e tumultuoso cambiamento – e di sapervi incidere con saggezza evangelica e intelligenza umana, in una continua opera di discernimento per riuscire a creare vero incontro, dialogo e relazione.

“Evangelizzare non è mai stato facile – è una delle riflessioni emerse in questo percorso –: anche oggi come ieri siamo chiamati a far risuonare con coraggio e dolcezza parole esplicite di Vangelo nei passaggi di vita, di offrire con discrezione e rispetto una testimonianza di fede nel Signore Risorto… lì dove si aiuta a riscoprire la grazia iniziale del battesimo, la bellezza e la novità che comporta per il nostro vivere, dove si prova ad intrecciare la nostra vita con quella di Gesù e di chi incontriamo, dove si respira un clima fraterno di accoglienza e ascolto, dove si fa risuonare una parola di Vangelo significativa e si intuisce che quella parola c’entra con me, dove si favorisce una risposta libera a una proposta gratuita, l’annuncio può incontrare la vita”.

In tutto questo non siamo mai soli. La promessa di Gesù rimane sempre: “…io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Sta qui la nostra gioia, il motivo della nostra speranza e del nostro sereno coraggio, nonostante tutto.