Saluto del Patriarca al Convegno della Fondazione Studium Generale Marcianum su “Credito e sviluppo del sistema economico veneziano” (Sala Sant’Apollonia - Venezia, 17 dicembre 2016)
17-12-2016

Fondazione Studium Generale Marcianum

Convegno “Credito e sviluppo del sistema economico veneziano”

(Sala Sant’Apollonia – Venezia, 17 dicembre 2016)

Saluto del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

Saluto cordialmente i presenti, in particolare quanti ci aiuteranno a mettere a fuoco il tema di questa mattina con i loro contributi: l’on. Pierpaolo Baretta, il prof. Ugo Rigoni e l’avv. Andrea Arman.

Ringrazio il presidente Roberto Crosta e il Consiglio della Fondazione Studium Generale Marcianum che hanno voluto dar vita a questo percorso articolato che tocca uno degli elementi portanti ma anche uno dei “nervi scoperti” della nostra attuale vita socioeconomica e che, in Veneto ma non solo, ha causato dissesti rilevanti e dai riflessi negativi ed estesi sotto molteplici aspetti, sia pure con diversi livelli di responsabilità.

Siamo chiamati ad approfondire e richiamare il compito e il ruolo del mondo del credito, del sistema bancario e finanziario in ordine soprattutto allo sviluppo e al bene comune del territorio di cui fa parte e di cui deve essere punto di riferimento non eludibile e propulsivo, mai depressivo o soffocante.

Quanti operano nel settore sanno, per esperienza diretta e quotidiana e al di là delle conoscenze o competenze economico-finanziarie, che senza la presenza di sistemi finanziari adeguati e di una buona e vicina realtà creditizia a cui concedere e da cui ottenere fiducia – pensiamo qui alla banca/alle banche di concreto e solido riferimento per una popolazione, per una rete locale di imprese e realtà sociali – non si sarebbe avuta quella crescita economica e di benessere che, per un tempo determinato, ha caratterizzato il Nordest italiano.

Con il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa possiamo dire che col tempo e l’avanzare del processo di globalizzazione “se la creazione di quello che è stato definito il «mercato globale dei capitali» ha prodotto effetti benefici, grazie al fatto che la maggiore mobilità dei capitali ha permesso alle attività produttive di avere più facilmente disponibilità di risorse, l’accresciuta mobilità, d’altra parte, ha fatto aumentare anche il rischio di crisi finanziarie. Lo sviluppo della finanza, le cui transazioni hanno superato di gran lunga, in volume, quelle reali, rischia di seguire una logica sempre più autoreferenziale, senza collegamento con la base reale dell’economia” (CDSC, n.368).

Subito dopo, il Compendio – al n. 369 – ribadisce  quello che purtroppo non di rado la cronaca riporta: “Un’economia finanziaria fine a se stessa è destinata a contraddire le sue finalità, poiché si priva delle proprie radici e della propria ragione costitutiva, ossia del suo ruolo originario ed essenziale di servizio all’economia reale e, in definitiva, di sviluppo delle persone e delle comunità umane”.

Quando si perde di vista l’uomo e si smarrisce il legame con la società – la comunità umana – nella quale si è immersi e da cui, alla fine, si dipende, allora i guasti sono certi; incerte sono, invece, le conseguenze.

Ma come è potuto succedere tutto ciò? Per quanto abbiamo intuito, ad un certo punto, dall’essere a servizio del territorio e della persona si è in alcuni casi passati ad un’altra logica, ammantata da una deformante dimensione “internazionale” e “globalizzata”. Pur dovendo curare una crescita dell’istituto – per reggere la concorrenza globale e talvolta anche per liberarsi da legami ritenuti troppo stretti e limitanti col territorio – non si è più lavorato per qualcuno o per il territorio stesso ma, principalmente, avendo di mira altri fini. Così, progressivamente, si è logorato e talora dissolto un valore economico e sociale e dei rapporti di fiducia, credibilità, sviluppo e sicurezza che si erano lentamente solidificati nel tempo.

Ed ora che cosa occorre fare? Da dove ripartire? Potremmo dire che si tratta – opera non da poco – di riprendere in mano le radici, i fondamenti, le motivazioni reali e sostanziali dell’economia, della finanza e del mondo del credito.

Papa Francesco invita chi si occupa del credito a preoccuparsi “del rapporto tra l’economia e la giustizia sociale, mantenendo al centro la dignità e il valore delle persone. Al centro sempre la persona, non il Dio denaro”, a “promuovere un uso solidale e sociale del denaro (…) dove non comanda il capitale sugli uomini, ma gli uomini sul capitale” e, ancora, a “far crescere l’economia dell’onestà… A voi è chiesto non solo di essere onesti – questo è normale – ma di diffondere e radicare l’onestà in tutto l’ambiente” (Papa Francesco, Discorso al personale della Banca di Credito Cooperativo di Roma, 12 settembre 2015).

Senza queste solide basi non si va avanti. Bisogna sempre riflettere con coscienza. Trovarsi da una parte o dall’altra dello sportello, in posti intermedi o anche di vertice in questi settori richiede senso di responsabilità, trasparenza e lealtà.

Continua poi il Compendio in un passo che, spero, sia oggetto di riflessione questa mattina da parte dei relatori e non solo da loro: “L’improvvisa accelerazione di processi quali l’enorme incremento nel valore dei portafogli amministrati dalle istituzioni finanziarie e il rapido proliferare di nuovi e sofisticati strumenti finanziari – cito ancora quei passaggi del Compendio – rende quanto mai urgente l’individuazione di soluzioni istituzionali capaci di favorire efficacemente la stabilità del sistema, senza ridurne le potenzialità e l’efficienza. È indispensabile introdurre un quadro normativo che consenta di tutelare tale stabilità in tutte le sue complesse articolazioni, di promuovere la concorrenza tra gli intermediari e di assicurare la massima trasparenza a vantaggio degli investitori” (CDSC, n.369).

Ai relatori e a quanti interverranno in questo convegno chiedo di indicare anche qualche punto da cui ripartire per ricostruire la fiducia e rilanciare, su questo versante essenziale, il tessuto socio-economico del territorio veneziano e non solo. A partire da una base di giustizia legale, distributiva e commutativa, rispetto a quanto accaduto

Non dimentichiamo poi che c’è, anche qui, un compito educativo da riprendere in mano, con particolare riguardo alle giovani generazioni che sembrano aver davanti – pure sotto questo punto di vista – un futuro di minori certezze e, perciò, più aleatorio e potenzialmente foriero di molta sfiducia. So che la Fondazione Marcianum ha intenzione di dedicare sempre maggiore attenzione alla fascia “giovane” nei suoi percorsi di approfondimento e confido, quindi, che anche a partire dal lavoro e dal confronto di oggi sorgano idee, spunti e piste per una positiva ripartenza.

Grazie a tutti e buon lavoro!