Omelia nella S. Messa per i funerali di don Gianni Dainese (Mestre / Chiesa parrocchiale San Giovanni Ev., 17 settembre 2020)
17-09-2020

S. Messa per i funerali di don Gianni Dainese

(Mestre / Chiesa parrocchiale San Giovanni Ev., 17 settembre 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

ancora una volta, l’alba di un sabato ha segnato il ritorno di un altro nostro sacerdote – dopo don Guido Bucciol e monsignor Angelo Centenaro – alla casa del Padre.

Oggi siamo qui per salutare don Gianni Dainese che Dio ha voluto chiamare a sé quasi al compimento degli 86 anni di età e dopo oltre 62 anni di sacerdozio ordinato, vissuti con gioia ed entusiasmo, con spirito generoso e instancabile, con quell’autentico cuore di padre che è tipico del “buon pastore” e solamente negli ultimi tempi – per l’affievolirsi delle forze – trascorsi in maniera più “attutita” e (necessariamente) in un ritiro sempre più silenzioso, quasi inerme. Sì, per uno di quei disegni originali della Divina Provvidenza, don Gianni – che era rimasto presto orfano e non aveva potuto conoscere il suo padre terreno – aveva saputo diventare padre spirituale per moltissime persone.

Il nostro ultimo e grato saluto terreno a don Gianni avviene qui, nella comunità parrocchiale di S. Giovanni Evangelista che egli ha contribuito ad edificare e a far crescere guidandola come parroco per ben 42 anni, dal 1968 al 2010, dopo essere stato per brevi periodi vicario parrocchiale in altre comunità della Diocesi, e poi proseguendo volentieri ancora per un breve tratto – finché la salute glielo ha consentito – a collaborare con essa.

Iniziò qui a S. Giovanni Evangelista senza l’edifico-chiesa (prima collocato in un negozio e poi in un prefabbricato) e senza una vera e propria canonica (l’appartamento fungeva anche da patronato e luogo di catechesi ed incontri), ma questo non l’aveva mai abbattuto; non si perse d’animo e, anzi, tale circostanza fu un’ulteriore spinta ad accostare più da vicino le persone, andando pure a visitarle casa per casa.

Anche oggi questo luogo – con le persone che lo animano – continua a parlare e raccontare di Lui; basterebbe solo guardare, ad esempio, la bella “corona misterica” di questa chiesa che quasi ci abbraccia e che Kiko Arguello – certamente anche per l’affetto e l’amicizia che lo legava a don Gianni – ha appositamente qui dipinto, in anni non lontani, per arricchire quest’edificio e questa comunità da tanto tempo casa accogliente e familiare per il Cammino Neocatecumenale di cui lui stesso è stato tra gli iniziatori in Diocesi e che ha sostenuto continuamente la sua stessa esistenza insieme, in particolare, ai fratelli e alle sorelle della prima comunità del Cammino.

Il suo attaccamento alla comunità di S. Giovanni Evangelista – che aveva visto nascere e dove aveva appunto celebrato anche in locali provvisori, prima di costruire la chiesa un cui ci troviamo – ci è testimoniato anche dalla volontà di non abbandonarla più, né quando l’allora Patriarca Marco Cè stava pensando per lui un’altra destinazione pastorale né quando, superati i “canonici” 75 anni, aveva dovuto lasciare il suo ministero di parroco.

Le letture appena proclamate ci hanno riportato al cuore del “kerigma”, dell’annuncio cristiano che tante volte e in diversi modi don Gianni – da vero evangelizzatore, cioè portatore della buona notizia che è Gesù Cristo stesso – ha fatto proprio e consegnato a tutti coloro che incontrava nel suo ministero sacerdotale – fioritura del suo personale battesimo, ricevuto a Mira dove era nato -; il suo annuncio missionario si è rivolto in modo particolare alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani. Il kerigma è stato sempre la sua forza, la sua costante arma / risorsa spirituale perché, se accolto, può dare senso pieno e luce vera alla vita di ogni persona.

“…non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte – ci ha ricordato poco fa san Paolo – ? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova… se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,3-4.8-9).

Per don Gianni evangelizzare non era un optional, una delle tante cose “da fare” per un prete. No, per lui – come san Paolo afferma in un altro passo delle sue lettere – “annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16). E poi ancora: “Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io” (1Cor 9,22-23).

L’autentico evangelizzatore, il vero missionario cristiano, raggiunge la consapevolezza che proprio qui, anche per un presbitero, sta il cuore della fede – da annunciare e da vivere – e che la sola reale ricompensa a cui si può tendere è “quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo” (1Cor 9,18).

E questa è forse l’unica “ansia” pastorale ed ecclesiale che possiamo permetterci: “guadagnare” e “salvare ad ogni costo qualcuno”! Solo così corrispondiamo pienamente alla preghiera di Gesù che ci è stata riconsegnata dal Vangelo di oggi: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato… Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17,24-26).

Ordinato dal Patriarca Roncalli nel giugno 1958 (poco prima, quindi, che quest’ultimo si recasse al conclave che l’avrebbe eletto poi Papa Giovanni XXIII), don Gianni è stato molto legato soprattutto ai Patriarchi Urbani e Luciani che avevano attraversato la prima parte del suo ministero sacerdotale, subito segnato da una caratteristica “pastorale” che lo rendeva padre e fratello di tante persone che, non a caso, amavano affidarsi a lui per la direzione spirituale o anche solo per un consiglio: sapeva ascoltare e accompagnare le persone che erano affidate alla sua cura pastorale, sapeva dare loro fiducia e metterle a proprio agio (valorizzando ciascuno) ed inoltre – come mi è stato riferito – sapeva sempre dire la verità, per l’autentico bene, anche quando ciò non era facile.

Da buon sacerdote amava, perciò, dedicare tempo e attenzione all’incontro sacramentale con le persone, in particolare nella confessione. E non stupisce, allora, che proprio da questa parrocchia, negli ultimi decenni, provengano tante belle famiglie cristiane ma anche parecchie vocazioni al sacerdozio. Ricordo qui (e spero di non dimenticare nessuno) solo quelli originari della nostra Diocesi: don Danilo, don Raffaele, don Valentino, don Davide Carraro e don Davide Rioda.

All’ultimo tratto terreno di vita di don Gianni si adattano bene e quasi si sovrappongono le parole che san Paolo rivolgeva al suo amato discepolo Timoteo, al quale scriveva così: “Tu … vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero. Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione” (2Tm 4,5-8). Queste parole, a lui così care, accompagnino ora don Gianni all’incontro pieno con Cristo, l’unico Salvatore.

Le nostre più sentite condoglianze vanno ai familiari e agli amici, con una viva riconoscenza per quanti lo hanno assistito, con affetto ed amicizia, negli ultimi tempi della sua vita.

Caro don Gianni, ti affidiamo ora all’intercessione materna della Vergine Maria – la Madonna della Salute -; noi ti assicuriamo la nostra preghiera di suffragio e tu continua a rivolgere ancora il tuo sguardo di appassionato pastore ed evangelizzatore sulla nostra e tua amata Chiesa che è in Venezia.