Omelia nella S. Messa del giorno di Natale (Venezia, 25 dicembre 2007)
25-12-2007

Natale 2007

 

San Marco: Messa del giorno

 

Venerato e caro Patriarca,

fratelli e sorelle carissimi,

1. Nel cuore della notte è risuonata una voce: ‘Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore‘.

Sono le parole dell’angelo che annunzia a tutti la bella notizia che c’è speranza per l’uomo. Questa speranza ha un nome: Gesù, il figlio di Dio fatto uomo, nato, in questa notte, a Betlemme.

Ha ragione il profeta Isaia di cantare: ‘Prorompete in canti di gioia’perché il Signore ha consolato il suo popolo’Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio’ (prima lettura).

E’ vero: talora noi, uomini e donne del XXI secolo, presumiamo di non aver bisogno d’essere salvati. Però il nostro passo nella storia è pesante e faticoso. Nonostante le grandi prospettive aperte alla nostra vita dalla scienza e dal progresso tecnico, ogni giorno ci troviamo a doverci confrontare con il dramma del male e della morte. C’è in noi una inquietudine, un disagio profondo a cui non sappiamo dare risposta.

2. Ebbene, l’annunzio dell’angelo, risuonato nella notte, ci assicura che Dio non ci ha abbandonato nei deserti della nostra radicale incapacità a salvarci con le sole nostre forze. Da sempre, fin dai tempi antichi, egli è venuto a cercarci, parlandoci molte volte e in diversi modi mediante i profeti e intervenendo nella nostra storia con segni inequivocabili della sua presenza. Ci ha così testimoniato che, nel nostro cammino, spesso fra fitte nebbie, Egli ci accompagnava, come un padre porta sulle spalle i propri figli.

Quando poi venne il tempo da lui stabilito ‘ la pienezza dei tempi, dice la Lettera agli Ebrei (1,1) ‘ Egli è venuto personalmente a cercarci donandoci il Figlio. E’ la notizia lieta risuonata nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato (lieta, ma sconvolgente e, direi, incredibile!): ‘Il Verbo (il Figlio di Dio) si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi’.

Colui del quale l’evangelista Giovanni aveva cantato: ‘In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio’ Tutto è stato fatto per mezzo di lui.. In lui era la vita”, si è fatto ‘carne’ e ha posto in mezzo a noi, nella nostra storia, la sua tenda.

Se non ci fosse stato dato di incontrarci con l’evento Gesù ‘ un evento scritto nella nostra storia – se Dio Padre non l’avesse accreditato davanti a noi con segni e miracoli, soprattutto risuscitandolo dai morti, noi, con la nostra ragione, mai avremmo potuto immaginare che il Figlio di Dio si facesse uomo e venisse ad abitare in mezzo a noi.

 

Un evento – quello del ‘Verbo si è fatto carne‘ – ‘per sempre’; un dono che Dio non ritratterà mai più e che la Liturgia esprime con le parole: ‘Hodie Christus natus est: oggi il Salvatore è nato’. Un ‘oggi’ che dura per sempre, in cui c’è l’eternità di Dio.

E’ importante ancora ricordare che San Giovanni, nell’esprimere l’evento del Natale, non usa il termine ‘uomo’ (‘il Verbo si fece uomo’), ma usa il termine: ‘carne‘. Un’espressione che noi non avremmo usato, che però evidenzia la scelta di Dio, ‘Carne‘ significa certamente ‘uomo’, ma uomo fragile, uomo che può soffrire, uomo che esperimenta perfino la fatica dell’obbedienza a Dio, di cui la Lettera agli Ebrei dirà che: ‘Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì‘ (5,8). Gesù, il Figlio di Dio che è nato a Betlemme dalla vergine Maria, è veramente ‘l’Emmanuele‘, è  Dio con noi‘.

In tal modo però, facendosi ‘carne‘, il Figlio di Dio si è fatto nostro fratello fin nell’esperienza della fatica, del dolore e della morte: nostro fratello e fratello di tutti gli uomini.

3. Di fronte a questo evento dobbiamo fermarci e riflettere: esso è tale che può cambiare il cuore dell’uomo rendendolo ‘filiale’nei confronti di Dio e, perciò, capace di cambiare la storia. Dice l’apostolo Paolo: ‘Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna’perché ricevessimo l’adozione a figli. E che noi siamo figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: ‘Abbà, Padre!’ (Gal 4,4-7).

Ancora: il Figlio di Dio, entrando nella nostra storia e assumendo nel grembo della Vergine Maria una ‘carne‘ come la nostra, in qualche modo si unisce ad ogni uomo ‘ anche al più povero, anche al più lontano e peccatore – al punto di ritenere fatto a sé ciò che si fa al più piccolo dei nostri fratelli, uomini e donne.

Per questo dicevo che l’evento del Natale, se viene accolto, cambia i cuori e cambia la storia. Da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo le vicende dell’uomo sono sempre anche le vicende del Figlio di Dio. C’è nel cuore della storia umana e di ogni uomo un evento che è grazia di salvezza offerta a tutti e che costituisce come una profonda aspirazione a realizzare pienamente il disegno di Dio su di noi: a diventare cioè veri figli di Dio, capaci di rivolgerci a Lui, come faceva Gesù, chiamandolo ‘Padre’ e perciò a chiamare ‘fratello’ ogni uomo e a vivere, concretamente, a tutti i livelli, delle relazioni fraterne nell’impegno di solidarietà, di accoglienza, di condivisione.

E questo è fondamento di speranza per noi e di pace per il mondo.

Dobbiamo però scrollarci di dosso il nostro orgoglio per riconoscere che abbiamo bisogno di Dio: lui solo ci può salvare. Questo bisogno di salvezza deve metterci in cammino per andare fino a Betlemme, con la gioia umile che era nel cuore dei pastori. Allora scopriremo in quel bambino ‘il Figlio di Dio che si è fatto carne‘, per salvarci. E prostrandoci lo adoreremo.

Proprio così: è necessario che noi, davanti alla grotta di Betlemme, davanti a Gesù Bambino, il quale ‘pur essendo di natura divina’spogliò se stesso assumendo la condizione di servo  e divenendo simile agli uomini‘ (Fil 2,6-7), ci chiniamo nella fede, lasciandoci istruire da Dio e accettando che lui ci si sveli nel suo amore che si abbassa per sollevarci fino a Lui.

Questo esige uno sforzo di conversione. ‘Gesù è il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità’, ci insegna Papa. ‘Il Padre celeste, che nella nascita del suo Unigenito Figlio ci ha manifestato il suo amore misericordioso, ci chiama a seguirne le orme facendo come Lui, delle nostre esistenze un dono di amore’.

‘L’uomo viene redento solo dall’amore’, dice ancora il Papa. E l’amore genera la speranza.

In un mondo che ha assolutamente bisogno di speranza, noi cristiani siamo chiamati a dare una limpida testimonianza di amore.

4. Non possiamo chiudere questa nostra meditazione senza rivolgere il nostro pensiero a Maria, la Santa Madre di Gesù. Ella ha goduto della nascita del Figlio: ma si è anche interrogata ‘ e non poteva non farlo – perché il Figlio di Dio è nato in tanta povertà. Come ogni madre, avrebbe desiderato per il nascituro un luogo più accogliente:di fatto Gesù è dovuto nascere in un grotta, rifugio per animali. Maria avvolse il suo Bambino in fasce e lo depose in una mangiatoia.

A riscaldare quel luogo c’era l’amore della Madre, di San Giuseppe, e poi degli umili pastori, gli ultimi della società di allora.

Maria ha accolto tutti quegli avvenimenti nel suo cuore, fidandosi di Dio a cui si era totalmente consegnata: pur non comprendendo, ella ha creduto. Ci ottenga la grazia di credere all’amore che avvolge la nostra vita e la grazia di prostrarci nell’adorazione di Dio fatto bambino per salvarci; ci aiuti a credere, ad amare e a sperare.

5. Ed ora, a nome di tutti i presenti, mi è caro porgere gli auguri più affettuosi d’un felice Natale al nostro Patriarca. Il Signore gli doni grazia nelle fatiche quotidiane e nel suo pellegrinare per la Visita pastorale gli dia consolazione, facendolo messaggero di speranza e di pace.