Omelia del Patriarca nella solennità dell’Epifania (Venezia - Basilica cattedrale S. Marco, 6 gennaio 2021)
06-01-2021

Solennità dell’Epifania

(Venezia – Basilica cattedrale S. Marco, 6 gennaio 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

l’odierna e solenne celebrazione dell’Epifania riprende e porta a compimento il tema fondamentale del Natale, quello della luce, nel suo significato di vita buona in opposizione alle tenebre dove agisce il maligno. Ricordiamo la parabola del nemico che, di notte, semina la zizzania (cfr. Mt 13,24-30).

Il Bambino nato a Betlemme – Gesù – è il Figlio di Dio, il Dio-con-noi. Lui è la luce, la pienezza della vita, la Verità fatta persona; è per tutti la luce che risplende e che non può essere vinta dalle tenebre.

Nel Divino Bambino si realizza la profezia di Isaia che – come appena ascoltato – riguarda ciascuno di noi; è un invito alla conversione (il Natale è conversione!), un richiamo carico di significato soprattutto in questi tempi faticosi, accompagnati da sofferenze, da incertezze e dall’esperienza delle nuove fragilità collettive (umane) che stiamo vivendo.

“Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60, 1-2): il profeta Isaia ci sprona così ad accogliere la luce, quella vera e a “rivestirci” di questa luce per poter camminare cristianamente nella storia “guidati” da questa luce, la sola che permette di vincere le nebbie, le foschie e gli ottenebramenti morali della vita.

Nel Vangelo appena ascoltato la luce è citata più volte ed è la luce della stella che guiderà i Magi all’incontro con Gesù. Come dice Papa Francesco, tutti siamo invitati ad alzare lo sguardo da terra, dalle cose che tocchiamo, che produciamo e che compriamo per rivolgere lo sguardo verso il cielo. Ognuno di noi, come i Re Magi, ha la sua stella che lo guida a Gesù.

“Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2,3), affermano questi misteriosi “saggi” giunti dall’Oriente a Gerusalemme. Anche Erode, che ha ben altre intenzioni – le sue parole mentono -, chiamati “segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella” (Mt 2,7).

Poi, dopo essere sparita, la stella riappare e, di nuovo, guida i Magi: “Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima” (Mt 2,9-10).

Possiamo comprendere, allora, come questa stella – luce che guida alla vera Luce, il Signore Gesù – svela e “porta alla luce” il bene e il male che abitano nel cuore delle persone. È la luce che genera la verità e l’amore.

I Magi, prima, la scoprono e, poi, la seguono lasciando la loro terra e le loro attività; sono uomini di rilievo – dei saggi – eppure, per seguire la stella che li conduce da Gesù, lasciano tutto. Il motivo del loro viaggio è chiaro: “…siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2,3).

Fa riflettere come proprio dinanzi alla stella (alla luce) il malvagio si indurisca e si attacchi ulteriormente al male; è il caso di Erode che non ama la luce e non ama la verità. E le sue mire sono tutt’altro che limpide e leali: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” (Mt 2,8). È e rimane nel male e, ostinatamente, si oppone alla luce. Erode cerca il potere che mai può fare a meno del denaro e della menzogna; quanti Erode sono presenti nella storia!

La stella dell’Epifania, quindi, provoca scelte di vita opposte: i Magi ed Erode. Per questo, nella preghiera della Colletta, ci siamo rivolti a Dio Padre così: “…in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo Figlio unigenito, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la bellezza della tua gloria”.

Anche alla fine della Messa invocheremo l’aiuto e l’accompagnamento costante della stella, non intesa come puro simbolo ma realtà di grazia: “La tua luce, o Signore, ci preceda sempre e in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci hai fatti partecipi”.

La stella è un richiamo dato agli uomini affinché escano da una vita fatta da scopi e conseguimenti individuali, materiali, solamente terreni; è, invece, l’invito a interrogarsi sul perché e sul fine delle cose, delle persone, della vita, ossia su Dio e il nostro destino eterno.

La solennità dell’Epifania attesta, quindi, che il soprannaturale guida l’uomo ma che, nello stesso tempo, necessita degli uomini e di ogni persona che è chiamata a mettere in gioco la propria libertà e questo può avvenire nel bene e nel male. Perciò, è essenziale nella preghiera chiedere continuamente (non solo qualche volta…) d’essere guidati dalla “stella di Dio” a Gesù, lasciandoci portare verso la Luce e diventando sempre più “luminosi”.

Il Vangelo di Matteo ci dice pure che la Provvidenza di Dio è sempre, in modo incessante, all’opera nella storia – anche nella nostra – che non è abbandonata al male, al caso, ai “cattivi” di turno, ai tiranni…

Il testo si conclude annotando che i Magi, “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Ecco, ancora una volta, il soprannaturale che si intreccia con l’agire degli uomini, anche attraverso modalità misteriose come il sogno che – lo ricordiamo – è stato spesso protagonista nella vita di Giuseppe, sapiente Custode del Redentore, e della Vergine Madre e, quindi, della sopravvivenza stessa di Gesù.

Nel sonno e in sogno Giuseppe viene reso partecipe del piano di Dio su Maria, su di lui e sul bambino che sta per nascere: “Quando si destò dal sonno – scrive Matteo – Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù” (Mt 1,24-25).

E sempre in sogno, subito dopo l’incontro con i Magi, Giuseppe viene avvertito del pericolo che incombe su Gesù e così inizierà il peregrinare verso l’Egitto, per trovare rifugio; di nuovo in sogno, infine, un angelo gli indicherà il tempo del ritorno nella “terra d’Israele”, a Nazaret (cfr. Mt 2, 13-23).

La liturgia celebra nella odierna solennità – l’Epifania – tre grandi eventi, fra loro convergenti. “Tre prodigi celebriamo in questo santo giorno – proclama un’antifona odierna del Vespro –: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza”.

Sono tutte e tre “epifanie”, ovvero “manifestazioni”, di Gesù che davanti ai Magi si rivela alle genti, al fiume Giordano al popolo di Israele – presentato da Giovanni Battista come “l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29) -, e infine a Cana di Galilea si manifesta ai suoi discepoli. Dio, in Gesù, si manifesta misteriosamente ma realmente al popolo di Israele, ai “suoi” discepoli e a chi lo cerca e domanda luce e verità, a tutte le genti.

Nel Natale appena celebrato, nel Bambino nato a Betlemme, Dio si è manifestato come Chi si abbassa e condivide le fatiche, le sofferenze, le fragilità, le debolezze umane. Nell’Epifania, in Gesù, il Dio-con-noi chiede d’esser riconosciuto e accolto, annunciato, portato a tutti e adorato.

Rileggiamo, infine, le parole del prologo del Vangelo di Giovanni più volte risuonate nelle feste del Natale: “In lui – il Verbo – era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta… Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio…” (Gv 1,4-5.9-12). È il dramma del bene, della verità e della luce che, di fronte alla libertà dell’uomo, si possono accogliere o rifiutare.

Il diacono ha appena annunciato la data della Pasqua e ha prefigurato le tappe dell’anno liturgico. L’Epifania ci apre a questo orizzonte e ci fa comprendere come – realmente e progressivamente – la vita e i misteri di Dio entrano nel tempo, nella storia dell’umanità, in ciascuno di noi, giorno per giorno. Non una volta per tutte, ma giorno dopo giorno perché “la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza” (dall’Annuncio del giorno della Pasqua).

Così sarà, fino alla fine. L’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, si chiude con la visione della città luminosa – la “nuova Gerusalemme“ – che viene descritta così: “In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte” (Ap 21,22-25).