Omelia del Patriarca nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Venezia, Basilica Cattedrale di San Marco – 23 giugno 2019)
23-06-2019

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

(Venezia, Basilica Cattedrale di San Marco – 23 giugno 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari confratelli, diaconi, fedeli,

Stimate autorità,

anche quest’anno, con animo grato al Signore ci ritroviamo, nella Chiesa madre della Diocesi – la cattedrale – per la celebrare la solennità liturgica del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.

Oltre alla Messa vespertina – detta “In Coena Domini” – con cui hanno inizio le celebrazioni del Sacro Triduo Pasquale, la Chiesa ha istituito – nel periodo che va dalla metà del XIII secolo (1246 e 1264) ai primi decenni del XIV secolo – l’odierna solennità al cui centro è la santissima Eucaristia.

Questa festa non è frutto di una disattenzione, come se qualcuno si fosse dimenticato che nel calendario liturgico c’era già la Messa “In Coena Domini” del Giovedì santo; non è neppure frutto – come alcuni dicono – di una pratica devozionale legata al Medioevo e, quindi, ormai datata e da superare.

Le cose non stanno così. Oggi la Chiesa pone attenzione all’Eucaristia intesa come presenza reale di Gesù, ossia “sacramentum permanens” e quindi sulla preghiera d’adorazione, vero momento di grazia.

Come sappiamo, la Chiesa è l’esito – nel tempo – dell’azione dello Spirito Santo che sempre “interpella” la libertà degli uomini; è Lui, comunque, lo Spirito Santo, il grande protagonista – l’inviato del Padre e del Figlio – perché è Lui che suscita, fa esistere e crescere la Chiesa.

La Chiesa è fatta di uomini e gli uomini vivono nel tempo e nello spazio e, proprio nella storia, maturano; gli uomini hanno bisogno della dimensione temporale per diventare compiutamente uomini. La persona si caratterizza per la storicità e il tempo che progressivamente la plasma. Dio rispetta l’uomo sempre e mai lo schiaccia.

I discepoli di Gesù, e ovviamente la Chiesa, sono parti di un progetto unitario di cui Gesù – vero Dio e vero uomo – è il senso, la verità, il compimento.

Il vero Adamo, per servirci dell’immagine biblica, non è quello di cui parla il libro della Genesi, quello che Dio plasma col fango. Il vero Adamo, nel piano di Dio, è Gesù Cristo e Paolo nella lettera ai Romani parla di Cristo e lo contrappone proprio all’Adamo terrestre (cfr. Rm 5, 12-14). Gesù, morto e risorto, è, da sempre, l’unico progetto di Dio e la vera e unica umanità fedele a Dio.

La Chiesa, allora, è l’umanità che si lascia plasmare da Gesù Cristo, il Risorto, il Vivente; non a caso, Gesù, nell’eucaristia, si consegna ai Dodici, proprio all’inizio della passione che sfocerà, appunto, nella Pasqua (cfr. Gv 13,1).

Ed è Gesù, il Salvatore, realmente presente nei segni del pane spezzato e del vino effuso, che plasma la Chiesa rendendola sempre più sposa fedele. E così possiamo dire che la riuscita della Chiesa non consiste nell’essere comunità efficiente secondo i criteri, molto discutibili, degli uomini ma comunità eucaristica, ossia comunità che rende grazie al Padre, in Gesù Cristo, attraverso lo Spirito Santo e che, di conseguenza, come il suo Sposo e con il suo aiuto ama tutti.

Lo Spirito santo, secondo la promessa di Gesù, sarà guida alla piena conoscenza della verità: “Molte cose ho ancora da dirvi – è Gesù che parla – ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future” (Gv 16, 12-13).

La crescente consapevolezza di fede ha portato la Chiesa ad istituire la festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo; questa solennità liturgica non è, però, una novità ma il frutto dell’azione dello Spirito che, appunto, “porta” la Chiesa.

Questa maggiore consapevolezza di fede si è realizzata sul piano teologico e ciò è qualcosa di scontato; dalla prima metà del IX secolo fino alla seconda metà del XIII furono impegnate – con differenti risultati – le menti più brillanti che cercarono di leggere il mistero eucaristico attraverso lo specchio della ragione credente.

Un secondo piano – pur esso scontato – cooperò all’ approfondimento del sacramento eucaristico e fu il Magistero della Chiesa. Nel 1215 il IV Concilio del Laterano proclamò dogma di fede la “transustanziazione”, ovvero la reale presenza di Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino.

La parola “corpo” per l’ebreo – e Gesù appartiene al popolo ebraico – indica la persona nella sua visibilità e disponibilità all’incontro; la parola “sangue” indica la vita, l’energia vitale. In tal modo – dopo la consacrazione – Gesù lo si incontra realmente presente nelle specie del pane e del vino.

È certamente meno scontato che un contributo alla migliore comprensione del mistero eucaristico sia arrivato da un territorio – sì, avete capito bene, da un territorio – ed esattamente da quello che allora veniva denominato Gallia o Francia Belgica, la città di Liegi e i suoi circondari.

Ed è proprio in tale territorio che Francesco – lo dichiarò al Capitolo dei frati nella Pentecoste del 1217- aveva eletto la sua dimora, nel caso avesse dovuto lasciare l’Italia. Ecco le sue parole: “…eleggo la provincia francese… innanzitutto perché quei cattolici portano grande venerazione al Corpo di Cristo… e perciò io amerei passare la mia vita tra di essi…”.

Il motivo per cui, in quel territorio, si nutriva grande venerazione al Corpo di Cristo era una consuetudine antica che veniva da lontano. Ora, tale spiritualità nutrì la piccola Giuliana di Cornillon o di Liegi (oggi santa) e, dopo di lei, si diffuse ulteriormente. Già prima di Giuliana, comunque, la Diocesi di Liegi era un cenacolo eucaristico con un gran numero di comunità femminili dedite al culto del Santissimo Sacramento.

E così, prima di Caterina da Siena e Teresa d’Avila (due grandi figure nella vita mistica e della riforma della Chiesa), dobbiamo nominare anche questa donna; fu proprio lei – umile monaca agostiniana – che contribuì, nella Diocesi di Liegi, in modo decisivo e originale a fare in modo che si costituisse l’odierna festa.

Giuliana, all’età di sedici anni (era il 1207), ebbe la prima visione della luna “ferita” che, insistentemente, ritornava; la luna appariva – durante la preghiera – tutta luminosa, eccetto una zona completamente oscura; Giuliana per vent’anni tenne segreta la visione e, poi, ne parlò a persone fidate e a lei care, tra cui due consacrate: Eva che conduceva vita eremitica e Isabella, che era infermiera, presso il lazzaretto.

Insieme queste donne si impegnarono, con tutte le loro forze, per promuovere la spiritualità eucaristica e, alla fine, riuscirono a far sì che il Vescovo di Liegi – Roberto di Torote – istituisse per la Diocesi la festa del Corpus Domini. Dopo la morte di Giuliana, Giacomo Pantaleone di Troyes – già arcidiacono di Liegi – asceso al soglio pontificio col nome di Urbano IV la estese alla Chiesa universale.

In tutte queste vicende, che portarono all’istituzione della festa del Santissimo Corpo e Sangue del Signore a tutta la Chiesa, ebbe un posto particolare anche il miracolo di Bolsena: nel 1263 un prete boemo – Pietro da Praga – venuto pellegrino a Roma per ricuperare la fede nell’Eucaristia, mentre iniziava la via del ritorno, celebrando la Messa, vide stillare sul corporale del sangue vivo.

L’odierna festa del Santissimo Corpo e Sangue del Signore è il risultato di una più grande consapevolezza di fede attraverso l’impegno e il contributo non solo dei teologi, non solo del magistero, ma anche dei santi, anzi di sante donne. Sì, perché la Chiesa è il grande “noi” che vive nel tempo ed è l’unirsi di tanti piccoli “io” col grande “Io” di Gesù che dona lo Spirito Santo.

Chiediamo per noi e per la nostra Chiesa che è in Venezia il dono di una fede umile e capace di riconoscersi in un sapere teologico che si sa stupire e sa gioire innanzi alle cose mirabili che Dio ci fa, iniziando proprio, dal dono grande di Gesù Eucaristia.

La conoscenza dell’Eucaristia non l’apprendiamo, certo, dalla Chiesa e tanto meno dal mondo; solo Gesù la può partecipare, Lui che è il compimento e la perfezione della rivelazione cristiana.

L’Eucaristia la si comprende solo a partire dal progetto che Dio ha sul mondo e tale progetto è una persona – Gesù Cristo – che a Nazareth, nel grembo di Maria, diventa una storia reale e concreta che culmina nell’evento pasquale di morte e risurrezione.

L’Eucaristia è il sacramento, è il segno efficace di Gesù che nella sua persona compie la salvezza. Gesù, prima di consegnarsi alla sua passione, si consegna alla sua Chiesa nei segni del pane e del vino, ossia l’Eucaristia, il sacramento che in questa giornata è al centro di una fede gioiosa e grata.

L’Eucaristia raggiunge il suo fine quando “plasma” la comunità – radunata attorno all’altare – e la rende più simile al suo Signore.

Nella nostra diocesi in due comunità parrocchiali – Santa Maria Goretti (Mestre) e San Silvestro (Venezia) – è presente la prassi dell’adorazione eucaristica perpetua ed è una grazia per la nostra Chiesa. Chiedo che le comunità degli adoratori possano crescere di numero e diffondere sempre più questa significativa testimonianza di fede.