Omelia del Patriarca nella S. Messa solenne in occasione del settimo centenario dell’inizio del viaggio del Beato Odorico da Pordenone in Oriente (Udine, Chiesa della Beata Vergine del Carmine - 13 ottobre 2018)
13-10-2018

S. Messa solenne in occasione del settimo centenario dell’inizio del viaggio del Beato Odorico da Pordenone in Oriente

(Udine, Chiesa della Beata Vergine del Carmine – 13 ottobre 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

  

Stimate autorità, confratelli nel sacerdozio, diaconi, consacrati, consacrate, fedeli,

sono grato all’Arcivescovo per questo invito alla chiusura delle celebrazioni del VII centenario dell’inizio del viaggio in Oriente del Beato Odorico, figlio insigne della terra friulana.

Un saluto cordiale e deferente saluto a Sua Eccellenza l’Arcivescovo Andrea Bruno e a Sua Eccellenza Diego Causero, Rappresentante Pontificio.

Nelle sue Memorie – Itinerarium – Odorico si presenta con queste parole: «frate Odorico di Friuli, d’una terra chiamata Porto di Naone».

All’inizio del XIV secolo, per i Francescani come per tutti gli Europei, la Cina era un paese lontanissimo ma – a differenza degli altri – per i figli del poverello di Assisi la Cina veniva percepita come un paese “vicino” perché un loro confratello – Giovanni Montecorvino – pochi anni prima aveva raggiunto questa lontanissima, affascinante, magica terra e da Papa Clemente VII era stato nominato Arcivescovo di Khan Baliq, l’attuale Pechino.

A Odorico, ritornato dopo dodici anni di lontananza dal suo Friuli, fu più volte chiesto di scrivere le sue memorie e, alla fine, decise di dettarle a Guglielmo di Solagna. In esse si narra un viaggio lungo più di 40.000 chilometri – durato dal 1318 al 1330 – che lo condurrà fino alla città di Khan Baliq (Pechino).

Di ritorno dal viaggio missionario e ormai allo stremo delle forze, Odorico si fermò a Padova nel convento annesso alla Basilica del Santo. Egli, in dodici anni, aveva percorso una distanza superiore a quella della circonferenza del globo terrestre e appariva irriconoscibile rispetto a quando era partito.

Finalmente, però, era tornato nella terra dove era maturata la sua vocazione, aveva compiuto i suoi studi e dove era stato ordinato sacerdote e dove subito si distinse per zelo, austerità e quel fervore missionario che lo porterà poi a lasciare il proprio paese. Trascorse gli ultimi mesi di vita a Udine, dove morirà il 14 gennaio 1331.

Che il Beato Odorico meriti il titolo di santo ne sono convinti quanti ne conoscono la vita di preghiera e di austerità (addirittura per un certo periodo si ritirò in solitudine e divenne eremita); fu poi evangelizzatore intrepido, tutto dedito alla missione.

Partire a quel tempo per un tale viaggio verso la misteriosa Cina supponeva il dono totale di sé. Lo scopo era missionario, l’annuncio del Vangelo, incontrare anime, instaurare nuovi rapporti con popoli e culture allora del tutto sconosciute per annunciare Gesù Cristo.

Qui sta la grandezza evangelica della figura del Beato Odorico e l’attualità della sua causa di canonizzazione, non solo per l’esemplarità della sua vita ma, anche, per il dialogo in corso (e che recentemente ha avuto un deciso passo in avanti) fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, da tempo in trattative in particolare per delicate questioni inerenti la Chiesa “patriottica” e soprattutto la nomina dei vescovi, su cui è in gioco la stessa libertà della Chiesa.

Nel 1929, in seguito all’edizione critica della narrazione del viaggio missio­nario del Beato Odorico, si è ridestato l’interesse per la sua causa di canonizzazione; un ulteriore impulso, poi, è stato dato nel 1982 dalla celebrazione di un convegno di studi; nel 1994 è stata poi avanzata la richiesta per riprendere l’iter verso la canonizzazione.

La figura di Odorico appartiene, a pieno titolo, alla storia dei grandi missionari ed evangelizzatori della Chiesa di tutti i tempi: da san Paolo, l’apostolo delle genti, a san Bonifacio, il grande evangelizzatore della Germania, da san Francesco Saverio a Matteo Ricci sempre così affascinati dall’Asia e, in modo tutto particolare, dalla Cina.

La missione, l’evangelizzazione, l’annunciare il Vangelo è nel Dna della Chiesa; la Chiesa, infatti, è strutturalmente missionaria e la missione la costituisce. Fin dal primo istante della sua esistenza la Chiesa è missionaria. Non si può, quindi, nemmeno immaginare una Chiesa che esista e che solo dopo, in un secondo momento, sia mandata in missione.

La Chiesa, piuttosto, è costituita nella fede in Gesù morto e risorto e dal mandato missionario. L’evangelista Giovanni lega questi due momenti in modo indissolubile; nel quarto Vangelo, infatti, fede e annuncio sono strettamente uniti.

Avvenne così per la prima persona che incontrò Gesù risorto, Maria di Magdala. Appena riconobbe il Maestro, venne così immediatamente invitata a recare il lieto annuncio ai discepoli: “Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto” (Gv 19,16-18).

Lo stesso si ripete poco dopo, nell’incontro che il Risorto ebbe con i discepoli invitati, a loro volta, a rimettere i peccati attraverso lo Spirito Santo, il dono pasquale di Gesù risorto: “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati»” (Gv 19, 19-23).

Che cosa spinse il Beato Odorico a partire, lasciando tutto, per annunziare il Vangelo, cioè Gesù Cristo? La risposta è la stessa che ci avrebbe dato l’apostolo Paolo, il più grande missionario di tutti i tempi, il vescovo Bonifacio, primo evangelizzatore della Germania, e Francesco Saverio, l’apostolo delle Indie, e – possiamo dire con certezza -qualsiasi altro missionario. Ciò che muove un missionario a lasciar tutto e a partire è la fede e l’amore per Gesù, avvertito come l’Unico, il Solo Necessario.

“La missione – scrive san Giovanni Paolo II nella Redemptoris missio è un problema di fede, è l’indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi. La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo a una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una «graduale secolarizzazione della salvezza», per cui ci si batte, sì, per l’uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale. Noi invece, sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l’uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina” (Giovanni Paolo II, Lettera enclicica Redemptoris missio, n. 11).

Come spiegare, allora, la scelta di Odorico che parte verso l’ignoto, lasciando tutto? Solo nella logica di quanto scrive ancora san Giovanni Paolo II possiamo rispondere a questa domanda: “Perché la missione? Perché a noi, come a san Paolo, «è stata concessa la grazia di annunziare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8). La novità di vita in lui è la «buona novella» per l’uomo di tutti i tempi: a essa tutti gli uomini sono chiamati e destinati” (Giovanni Paolo II, Lettera enclicica Redemptoris missio, n. 11).

Le notizie sul Beato Odorico, tornato dal suo estenuante viaggio missionario, si fanno sempre più scarse; si sa pochissimo dell’ultimo periodo della sua vita. Il progetto che coltivava nel cuore era di recarsi ad Avignone, dove risiedeva il Papa, il francese Giovanni XXII, ma non gli fu possibile realizzare questo suo desiderio. Odorico non riuscirà ad incontrare il Papa per domandargli quello che più gli stava a cuore, ossia inviare nella lontanissima, misteriosa e a lui carissima Cina altri missionari.

E qui, a Udine, frate Odorico si spense, e fu subito venerazione di popolo; gli vengono attribuiti miracoli ma solo nel 1755 il Papa Benedetto XIV ne stabilirà il culto, conferendogli il titolo di “Beato”.

Ora, se potessimo chiedere al Beato Odorico di avere – in noi e nelle nostre comunità – un po’ del suo spirito missionario, egli ci potrebbe indicare l’inizio degli Atti degli Apostoli dove ci è offerta l’icona della Chiesa radunata nel Cenacolo “con Maria, la Madre di Gesù” (cfr. At 1,14), una Chiesa che inizia dalla preghiera e che implora lo Spirito Santo per ottenere la fede e l’amore necessari per l’annuncio evangelico, non necessariamente partendo per la Cina ma anche stando qui dove viviamo oggi con le nostre comunità.

La Vergine Madre di Dio, con la sua materna intercessione, sull’esempio del Beato Odorico, renda veramente missionarie le nostre Chiese del Nordest!