Omelia del Patriarca nella S. Messa solenne del giorno di Natale (Venezia, Basilica cattedrale di S. Marco - 25 dicembre 2018)
25-12-2018

S. Messa del giorno di Natale

(Venezia, Basilica cattedrale di S. Marco – 25 dicembre 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

il Vangelo secondo Luca narra come Giuseppe – che era della famiglia di Davide – salì da Nàzaret in Galilea a Betlemme in Giudea per il censimento, secondo quanto chiedeva il decreto di Cesare Augusto.

Maria, sua sposa, era incinta ed era prossima al parto. Maria è la personificazione stessa del Natale, l’esempio a cui guardare.

Oggi, per il cristiano, è possibile vivere il Natale solo se va oltre le “distorsioni” che questa festa subisce sempre più e di cui gli acquisti frenetici e il consumismo sono solo un aspetto, come la punta dell’iceberg.

Questa festa cristiana si può vivere in radicale contrasto col Vangelo. il Natale, infatti, è il cuore della fede cristiana: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria…” (Gv 1,14).

C’è, pure, chi opera affinché – come fu alcuni anni orsono, nel mondo anglofono – questa festa cambi nome e diventi la festa delle “luci d’inverno”!

Più di recente taluni hanno tentato di abolire dalle canzoncine di Natale dei nostri piccoli il nome di Gesù ma, per fortuna, è scattato il buon senso dei piccoli e di genitori sensibili.

L’assunzione acritica del pensiero unico dominante – come ha ricordato Papa Francesco, è stato il dramma del ‘900 e giunge fino ad azzerare i fatti e la storia.

«Anche oggi – ha detto il Santo Padre – c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi si deve pensare così e se tu non pensi così non sei moderno, non sei aperto» (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta, 10 aprile 2014).

La festa del Natale non può essere omologata ai criteri della società scristianizzata e sottostare ai riti del consumismo. Da decenni la festa, che è il cuore della fede cristiana, presenta forti segni di scristianizzazione così da perdere presso molti le radici e il significato originario.

Ritrovare la strada che conduce al Natale – al Vangelo – ha un nome e un volto di donna: Maria di Nazareth, che è l’unica diretta collaboratrice del mistero dell’Incarnazione!

Se guardiamo bene, le parole dell’angelo – all’Annunciazione – si inseriscono nella quotidianità della vita di Maria, una vita in cui si esprime una fede che sa cogliere il progetto di Dio. Torneremo su tale punto: saper leggere i segni di Dio.

Così nel Natale non ci introduce il teologo, l’operatore di pastorale o l’esperto della comunicazione ma Lei, Maria, la fanciulla di Nazareth. E, dopo di lei, quanti l’hanno seguita nell’obbedienza della fede.

Sì, l’obbedienza della fede, perché la fede è tale solo se si unisce all’umiltà che non è la recitazione dell’umiltà di chi vive di prepotenze e sa anche atteggiarsi a vittima.

Maria – la fanciulla di Nazareth, poco più che adolescente – porta quel nome che, dopo di Lei, porteranno un‘infinità di persone fino a quando, per l’illanguidirsi della fede, altri nomi prenderanno il sopravvento.

Nazareth era un villaggio della Palestina – ce lo ricorda il Vangelo – sconosciuto e insignificante al tempo di Gesù. «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46): sono le parole del futuro apostolo Bartolomeo.

E proprio in quell’insignificante villaggio, poco distante dal lago di Tiberiade, accadde l’evento più grande della storia: a Nazareth, nel grembo verginale di una fanciulla, Dio si è fatto uomo!

Secondo la logica del mondo vale ciò che è ricco, visibile e potente mentre ciò che è piccolo, umile e non appariscente fa solo sorridere quanti ritengono di saper tutto della vita, della storia, del mondo e… anche di Dio, avendo così già deciso e stabilito ogni cosa. Per loro il Natale è una favola, una leggenda o una delle tante feste tra amici.

Di fronte alle ricette mediche, in genere, si storce il naso eppure… se andiamo dal dottore con un’aritmia cardiaca o con il mal di schiena desideriamo una ricetta per guarire e non attendiamo di ascoltare una erudita conferenza di cardiologia o ortopedia.

Riflettiamo, allora, su un breve pensiero del filosofo Blaise Pascal. Potrebbe sembrare una ricetta ma ci ricorda come, nella vita, si debbano evitare due eccessi: escludere la ragione oppure ammettere solo la ragione.

Prendiamo, invece, esempio da Maria di Nazareth che, interpellata da Dio, sa cogliere il mistero. Maria percepisce quanto altri non sono in grado di percepire.

Il segno ha, per la fede, un valore fondamentale che consente di accorgerci di Dio, di percepire qualcosa che rimanda ad un’altra realtà lasciando libero chi deve decifrare il segno.

Dio ha posto nel mondo tanta luce – è sempre un pensiero di Pascal – al punto che colui che vuol vedere riesce a vedere, insieme però a tanta oscurità al punto che chi non vuol vedere può continuare a non vedere.

Maria, la fanciulla di Nazareth, si è mossa in questo chiaroscuro che caratterizza la fede e, in cui, ogni persona è libera di decidersi. La fede non prescinde dalla libertà; è atto che deve essere degno dell’uomo.

Pascal si esprime in questi termini: “Come Gesù Cristo è rimasto sconosciuto tra gli uomini, così la sua verità resta, tra le opinioni comuni, senza differenza esteriore. Così resta l’Eucaristia tra il pane comune” (Blaise Pascal, Pensées, n. 789, ediz. Brunschvicg).

Similmente Maria, al momento dell’annunciazione, coglie qualcosa di ciò che Dio vuole da Lei, la sua piena appartenenza a Dio; Maria sarà figlia prediletta, sposa e madre del Figlio di Dio.

Nel grande segno dell’Annunciazione – che è l’inizio del Natale – Dio offre a Maria molteplici segni e, insieme a Lei, chiama quanti saranno chiamati a vivere il compiersi della storia della salvezza; l’apostolo Paolo parla, così, di pienezza dei tempi.

Così è anche per la maternità della cugina Elisabetta (anziana e sterile); la piccola vita che le palpita in seno, infatti, avvalora quanto annunziato dall’angelo e sarà così anche per il segno dato ai pastori e ai magi che avevano risposto a quel segno di Dio (la stella) che li ha condotti dove avrebbero trovato il bambino.

La notte santa, la stella, il cielo popolato di moltitudine di angeli: sono segni che toccano l’intimo, spingono a una scelta, indicano un percorso non facile che impegna l’uomo; è il percorso della fede, che avviene attraverso una chiamata che entra nel quotidiano di queste persone e che esse sanno discernere.

Entrano ancora nel grande segno del Natale il vecchio Simeone e la profetessa Anna che scorgono in quella povera famiglia – che si reca al Tempio per riscattare, secondo la Legge, il figlio primogenito – il Figlio che salverà tutti.

Maria, infine, coglie nelle parole pronunciate da Gesù dodicenne al tempio il segno che confermerà quanto l’angelo le aveva preannunziato: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).

Riecheggiano qui quelle altre parole che l’angelo aveva detto all’Annunciazione: “«…concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre…». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio»” (Lc 1,31-35).

La fede è umile, semplice e fiduciosa ma anche operosa, motivata e, quindi, capace di render ragione della propria speranza (cfr. 1Pt 3,15). Questa è la fede di Maria che rende possibile il Natale.

Maria è la personificazione del Natale e ci testimonia come questa festa richieda di saper leggere, in modo libero e intelligente, i segni che Dio non fa mancare a nessuno nel cammino verso di Lui.

Tutti siamo, così, chiamati al discernimento; tutti, di volta in volta, siamo pastori, magi, Erode, sommi sacerdoti e scribi chiamati a riconoscere i segni di Dio nella nostra vita.

Domandiamo alla Vergine Madre che doni anche a noi il passo agile e fermo che l’ha sostenuta mentre si recava dalla cugina Elisabetta la quale, a sua volta, scorge in Lei il segno della presenza di Dio.

Il Natale ci dice che chi accoglie i segni di Dio, diventa, a sua volta, segno di Dio per gli altri. Maria è il segno di Gesù che è la salvezza di Dio!