Omelia del Patriarca nella S. Messa presso l’Istituto “Berna” di Mestre in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla fondazione (Mestre, 13 giugno 2022)
13-06-2022

S. Messa presso l’Istituto “Berna” di Mestre in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla fondazione

(Mestre, 13 giugno 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

viviamo pienamente e nel senso “originario” quest’Eucaristia come il gesto più alto e significativo, capace di esprimere vera riconoscenza, davanti al Signore, e un autentico rendimento di grazie per tutto ciò che di bene Egli ha saputo operare in mezzo a noi, in questa città, attraverso i 100 anni di attività e servizio educativo e formativo svolto dall’Istituto Berna.

Siamo nel giorno in cui si celebra la festa di sant’Antonio di Padova, frate, sacerdote e dottore della Chiesa, “insigne predicatore” e “patrono dei poveri e dei sofferenti” (come recita la Colletta di oggi) e a lui chiediamo, come la preghiera ci ha indicato, di saper sperimentare la misericordia di Dio e seguire fedelmente gli insegnamenti del Vangelo.

E oggi il Vangelo, appena proclamato, ci ha indicato una strada esigente che suona sempre nuova e che sollecita uno sguardo più ampio, un senso allargato di umanità, una carità più grande. Non più “occhio per occhio” e “dente per dente” ma l’altra guancia da porgere, il mantello oltre la tunica, due miglia da fare insieme, dare a chi chiede e soprattutto “non voltare le spalle” (cfr. Mt 5,38-42).

Una strada esigente, certo, ma da coniugare anche nel tempo attuale, da percorrere anche e soprattutto quando le vicende del mondo – come la guerra tuttora in corso e che ci angustia per tanti motivi – sembrano andare da tutt’altra parte: è insegnamento del Vangelo, da mettere in pratica, con fedeltà, coraggio e creatività.

Sono doti queste – fedeltà, coraggio e creatività – che non dovevano mancare anche a quanti hanno dato vita e reso possibile la centenaria realtà dell’Istituto Berna, ad iniziare dai fratelli Pietro e Maria Berna che pensarono e diedero vita a quest’opera vedendo le sofferenze e le necessità della povera gente e dei ragazzi, in una Mestre ancora ferita dalle conseguenze della prima grande guerra e già agli inizi della convulsa evoluzione che la trasformerà notevolmente nei decenni successivi.

I fratelli Berna misero a disposizione il loro patrimonio (allora valutato in 400mila lire) “per l’erezione di un istituto che raccolga e educhi i fanciulli poveri con particolare riguardo agli orfani di guerra”.

Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il decisivo intervento di don Luigi Orione – che, sulla scia di don Bosco, diede solidità all’opera – e per questo oggi la nostra riconoscenza va in modo particolare a lui, venerato dalla Chiesa come modello esemplare di santità, e a tutti i religiosi di don Orione, specialmente quelli della prima ora e fino ad oggi, che si sono spesi in questo istituto mestrino.

“I fanciulli accolti saranno educati all’onesto vivere cristiano e civile – scriveva nei giorni dell’inaugurazione il primo direttore don Carlo Sterpi -. Frequenteranno le scuole e poi saranno avviati ad un’arte remunerativa secondo le singole loro attitudini onde, cresciuti in età, possano guadagnarsi nella vita un pane onorato”. E partì l’avventura di una scuola caratterizzata fin dal principio per la sua attenzione educativa e per il suo indirizzo all’avviamento professionale.

Far crescere e maturare “buoni cristiani e onesti cittadini”, del resto, era proprio il motto e il filo conduttore della missione di don Orione.

Un’intuizione che potremmo chiamare profetica, una singolare realizzazione di quello sguardo più ampio, di quell’umanità allargata, di quella carità più grande a cui anche il Vangelo odierno ci ha sollecitato.

Avviare e portare avanti quest’opera educativa non deve essere stato semplice a quel tempo e non lo è tuttora, come senz’altro sperimenta il direttore di oggi (don Stefano Bortolato) perché educare è davvero e sempre un’avventura; richiede l’impegno, il coinvolgimento, la preparazione di una persona e di una comunità fatta di tutti i suoi membri nei diversi ruoli (a cominciare dagli insegnanti). E, soprattutto in questi tempi, chiede anche di fare i conti costantemente con l’esigenza della sostenibilità tecnica ed economica.

Il servizio svolto nel campo della scuola e della formazione professionale diventa, quindi, una traduzione concreta di quell’istanza di sussidiarietà che fa parte del cuore della dottrina sociale della Chiesa e che punta a valorizzare al meglio i contesti e le risorse locali, venendo incontro soprattutto a chi rischierebbe di essere escluso o marginalizzato e praticando l’inclusione sociale, ad allargare le opportunità didattico-formative e poi lavorative e dare attuazione all’autonomia e alla libertà scolastica.

Sì, troviamo in quest’opera i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa: la dignità dell’uomo e la valorizzazione delle sue doti personali – che si esplicitano nel tempo dell’educazione, della formazione e, quindi, del lavoro – e poi il contributo al bene comune attraverso la via della sussidiarietà che, appunto, sa coinvolgere e mettere in moto sapientemente – come in un circolo virtuoso – energie, risorse e competenze del territorio.

Il tutto con quel senso di paternità ed accompagnamento spirituale che don Orione aveva insegnato e mostrato con il suo sistema definito “cristiano-paterno”. Diceva infatti: “Paternità vuol dire dedizione assoluta. Ma la paternità nell’ambito educativo non può essere disgiunta dall’autorità” (L. Pangrazi, Il metodo educativo di don Orione, Mestre 1989, manoscritto p 59).

E il tutto, sempre, secondo criteri, insegnamenti e comportamenti di verità ed amore: “Nella scuola è necessario che sia tutto verità ciò che si insegna; quella verità che nutre, che non inaridisce il cuore perché non è mai disgiunta dalla virtù e dalla carità. Ogni vostro insegnamento, dunque, elevi le menti dei vostri alunni a Dio” (Lettera di don Orione / Tortona, 18.10.1939; “Messaggio di don Orione”, Quaderno n. 64, p.7).

Una carità più grande è stata la sfida che don Orione ha sempre avuto davanti ed ha portato a compimento, quella “carità esercitata in tutte le forme e in tutte le circostanze, secondo il principio da lui formulato: «Fare del bene a tutti, del bene sempre, del male mai a nessuno»” (Domenico Sparpaglione, Don Orione, p. 213).

La modernità di quegli insegnamenti, praticati e verificati nel vissuto, sono ben visibili oggi nella circostanza in cui l’Istituto Berna – con le sue attività scolastiche e di formazione professionale – conclude i dovuti festeggiamenti per il suo centenario. È un segno di attenzione che continua verso i bambini, i ragazzi, i giovani del nostro tempo per fornire loro l’aiuto educativo di cui hanno bisogno e prepararli adeguatamente all’ingresso nel mondo del lavoro e… alla vita.

Riecheggiano qui le parole di Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti: “Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa (…). In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo” (Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 162).