Omelia del Patriarca nella S. Messa per la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone e nel ricordo di Santa Giuseppina Bakhita (Venezia / Oratorio S. Giovanni Battista ai Catecumeni, 8 febbraio 2021)
08-02-2021

S. Messa nella Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone e nel ricordo di Santa Giuseppina Bakhita

(Venezia / Oratorio S. Giovanni Battista ai Catecumeni, 8 febbraio 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

A voi presenti e a quanti ci seguono attraverso la diretta di Antenna 3 Nordest o sulla pagina Facebook di Gente Veneta il più cordiale saluto.

Quest’anno, a Venezia, ci è parso bello sottolineare la Giornata mondiale di preghiera contro la tratta e lo sfruttamento delle persone celebrando l’Eucaristia da un luogo significativo.

Siamo, a Dorsoduro, nell’Oratorio di San Giovanni Battista in Rio Terà dei Catecumeni, a pochi passi dalla basilica della Madonna della Salute. In questo Oratorio vi è il fonte battesimale dove – il 9 gennaio 1890 – l’allora Patriarca Agostini amministrò i sacramenti dell’iniziazione cristiana a Giuseppina Bakhita, la “schiava liberata” giunta in città dal Darfur (Sudan occidentale) e che poi pronuncerà i voti religiosi fra le suore canossiane.

Tutta la sua vita è stata un drammatico susseguirsi d’eventi in cui questa piccola grande anima scorgerà, nel tempo, le mani di Dio che tessevano la trama della sua vita. Veramente in lei prendono forma le parole del profeta Isaia: “…i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is. 55,8-9)

Privata degli affetti più cari, rapita, torturata, sottoposta ad ogni prova, eppure la sua vita è segnata dal filo – sottile ma tenacissimo – della Provvidenza e Misericordia di Dio che le fece scoprire nell’unico Signore della vita il vero “Paròn” – come diceva in dialetto veneto -, un Padrone che si rivela Padre amorevole e desidera il bene e la libertà dei suoi figli.

Bakhita fu proclamata Santa da Giovanni Paolo II nell’anno 2000 e poi, nel 2015, Papa Francesco annunciò la prima Giornata mondiale (ed ecclesiale) contro la tratta di esseri umani, contro ogni forma di schiavitù, “legandola” al giorno in cui – l’8 febbraio – la Chiesa universale fa la memoria liturgica di questa Santa.

Papa Francesco così spiega il senso dell’iniziativa e le motivazioni dell’odierna Giornata: “Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, una piaga indegna di una società civile. Ognuno di noi si senta impegnato ad essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità” (Papa Francesco, Angelus dell’8 febbraio 2015).

Santa Bakhita – sono ancora parole del Santo Padre – “conobbe per dolorosa esperienza personale la realtà della schiavitù e le sue conseguenze violente e umilianti. Eppure, per grazia di Dio, arrivò a conoscere la vera libertà e la vera gioia. La sua santità di vita è un richiamo non solo ad affrontare con maggiore determinazione le moderne forme di schiavitù, che sono una ferita aperta nel corpo della società, una piaga nella carne di Cristo e un crimine contro l’umanità, ma anche a imparare dal suo grande esempio” (Papa Francesco, Saluto ai membri della Fondazione Galileo, 8 febbraio 2019).

Siamo invitati a non dimenticare che oggi, nel mondo e fra noi, molte persone sono trattate come oggetto di guadagno, di divertimento o di piacere – sono trattate come merce – e ridotte in schiavitù da altre persone, uomini e donne, che ne distruggono la dignità.

Bakhita – che divenne presto nota come “Madre Moretta” – in queste nostre terre dovette anche subire diffidenze, pregiudizi e ironie di chi (bambini e adulti) vedeva in lei, per il colore della pelle, una sorta di oggetto misterioso o, nel migliore dei casi, un giocattolo strano. Alle bambine che si scostavano da lei perché temevano, magari, di sporcarsi il vestitino rispondeva con soavità e senza mai acredine: “Sono come le altre sai, solo che il sole africano mi ha fatto diventare nera”. E ad altri diceva: “È il Signore, sai, che mi ha fatto così”.

Bakhita ci ricorda innanzitutto che la persona differente da noi – per colore della pelle, provenienza, estrazione sociale o religiosa ecc. – è uguale a noi per dignità, valore e grandezza. Ogni uomo ed ogni donna sono figli e figlie di Dio e noi… siamo tutti fratelli e sorelle! Ma per imparare e vivere ciò è importante che qualcuno lo insegni e ne dia testimonianza concreta e quotidiana; ecco perché, in una società, è decisivo il momento educativo – a partire dai bambini in tenera età – nel rispetto e nell’accoglienza dell’altro, soprattutto quando ci appare diverso o “lontano” da noi.

Rispetto e accoglienza non significano indistinta omologazione; richiedono rispetto e riconoscimento delle persone, rispetto e riconoscimento della storia e della cultura del Paese che accoglie, legalità e condivisione dei principi che stanno alla base delle relazioni tra persone e popoli, il rifiuto di ogni mercificazione delle persone e dei loro corpi, il rispetto che è dovuto insomma ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni bambino, ad ogni persona fragile o in difficoltà.

La prima lettura (Gen 1, 1-19), ci ha presentato i primi quattro giorni della creazione ricordandoci che la creazione è “cosa buona” e nostra casa comune che Dio ha affidato a tutti gli uomini perché sia custodita e porti frutto. Ma la creazione, come ogni casa, dipende da chi la abita e la frequenta ed ecco, quindi, la necessità e l’importanza di coltivare e praticare un’ecologia integrale “ambientale” e “umana”, poiché la creazione stessa è finalizzata e porta all’uomo che rimane – secondo le parole della Genesi – “realtà molto buona”. L’uomo è centro e fine della creazione, voluta da Dio e a lui affidata.

Il Vangelo (Mc 6, 53-56), poi, ci ha mostrato Gesù attorniato da un’umanità malata, sofferente e bisognosa di aiuto, sollievo, liberazione e salvezza che solo Lui, l’unico Salvatore, può veramente offrire. E sappiamo che non vi sono solo le malattie del corpo, ma quelle terribili ed atroci dell’anima che si estendono ai corpi e alle vite delle persone, alle relazioni umane, fino a deturparne la dignità delle persone e violandone il corpo “comprato” come fosse un oggetto.

Il tema scelto per questa VII Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone è, insieme, un monito e una forte esortazione: “Economia senza tratta di persone”.

Vi sono dati allarmanti: c’è un’economia “sommersa” che fa guadagnare più di 150 miliardi di dollari all’anno; nel mondo la tratta coinvolge 40 milioni di schiavi, per il 72% donne e bambine e il 59% sfruttati nell’industria della prostituzione che, oggi, non si svolge più solo o tanto nelle nostre strade o sui marciapiedi ma anche in luoghi al chiuso dove vengono offerti “servizi” e “traffici” molto particolari… Ma dietro questi freddi numeri ci sono storie di vite sfruttate, ferite e violentate di persone ridotte a oggetto e a merce di scambio.

Un’economia e una società che sanno prendere distanza dalla tratta sono economie e società che hanno a cura l’essere umano, vertice del creato, che sanno non sfruttare i più vulnerabili e sanno anche denunciare chi sfrutta. Ora, accanto a uomini che sfruttano le donne e fanno loro violenza, ci sono anche donne che sfruttano e ingannano altre donne. È poi necessario agire sulla domanda, in modo che l’offerta non abbia più senso: sì, perché vi è una responsabilità dei “clienti” di tutte le forme – anche più sottili e nascoste e, per questo, non meno gravi – di prostituzione. Le leggi sono prodotte dall’uomo e a lui devono il rispetto fondamentale.

Con questa celebrazione – che si tiene nel luogo dove santa Giuseppina Bakhita divenne cristiana – con la nostra preghiera chiediamo la sua intercessione affinché soccorra coloro che oggi “sono intrappolati nella schiavitù” e possano essere liberati dalle catene.

Aiuti tutti a fare la loro parte per lenire le ferite di tanti che sono in stato di schiavitù e sfruttamento. Il loro grido non sia senza risposta.