Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali di don Guido Bucciol (Jesolo / Chiesa parrocchiale San Giovanni Battista, 25 giugno 2020)
25-06-2020

S. Messa per i funerali di don Guido Bucciol

(Jesolo / Chiesa parrocchiale San Giovanni Battista, 25 giugno 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi presbiteri, diaconi, fratelli e sorelle,

alle prime luci dell’alba di sabato 20 giugno – nella sua casa di Jesolo – don Guido ci ha lasciato, chiamato dal Padre che sta nei cieli e che, con saggezza e amore, dispone i tempi del vivere e del morire. Lui sa quando, per ciascuno di noi, è giunto il momento opportuno di sciogliere le vele.

Per un discepolo di Gesù tutto è grazia e nulla è affidato al caso; tutto è Provvidenza, anche il momento dell’ultima chiamata.

Le nostre più vive condoglianze alla sorella Rosetta che ha assistito don Guido, con amore e dedizione, fino all’ultimo momento; siamo vicini a Lei e a quanti hanno voluto e vogliono bene al nostro caro don Guido. Siamo loro vicini non solo sul piano umano ma, in particolare e soprattutto in questo momento, su quello cristiano con la nostra preghiera fiduciosa.

Don Guido era nato ad Oderzo, ottant’anni fa, ed era stato ordinato presbitero il 4 luglio del 1965; fra pochi giorni avrebbe festeggiato i cinquantacinque anni di sacerdozio.

Molti lo ricordano, con gratitudine, nella sua veste di educatore, di cappellano e di parroco. Fu anche appassionato studioso; ricordo tra l’altro la sua tesi in Teologia pastorale, su “La democrazia in Giuseppe Toniolo”, che gli valse il premio “Una vita con Giuseppe Toniolo”, ricevuto a Pieve di Soligo nel 2017.

Da otto anni lottava con forza, determinazione e fede contro un male che, progressivamente, si era impossessato del suo fisico, sempre più indebolito, ma che non era riuscito ad impossessarsi della sua anima tenace, forte, combattiva e, talvolta, prorompente.

La prima lettura che abbiamo ascoltato era tratta dal libro dell’Apocalisse che, come sappiamo, attraverso il genere letterario “apocalittico” e profetico delinea la vita futura dei cristiani sino alla fine del mondo.

Qui l’apostolo Giovanni descrive la vita terrena dei discepoli del Signore come una vera lotta, una testimonianza – anche drammatica – resa al Signore Gesù che, proprio all’inizio del libro dell’Apocalisse, viene definito “il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra” (Ap 1,5).

La testimonianza al cristiano viene richiesta soprattutto nel tempo della sofferenza e della prova. Don Guido, nella sua malattia, è stato testimone di un legame forte che lo univa al Signore Gesù, testimone di una piena appartenenza, senza cedimenti, soprattutto nel momento in cui il male infieriva e lo indeboliva ma, insieme, lo fortificava nello spirito.

La prima lettura termina – come abbiamo ascoltato –  con il primo versetto del capitolo 21, in cui l’autore ispirato dice: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più” (Ap.21,1).

In questo versetto, in un istante, viene completamente ribaltata la situazione poco prima descritta: una situazione di grande sofferenza e lutto. Si parlava, infatti, di morti “grandi e piccoli” e del mare che restituisce tutti i defunti che custodiva.

Sì, lo scenario cambia radicalmente e in modo repentino. Alla fine, si parla del cielo nuovo e della terra nuova mentre, il cielo e la terra di prima – testimoni dei lutti, delle sofferenze e delle morti – sono scomparsi.

Il testo annota pure che era scomparso il mare che si caratterizza per il moto ondoso, simbolo della umana caducità, del divenire e, quindi, del morire; le onde indicano il tempo che fluisce, scorre e fugge via con i suoi successi effimeri, con i suoi affanni, con i suoi contrasti.

Nel fluire del tempo siamo chiamati a comprendere che la verità sulla nostra persona è l’umiltà, il ridimensionamento del proprio io, il riconoscere i propri limiti; questa è la saggezza umana e cristiana che ci viene insegnata nel testo del Vangelo.

Il mare – non dimentichiamolo – è pure il luogo del pericolo, in cui il navigante sa che deve lottare con la forza dei venti e delle onde. Questo richiamo al mare, alla navigazione, mi ha fatto venire alla mente i lunghi anni di sofferenza e di lotta affrontati da don Guido con energia e carattere e, lo ripeto, soprattutto con fede.

Il Vangelo, come già accennato, ci dischiude le profondità del pensiero di Gesù; si tratta di un crescendo, di una vera effusione del suo animo filiale in cui ci rivela il suo pensiero più intimo che, dall’eternità, lo unisce al Padre.

Si tratta di una commovente preghiera, una confessione che ci introduce nel legame intimo che da sempre vige fra il Padre e Figlio: “In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…  Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,25.28-30).

Carissimi, qui Gesù con frasi incisive – quasi delle brevi pennellate – ci mette a parte di quello che ai suoi occhi ha valore eterno, ossia continuerà a contare anche dopo la breve stagione della vita terrena, ovvero quello che avremo fatto con cuore mite e umile e che i sapienti e i dotti del modo non comprendono. Per l’eternità rimane in benedizione quanto, nella nostra vita, abbiamo “intriso” di carità.

Rendiamo grazie a Dio per questa bella pagina del Vangelo che ci rende tutti grandi nel momento in cui ci riconosciamo piccoli. Grandi si è agli occhi di Dio quando si sa d’essere piccoli agli occhi degli uomini.

In un testo che riporta un corso di esercizi spirituali predicati a dei preti, Divo Barsotti scrive: “La salvezza del mondo sarà sempre opera di Dio: e tu non puoi ottenerla da Dio che con la tua preghiera e con tuo sacrificio. Si crede troppo all’attività umana. L’attività umana in tanto vale in quanto è intrisa di carità, in quanto continua e fa presente la preghiera che ci unisce a Dio” (Divo Barsotti, Sacerdoti per la salvezza del mondo, p.86).

Carissimo don Guido, ti affidiamo alla cura materna della Beata Vergine Maria e, mentre camminiamo ancora nella fede, ti assicuriamo la nostra preghiera di suffragio.