Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali del diacono Franco Scantamburlo (Carpenedo / Chiesa Ss. Gervasio e Protasio, 24 settembre 2020)
24-09-2020

S. Messa per i funerali del diacono Franco Scantamburlo

(Carpenedo / Chiesa Ss. Gervasio e Protasio, 24 settembre 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

la vostra presenza dice già molto del carissimo diacono Franco.

Desidero, prima di tutto, rivolgere un affettuoso saluto e le condoglianze più sentite – mie e dell’intera Chiesa che è in Venezia – alla sposa, la cara signora Marisa e ai figli Teresa e Matteo che oggi, insieme a noi, rivolgono nella fede l’ultimo saluto terreno al carissimo marito e papà Franco, diacono. Esprimo anche una vicinanza particolare alla comunità dei nostri diaconi mentre ringrazio don Gianni, don Danilo e il diacono Tiziano per i loro interventi.

Quando il Signore chiama, il discepolo – il discepolo buono e fedele – risponde. E il Signore può chiamare anche improvvisamente, senza speciali preavvisi e in maniera non umanamente programmata o programmabile perché – ce lo ripeteva anche una delle letture della Messa di domenica scorsa – “le mie vie sovrastano le vostre vie – dice il Signore -, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,9).

Di fronte al mistero della vita e della morte, il Vangelo di oggi diventa un ammonimento per tutti: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa… Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12,35.40).

“Estote parati – Siate pronti”: così è stato anche per il carissimo diacono Franco, il quale ha ricevuto in modo repentino la visita del Signore che lo ha chiamato a sé in brevissimo tempo.

Accanto al dolore umano, una morte improvvisa lascia sempre un certo senso di sgomento. Eppure di fronte alla bella figura di Franco possiamo affermare che lui certamente, in qualche modo, era preparato ed è arrivato pronto all’incontro con il Signore, con lo sguardo sereno e mite, con il sorriso di sempre – lo ricordo così anche nell’ultimo incontro avuto con lui a Cavallino appena pochi giorni prima della morte, ricordiamolo tutti così! -, con una vita condotta nella fedeltà al Signore e alla Chiesa, nell’amore e nella gioia per la bella famiglia che ha saputo costituire con la moglie Marisa (con cui nei mesi scorsi aveva raggiunto e superato, ma non ancora festeggiato a causa del Covid, i primi 50 anni di matrimonio) e poi con i figli Teresa e Matteo che, anch’essi e in vario modo, hanno raccolto il testimone del servizio e dell’impegno associativo laicale.

In questa esistenza benedetta, quotidianamente e profondamente cristiana, si sono poste per Franco le basi per far nascere e fiorire la vocazione al servizio diaconale che – una volta ordinato l’11 novembre 1995 – ha svolto sempre con fedeltà, dedizione e generosità prestando servizio inizialmente nella parrocchia di S. Maria della Speranza di Mestre (oggi Santuario della Madonna della Salute) e nella vicina Casa di riposo dove ha continuato a svolgere la sua opera, almeno fino al periodo pre-Covid e quindi, finché ha potuto, anche coordinando gli altri volontari lì presenti. E poi, da parecchi anni, si era inserito qui a Carpenedo collaborando con questa comunità che ha imparato sempre più a stimarlo e a volergli bene.

Ha amato moltissimo il suo essere diacono – l’essere, quindi, servo del Signore, specialmente a servizio dei più poveri e deboli, e testimone della Sua carità e misericordia – come pure amava moltissimo la comunità diaconale, la Chiesa di Venezia e il Patriarca.

Per tutto questo, pur di fronte al dolore per un distacco così improvviso, immediatamente subentra un senso di consolazione, affetto e gratitudine per quanto Franco ha operato da “umile lavoratore della vigna del Signore”, spesso in silenzio, con delicatezza e discrezione, ma anche con la gioia e la contentezza di essere, in tal modo e per tanti, segno vivo di Dio che è insieme amore e verità, giustizia e misericordia, sommo bene e vera pace.

Sì, possiamo essere sicuri che Franco era preparato perché portava nel cuore la speranza cristiana che, per il discepolo del Signore, prima di essere una virtù della persona è una certezza e un fatto, ossia la persona stessa di Gesù, il Crocifisso davvero Risorto.

In questo momento riaffermiamo, perciò, insieme la nostra fede e la nostra speranza nella risurrezione: “…come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! (…) ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15, 12-13.17-20).

Per ogni cristiano la verità e la realtà – il criterio primo e ultimo –  sono Gesù Cristo stesso e quindi la mia, la nostra verità e realtà più profonda è quella di essere in Cristo e rimanere di Cristo, nel suo amore e nella sua verità, al punto da poter dire con san Paolo: “Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita per essere il Signore dei morti e dei vivi” (Rm 14,8-9). E il nostro diacono, con forza, ha sperato sempre nel Dio dei Viventi.

Esprimiamo con riconoscenza la nostra preghiera di suffragio per il carissimo diacono Franco e confidiamo davvero che il Signore lo abbia trovato pronto e subito accolto nella gioia del Paradiso.

La morte e la risurrezione di Cristo – in cui è inscritta anche la nostra morte e risurrezione –  e che il diacono Franco ha tante volte annunziato nel suo ministero, servendo all’altare e nella vita familiare, professionale ed ecclesiale, continui ad illuminare, allietare e consolare tutti noi ed in particolare quanti gli sono stati più vicini e cari.

In questi momenti il silenzio vale più delle parole. Una parola, tuttavia, desidero farla risuonare con forza – cara Signora Marisa, cari Teresa e Matteo – ed è quella che Gesù rivolge, nel Vangelo di Matteo, al servo fedele e che, penso, il vostro e nostro carissimo Franco abbia ascoltato nel momento dell’incontro: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,23).