Omelia del Patriarca nella S. Messa nel Mercoledì delle Ceneri (Venezia - Basilica Cattedrale di San Marco, 6 marzo 2019)
06-03-2019

S. Messa nel Mercoledì delle Ceneri

(Venezia – Basilica Cattedrale di San Marco, 6 marzo 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fedeli,

con questa celebrazione noi sentiamo già il gusto della Pasqua. Una Pasqua si vive se la si è preparata e la Quaresima – secondo Leone Magno – sono gli esercizi spirituali della Chiesa.

Abbiamo iniziato con la preghiera della Colletta ed abbiamo omesso l’atto penitenziale perché sarà sostituito dal rito delle Ceneri. La preghiera della Colletta ha un respiro che ci introduce già al centro e nel cuore della Quaresima: “Concedi, Signore, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione per  affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male”.

Nella liturgia la fede diventa preghiera; la liturgia, infatti, è luogo espressivo della fede della comunità, della Chiesa, e in questa preghiera siamo avvertiti ed accompagnati: dobbiamo iniziare come popolo, non individualmente o per ordine sparso, ma come Chiesa che inizia un cammino di digiuno.

Eloquente è il Vangelo secondo Matteo con il trinomio preghiera, digiuno/penitenza, elemosina. Nel momento in cui noi non teniamo unita questa triade, noi non facciamo Quaresima. Certo la Quaresima è una grazia, un dono, ma è un dono a cui noi dobbiamo rispondere.

La seconda lettura di oggi, san Paolo ai Corinzi dice: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). Dio è misericordia ma chiede la nostra conversione. E allora con la triade espressa nel Vangelo di Matteo, vissuta – come Matteo chiede – attraverso la penitenza, attraverso l’elemosina e attraverso la preghiera, si riattiva il rapporto con Dio.

Ecco perché gli uomini non devono sapere se digiuniamo o no, ecco perché la tua destra non deve sapere cosa fa la tua sinistra: quello che conta, in Quaresima, è recuperare il rapporto con Dio. Dio o è il Signore della nostra vita, o non è Dio.

La liturgia ci fa dire nel canto del Gloria: “Tu solo il Signore”. Ma è proprio vero che Lui è il Signore della nostra vita? La Quaresima è quella grazia, quel dono, quel cammino, quello strumento, quella preghiera, quel cammino ecclesiale che ci porta a rimettere Dio al centro della nostra vita.

È un popolo che si muove, con una convinzione: dobbiamo riscoprire Dio e lo riscopriamo nel momento in cui ci riconosciamo peccatori, bisognosi della Sua misericordia.

La preghiera è stare alla presenza di Dio. La preghiera non può non essere l’inizio della giornata del cristiano, la preghiera non può non essere il momento in cui si conclude la grazia del giorno trascorso.

L’offerta – l’elemosina -, se la vogliamo vivere in modo quaresimale, deve essere sottrarre qualcosa al nostro benessere. E, allora, è importante che ciò che diamo in digiuno diventi carità.

Nessuno di noi è nella situazione, credo, di non avere il necessario o avere proprio lo stretto necessario per arrivare alla fine del giorno o del mese. La Chiesa ci domanda, invece, di fare questa operazione: quello di cui ti privi, lo devi donare e quello che doni è qualcosa che ti togli, pur magari avendo la possibilità di avere molto più del necessario.

Dobbiamo avere “fame” di Dio. Nella prima domenica di Quaresima sarà proclamato il Vangelo delle tentazionidi Gesù (Lc 4, 1 -13). E ascolteremo queste parole: “Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo»” (Lc 4,3-4).

I quaranta giorni diventano segno del cammino di Gesù, del cammino del popolo ebreo nel deserto, i quaranta giorni trascorsi da Mosè sull’Oreb: tutto nella Chiesa è segno, è simbolo ed è realtà.

Tra poco compiremo il gesto austero delle Ceneri; è un “sacramentale” cioè legato alla fede con cui la persona riceve ed accoglie questo segno accompagnato dalle parole: “Convertiti e credi al Vangelo”. Un po’ di cenere mi ricorda che oggi ci sono e domani non ci sarò più poiché, come dice il salmo, l’uomo e i suoi giorni sono come l’erba del campo: “…al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca” (Sal 89,6).

Sì, la nostra vita è un battito di ciglia. Facciamo in modo che sia un battito d’ala verso l’alto.

Ci prepariamo alla notte della risurrezione e incontreremo prima la Settimana santa. Riscopriamo il pio esercizio della Via Crucis chiedendo al Signore che ci faccia capire perché, nel piano di Dio, l’umanità del Verbo doveva vincere soccombendo. La croce è questo: vincere soccombendo. E il perdono è la grande vittoria di chi sembra soccombere.

La Quaresima è una scuola, è un cammino, è un  pellegrinaggio in cui siamo chiamati a scoprire le sorprese della grazia di Dio nellla nostra vita e nella vita della Chiesa.