Omelia del Patriarca nella S. Messa in occasione della festa di S. Lucia (Venezia / Chiesa Ss. Geremia e Lucia, 13 dicembre 2018)
13-12-2018

S. Messa in occasione della festa di S. Lucia

(Venezia / Chiesa Ss. Geremia e Lucia, 13 dicembre 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Ringrazio le autorità presenti e saluto i confratelli nel sacerdozio che vedo qui numerosi; ringrazio in particolare don Renzo Scarpa che fino a poco fa è stato il parroco di questa chiesa e saluto don Gianmatteo Caputo che è il nuovo rettore.

La festa di Santa Lucia per me è sempre – e continua ad essere – una giornata particolarissima, bella, desiderata, al termine della quale ringrazio il Signore perché – come dice la tradizione, forse non aggiornatissima ai dati della geografia planetaria – è la giornata più breve (più piccola); è la giornata in cui il sole dura meno ma è anche la giornata in cui il sole incomincia a prendere la sua rivincita. Ed è la festa della nostra patrona.

Vengo dalla stazione ferroviaria – che porta il nome di questa santa martire – dove abbiamo appena benedetto un’effigie molto bella di Santa Lucia. La più antica testimonianza che abbiamo di lei è una piccola pietra di marmo – poco più di 20 cm per lato, quasi un quadrato – che si trova nelle catacombe di San Giovanni a Siracusa, la catacomba più importante, più nota, più visitata.

Questa santa si celebra dal quarto secolo e, quindi, da una data antichissima, da subito, da quando visse e morì. E dal quinto secolo è una delle sette donne che entrano nella preghiera eucaristica prima – il canone romano -; dal sesto secolo la sua festa viene celebrata a Roma e questo ci vuol dire che è una festa cattolica, universale.

Noi, quindi, abbiamo un grande privilegio e dobbiamo far fiorire questo tempio non solo nella bellezza, nella pulizia e nella luminosità fisica ma anche nel renderlo veramente un tempio di preghiera, un luogo di incontro con Dio. I santi hanno proprio questa funzione: facilitare il nostro incontro con Dio perché intercedono per noi, perché sono un esempio e perché ci dicono che anche noi possiamo diventare santi.

Lucia è una martire e il martirio è la carta distintiva del cristiano. Anche se talora ce ne dimentichiamo, il battesimo che abbiamo ricevuto tutti è stata una promessa che abbiamo fatto e poi abbiamo anche ratificato. Quasi tutti noi abbiano ricevuto il battesimo da bambini, anche se sabato scorso ho avuto la gioia di amministrare il battesimo ad un giovane di 20 anni… In genere, però, lo si riceve e poi questa scelta – che viene fatta da dei genitori cristiani – viene ratificata nella confermazione (che è il nome forse più esatto della cresima).

Noi, quindi, abbiamo confermato le promesse battesimali che sono come un contratto e un impegno in cui abbiamo detto due cose fondamentali: prometto e rinuncio; rinuncio al male, alla menzogna e all’egoismo, prometto Gesù Cristo, cioè prometto tutto quello che io vedo come bene nella mia vita. È un cammino, quello del battezzato, e i martiri sono coloro che hanno onorato fino in fondo il loro battesimo.

Noi molte volte siamo in difficoltà quando ci confessiamo ma il nostro esame di coscienza fondamentale dovrebbe essere questo: gli altri si accorgono che io sono cristiano o no? Io – come cristiano – sono per gli altri, per il mondo, un’obiezione, una domanda, un “perché” oppure ho magari 50 / 60 anni e nessuno si è ancora accorto che sono cristiano?

Ripensiamo al nostro battesimo, alla nostra carta d’identità, al nostro distintivo; noi abbiamo promesso qualcosa e abbiamo rinunciato a qualcosa. Il martire è colui che ha vissuto seriamente quel “prometto” e quel “rinuncio”.

Poche settimane fa abbiamo celebrato la festa della Salute e abbiamo cercato di dare un segno per dire a quei cristiani che, grazie a Dio, non hanno a che fare con la persecuzione che ci sono invece tante zone nel mondo in cui dei nostri fratelli vanno in chiesa, alla domenica, per la Messa e non sanno se ritorneranno a casa… Salgono su un pullmino, vengono fatti scendere, si domanda loro se sono cristiani e, se dicono di sì, si dice loro: rinneghi la tua fede, Gesù Cristo, il Crocifisso? E qui uno deve decidere: sì o no… Se dice sì può risalire sul pullmino. Se dice no – io non tradisco Gesù Cristo! – il suo destino è segnato…

Cari fedeli, noi oggi non stiamo celebrando un ricordo storico ma una santa, una martire e, soprattutto, dobbiamo ricordare oggi che 250 milioni di cristiani nel mondo (circa il 10%) sono sotto persecuzione ogni giorno e rischiano la vita. E noi cristiani – uso malvolentieri questa parola – “fortunati” che cosa facciamo per questi nostri fratelli?

Noi abbiamo e viviamo una vita troppo comoda e pensiamo molto a noi stessi; qui parlo per me stesso innanzitutto ma faccio una riflessione a voce alta che penso che possa servire a tutti. Non sono forse, e parlo a me innanzitutto, un “buon cristiano in pantofole”?

Il martirio non è una realtà che si è chiusa con Agata e Lucia; è una realtà che ritorna continuamente anche se il mondo dell’informazione non ne parla, ne parla ad intermittenza o non ne dà molto risalto. Qualche volta, però, delle informazioni bussano alla nostra porta, quella della televisione, e guardando lì sappiamo come vanno le cose nel mondo e veniamo a sapere che in Egitto, in Sudan, in Iraq, in certe zone dell’Asia si muore, si muore come è morta Lucia, per essere fedele al proprio battesimo.

Riscopriamo, dunque, le radici cristiane della nostra vita e riscopriamole con la gioia della testimonianza; riscopriamo che il battesimo è una responsabilità. Siamo battezzati per annunciare agli altri Colui al quale apparteniamo, come Lucia che ha voluto promettere ed essere sempre fedele alla sua promessa.