Omelia del Patriarca nella S. Messa in occasione del centenario dello scoutismo a Mestre (Mestre / Campi del Sole, 21 maggio 2022)
21-05-2022

S. Messa in occasione del centenario dello scoutismo a Mestre

(Mestre / Campi del Sole, 21 maggio 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissime amiche e amici scout,

vi saluto e ringrazio per l’invito alla “festa del secolo” (così l’avete chiamata) per ricordare tutti insieme – scout di ieri, di oggi, di sempre – il centenario della presenza dello scoutismo a Mestre.

Saluto anche i confratelli sacerdoti, che vi seguono come assistenti, e le autorità presenti.

È davvero un anniversario da festeggiare perché sono stati 100 anni in cui le varie sigle si sono spese, nei diversi ambiti associativi, a servizio dell’uomo concreto – bambini, ragazzi, giovani, adulti, famiglie – per aiutare tutti a crescere umanamente e nella fede cristiana, inseriti nel territorio di cui fanno parte.

“Insegnare ai bambini a diventare uomini, insegnando agli uomini a ritornare bambini”, amava ripetere uno dei grandi fondatori dello scoutismo cattolico, padre Jacques Sevin, gesuita e dichiarato Venerabile della Chiesa una decina d’anni fa.

La vocazione tipica dello scoutismo cattolico è, infatti, proprio quella di formare dei cristiani e dei cittadini, capaci di relazionarsi con gli altri e, ovviamente, col creato, in grado d’essere testimoni credibili del Vangelo e di offrire una presenza propositiva nella società, dando valore e spazio all’azione e allo stile del volontariato, incarnando così quotidianamente e in modo autentico le linee portanti della dottrina sociale della Chiesa, a cominciare dalla sussidiarietà.

Nella liturgia della Parola che è stata appena proclamata ed in particolare nel Vangelo (Gv 14,23-29) abbiamo ascoltato Gesù che, accomiatandosi dai suoi discepoli dice: “…il Paràclito – il Consolatore –, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26).

”Ricordare”, nel linguaggio giovanneo, non significa tanto richiamare psicologicamente degli eventi passati, ma renderli “vivi” ricevendo una capacità di leggerli in profondità e secondo una fedeltà più grande all’evento vissuto e alla parola annunciata da Gesù.

Si tratta, insomma, di un ricordo fedele e creativo eppure, tante volte, nella comunità cristiana e tra i discepoli del Signore, non si riesce a tenere uniti questi due elementi: fedeltà e creatività.

Fedeltà significa che ci si riferisce a Gesù e non ad altro o ad altri; non si dicono altre cose, si dice Gesù. Creatività significa che quanto Gesù ha detto lo si deve affermare declinato e introdotto in un contesto d’attualità, spazio-temporale, differente rispetto a quello dei Vangeli.

Un esempio chiarificatore ci è venuto dalla prima lettura – tratta dagli Atti degli Apostoli (At 15,1-2.22-29) – che ci ha presentato i risultati del Concilio di Gerusalemme. Già allora vi era la necessità di rimanere fedeli tra sensibilità ed esigenze diverse che emergevano nella prima Chiesa.

San Paolo è incline ad un’apertura piena e immediata nei confronti dei pagani; san Pietro è cauto rispetto a tale apertura ed ha uno sguardo attento anche alla parte giudaizzante. Poi c’è l’azione di Giacomo, “vescovo” di Gerusalemme, che punta ad un’apertura secondo la verità del Vangelo con una modalità che potesse essere accolta e condivisa da tutti.

Fedeltà e creatività, sempre insieme, dunque. È facile essere creativi anche nel senso di una grande originalità, ma autoreferenziale, da parte di un gruppo o anche di un singolo. D’altra parte, la fedeltà rischia di non essere quella memoria “viva” che sa leggere in profondità l’evento da annunciare e vivere.

“La testimonianza di Gesù è lo spirito di profezia” (Ap 19,10), ci dice il libro dell’Apocalisse – il libro “aperto” sulla Chiesa e sulla storia del mondo – e la “profezia”, allora, è autentica se è riferita e se rimanda sempre all’evento di Cristo, se è testimonianza della fedeltà di Gesù al Padre e alle Sue parole.

La testimonianza e le parole di Gesù portano alla Pasqua, all’evento salvifico che è sempre attuale, anche in contesti lontani nel tempo e nello spazio. L’evento di Gesù deve essere continuamente fatto proprio e incarnato/vissuto dalla comunità cristiana ed anche, quindi, da una realtà associativa così radicata e diffusa come lo scoutismo cattolico.

Termino facendo mie e affidando a ciascuno di Voi le parole della bella preghiera, composta in origine da Sant’Ignazio di Loyola, e divenuta poi celebre tra gli scout in quanto musicata da padre Sevin: “Signore Gesù, insegnaci ad essere generosi, a servirti come lo meriti, a dare senza contare, a combattere senza pensiero delle ferite, a lavorare senza cercare riposo, a prodigarci senza aspettare altra ricompensa, con la coscienza di fare la tua santa volontà”.

Buona “festa del secolo”, a voi scout di oggi, di ieri e di domani. Buona strada a tutti!