Omelia del Patriarca nella S. Messa in apertura del congresso provinciale Acli di Venezia (Zelarino / Centro pastorale card. Urbani, 5 settembre 2020)
05-09-2020

S. Messa in apertura del congresso provinciale Acli di Venezia

(Zelarino / Centro pastorale card. Urbani, 5 settembre 2020)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi amici delle Acli della provincia di Venezia,

sono lieto di celebrare oggi con voi l’Eucaristia in questo momento che, di fatto, apre la vostra giornata congressuale. E – lo sapete bene –vivere insieme questo atto non è (e non può essere) mai un qualcosa di puramente formale o “di cornice” a tutto il resto, pur importante.

Una comunità che celebra l’Eucaristia diventa quella parte di umanità che si lascia plasmare da Gesù Cristo, il Risorto e il Vivente; è Lui, l’unico Salvatore, realmente presente nei segni del pane spezzato e del vino effuso, che plasma la Chiesa intera ed ogni battezzato e sostiene nel cammino concreto e negli specifici impegni specifici della vita.

Il termine “Eucaristia” richiama immediatamente il rendere grazie, la capacità di saper accogliere, riconoscere e vivere nella nostra esistenza il dono per eccellenza, la grazia delle grazie, che è Gesù stesso. Celebrare l’Eucaristia, allora, non significa estraniarsi ma piuttosto entrare nella realtà più profonda e vera.

Saper ricevere e saper ridonare – sempre con gratitudine, equanimità, senso di condivisione e solidarietà – è la strada, senza mai precludere nulla, senza gonfiarsi di orgoglio o, peggio, favorire qualcuno a scapito di qualcun altro come ricordava anche san Paolo nella prima lettura di oggi parlando dei misteri della fede e dei doni di Dio: “Chi (…) ti dà questo privilegio? Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?” (1Cor 4,7).

Solo a partire dall’Eucaristia possono nascere comunità e persone “eucaristiche” che sanno rendere grazie al Padre, in Gesù Cristo, attraverso lo Spirito Santo e che, di conseguenza e con il suo aiuto, possono amare tutti, saper fare discernimento (e ce ne sarà tanto bisogno in questo tempo!) e venire realmente incontro a tutti – soprattutto a chi è più fragile o rischia di essere penalizzato, scartato e non incluso quindi nella piena vita sociale delle nostre città – favorendo così azioni, contesti, stili e gesti quotidiani di giustizia, di integrazione, di solidarietà e di carità, ben consapevoli che è in questo terreno che si generano anche quelle preziose e indispensabili virtù civili che costituiscono la base e il futuro di ogni società.

So bene che in questo tempo di pandemia le Acli – e in particolare, ma non solo, le vostre strutture di servizio – sono state e sono tuttora fortemente sollecitate e chiamate ad un grande lavoro che è insieme di carità e di giustizia, di sollecitudine personale e comunitario, di fedeltà concreto ed impegno quotidiano a favore del bene comune, soprattutto in tempi difficili e quando le circostanze e le condizioni socio-economiche mettono e metteranno a dura prova tantissime persone e famiglie perché sono e saranno in difficoltà molte imprese. E così, quando manca il lavoro, manca il sostentamento primo… Si sta innestando un effetto-domino e dobbiamo esserne consci, con quell’ottimismo cristiano che non si nasconde le difficoltà del momento presente.

Ringrazio, tra l’altro, le Acli provinciali di Venezia per l’importante collaborazione offerta nel supportare ed accompagnare le persone nelle richieste di accesso al Fondo San Nicolò, lo strumento messo in campo di recente dal Patriarcato per dare un sostegno economico a persone e famiglie che – proprio a causa dell’emergenza coronavirus – hanno subito lo scotto della riduzione delle possibilità di lavoro e, quindi, anche della capacità di sostentamento.

Carità e giustizia nella vita sociale camminano insieme. Sì, perché la carità autentica – a livello interpersonale, familiare e comunitario – non annulla mai né rende secondaria la giustizia, piuttosto la esige, la presuppone ed ha cura che sia rispettata e valorizzata.

Già il Concilio Vaticano II, nel decreto sull’apostolato dei laici, affermava l’importanza dell’azione caritativa e contemporaneamente la necessità che “siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventino sufficienti a se stessi” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, n.8).

C’è bisogno oggi più che mai di “ricostruttori” del tessuto sociale, politico, economico e nel campo del lavoro. C’è, infatti, tanto bisogno di chi si fa carico degli altri, di chi sa riedificare e ristrutturare e non solo picconare o disfare. E voi delle Acli, in questo campo, avete molto da dire e da offrire, sia in termini di responsabilità e competenze che di carismi e doni da mettere a disposizione di tutti, delle singole persone e di un’intera società.

Certo, le opere di ricostruzione e di riparazione non sono mai facili e semplici, soprattutto in contesti di cambiamenti epocali che toccano il mondo dell’economia e del lavoro, la cultura e la nostra vita sociale quotidiana. Ricostruire e riparare significa spesso immaginare forme nuove e differenti d’intervento, di pensiero, di azione e di “traduzione” dei principi originari: la dignità della persona, la destinazione universale dei beni, i principi di sussidiarietà (che valorizza i corpi intermedi) e solidarietà, la scelta preferenziale per i poveri.

È in qualche modo un rigenerare e un reimpastare intuendo modalità nuove di vitalità e di fedeltà (pensiamo alle vostre tre grandi e belle “fedeltà”: ai lavoratori, alla democrazia, alla Chiesa!).

Credo che questo valga in modo particolare, oggi, anche per voi – carissimi amici delle Acli – nel momento in cui state vivendo questo percorso congressuale (reso sicuramente più travagliato e complicato dal Covid-19…) che giunge ad oltre 75 anni dalla fondazione dell’associazione e che avete sintetizzato nel motto “Acli 2020. Più eguali. Viviamo il presente, costruiamo il domani”, per porre così l’accento sulla necessità di riconfermare e moltiplicare il vostro impegno per una società più giusta e a misura di persona, di ogni persona.

Ma per far questo è importante saper agire insieme – nella forma associata che vi appartiene – ed anche ripartire ogni volta da un’opportuna, continua e umile opera di revisione e conversione al primato e alla signoria di Dio su tutti noi e su tutte le cose – “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”, diceva Gesù nel Vangelo proclamato stamattina durante una delle controversie con i farisei (Lc 6,5) – e questo movimento di conversione che non è mai un fatto o un atto solo spirituale o personale poiché finisce poi per concorrere alla trasformazione e alla redenzione di tutti.

“Libertà, creatività, partecipazione e solidarietà. Queste caratteristiche fanno parte della storia delle Acli – diceva Papa Francesco proprio a voi qualche anno fa -. Oggi più che mai siete chiamati a metterle in campo, senza risparmiarvi, a servizio di una vita dignitosa per tutti” (Papa Francesco, Discorso alle Acli in occasione del 70° anniversario di fondazione, 23 maggio 2015). Una vita giusta e dignitosa per tutti, soprattutto per chi non ce la fa da solo, per chi è più povero e fragile. Per fare tutto questo, c’è davvero bisogno di cristiani laici impegnati a costruire o a ricostruire strade di ritrovata giustizia, solidarietà e fraternità umana.

Faccio mio l’invito che il Santo Padre Francesco vi fece in quella stessa occasione: “Il vostro impegno abbia sempre il suo principio e il suo collante in quella che voi chiamate ispirazione cristiana, e che rimanda alla costante fedeltà a Gesù Cristo e alla Parola di Dio, a studiare e applicare la Dottrina sociale della Chiesa nel confronto con le nuove sfide del mondo contemporaneo” (Papa Francesco, Discorso alle Acli in occasione del 70° anniversario di fondazione, 23 maggio 2015).

Il Vangelo del lavoro, efficacemente proposto dalla dottrina sociale della Chiesa, non è esaurito ed è affidato di nuovo oggi a tutti noi ed anche a voi della Acli in modo particolare.

Siate perciò sempre consapevoli dell’importanza di quanto state compiendo e quanto ancor più potete compiere – nei diversi ambiti di servizio che vi contraddistinguono – a favore di un corretto agire sociale e di un bene comune che è realmente tale quando lo si coglie in relazione alla persona, al suo valore e alla sua dignità, e alle sue esigenze e caratteristiche fondamentali.

Desidero richiamare, infine, la bella preghiera di colletta che ho recitato poco fa a nome di tutta l’assemblea, all’inizio di questa celebrazione eucaristica: “O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza”. Sia questo anche il miglior augurio per i vostri lavori odierni, per la buona conclusione del percorso congressuale e, specialmente, per quanto di bene potrete fare con il vostro impegno quotidiano – presente e futuro – nel nostro territorio e nella nostra Chiesa.