Omelia del Patriarca nella S. Messa e processione in occasione della Festa della “Madonna di Marina” (Malamocco / Chiesa parrocchiale S. Maria Assunta, 9 luglio 2017)
09-07-2017

S. Messa e processione in occasione della Festa della “Madonna di Marina”

(Malamocco / Chiesa parrocchiale S. Maria Assunta, 9 luglio 2017)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi, caro don Cesare,

ti ringrazio per le parole che hai rivolto a me e hai rivolto a tutta l’assemblea. Grazie anche per la tua “rivisitazione” del significato di questa festa, che è sempre utile alla nostra memoria, anche in rapporto al Vangelo che abbiamo ascoltato.

Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato termina così: ”…imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Gesù ci parla della mitezza e dell’umiltà e dobbiamo considerare                   una cosa: per il discepolo del Signore la mitezza non è sinonimo di debolezza, l’umiltà non è sinonimo di imbecillità, la persona umile e mite non è una persona fragile!

Prendo spunto da quel quadro che vediamo sopra la statua della Madonna di Marina, di cui oggi celebriamo la festa e il ricordo. Gesù, in quel gesto (la lavanda dei piedi), traduce il senso del Vangelo di oggi in cui parla dell’umiltà e della mitezza.

Vi prego di fare attenzione all’atteggiamento di Pietro. Pietro sembra dire o pensare: ma sta perdendo la testa, ma cosa fa ora…? Pietro pensa ancora che l’atteggiamento della lavanda dei piedi – grande espressione di mitezza e di umiltà – si traduca nella debolezza e, quasi, nell’imbecillità di chi compie quel gesto. Gesù, però, dice: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13,8).

E allora il Signore ci sottolinea una cosa importante: la mitezza e l’umiltà, che pure sono così poco capite nel nostro mondo in cui s’impongono di più, invece, chi punta sulla forza e sull’affermazione di sé, qualità che sembrano pagare di più…

Eppure sul posto di lavoro, nelle relazioni umane, nelle comunità parrocchiali… ciò che costruisce davvero è la mitezza e l’umiltà. Guardate ancora il quadro e vedete il braccio di Gesù: forse non era un particolare voluto dall’artista, ma quello non è il braccio di una persona fragile, sembra piuttosto, quasi, quello di un sollevatore di pesi.

Per essere miti ed umili bisogna essere persone forti, persone che amano la verità e la mettono prima di se stessi, prima del possibile guadagno, prima anche di una possibile giusta irritazione…

Il discepolo, allora, è un uomo forte. La discepola del Signore è una donna forte. Persone che sanno costruire nella pazienza. Chi perde le staffe, chi ha bisogno di sfruttare, chi deve sempre alzare il tono della voce non è una persona forte, non è una persona mite, non è una persona umile, non è un discepolo del Signore!

Concludo l’omelia guardando alla Festeggiata di oggi: Lei, la Madonna, ha avuto veramente un cuore mite ed umile. La liturgia della Chiesa – che non va mai “inventata” o costruita in modo fantasioso, ma va semplicemente vissuta perché ci introduce nel mistero che ci pone innanzi -, quando celebra la festa del Cuore Immacolato di Maria (siamo nel centenario delle apparizioni di Fatima: “Il mio Cuore Immacolato alla fine vincerà!”), di Maria dice che ha un cuore sapiente, che ha il gusto delle cose migliori e che conosce Dio; il suo è un cuore docile, attento, pronto, semplice, vigilante, accogliente, intrepido.

Questi sono alcuni degli aggettivi che la liturgia della Chiesa ci offre per cogliere bene il mistero del Cuore Immacolato di Maria, quel cuore che – più di ogni altro cuore – assomiglia al cuore umile e mite del Signore.

Chiediamo – in questa Eucarestia e poi nella processione, che è un momento di preghiera e non di folklore, un momento di testimonianza e di fede in cui diciamo in modo particolare la nostra gioia di essere cristiani – di rendere il nostro cuore mite e umile e di essere capaci di lavarci i piedi gli uni gli altri.

Se questo avverrà – almeno in parte – allora le nostre relazioni umane e il nostro vivere come porzione della città e come comunità ecclesiale saranno profondamente diversi.