Omelia del Patriarca nella S. Messa durante la Festa diocesana della Famiglia (Mestre – Istituto Salesiano S. Marco, 4 novembre 2018)
04-11-2018

S. Messa nella Festa diocesana della Famiglia

(Mestre – Istituto Salesiano S. Marco, 4 novembre 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi,

con la celebrazione eucaristica la giornata diocesana della famiglia raggiunge il suo momento culminante.

Abbiamo ascoltato il Vangelo: “…si avvicinò a Gesù uno degli scribi… e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza…»” (Mc 12,28-30).

Gesù ribadisce e perfeziona quanto prescriveva il libro del Deuteronomio unendo l’amore di Dio all’amore per il prossimo. Abbiamo infatti, ascoltato nella prima lettura: “…osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi… e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,2-5).

Dio deve, così, tornare ad occupare il primo posto; sì, Dio al primo posto! Ne rimarremo colpiti ma, con sorpresa, vedremo che tutto il resto si disporrà di conseguenza.

D’altra parte, la relazione con Dio fonda e plasma ogni altro tipo di relazione, sia verso noi stessi sia verso gli altri. Una famiglia che – con le sue fragilità – riconosce il primato di Dio, percepito sia come valore sia come presenza reale, esprime tanto nelle scelte quanto negli stili di vita delle energie e delle risorse che non avrebbe se Dio non fosse posto al centro, se Dio non fosse l’energia prima di ogni attività, se Dio non fosse il fine ultimo di ogni loro azione, se Dio non fosse la prospettiva ribadita di ogni traiettoria.

In famiglia dobbiamo avere la lucidità e il coraggio di partire, senza timori, da ciò che fonda, sorregge e costruisce. Invece, non di rado, si parte da ciò che è secondario, periferico, proclamato dal senso comune o, addirittura, da ciò che è effimero. Le conseguenze non tardano a manifestarsi in modo anche drammatico e sono sotto gli occhi di tutti: se la famiglia oggi fatica così tanto, non è un caso!

Due persone che si riconoscono fragili devono ovviamente appoggiarsi una sull’altra e, insieme, riconoscendo la reciproca fragilità, ricercare il solo che è fedele, forte, buono, sapiente e può rendere tali. Ecco perché Gesù chiede che Dio sia messo al primo posto, sia per quanto riguarda la relazione sponsale sia per quella genitoriale; Lui deve avere in famiglia il primo posto!

E, allora, faremo l’esperienza che, se Dio è al primo posto, anche le relazioni sponsale e genitoriale si chiariscono e si essenzializzano, diventano più sagge, più generose, più libere e, alla fine, più sponsali e genitoriali.

Dio, infatti, non toglie mai nulla; al contrario, rende l’umano più umano e, forse, è più esatto dire che rende finalmente umano l’umano.

La prima lettura e il Vangelo di questa domenica ci vogliono indirizzare proprio su questa strada, ricordandoci che mettere Dio al primo posto non vuol dire distrarsi o distogliersi dalle cose umane ma riscoprirle e riappropriandoci di esse in modo più vitale e libero. Solo nella prospettiva e con la grazia di Dio l’uomo si coglie in pienezza!

Dopo aver messo Dio al primo posto – come ci chiede, in maniera chiara e perentoria, la Parola di Dio e poi anche dopo quanto abbiamo ascoltato e condiviso questa mattina – dobbiamo far nostra un’altra priorità: la famiglia deve diventare la vera scelta “prima” nella vita di due sposi e di due genitori. Sì, prima del lavoro e di tante altre cose che ci occupano e preoccupano nel quotidiano.

Non lasciamoci poi mai prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà familiari e soprattutto a quelle educative. Ci sono buoni motivi per non farlo.

Ricordiamo, ancora, che il matrimonio rende i due sposi “soggetto pubblico” nella Chiesa; il Vangelo del matrimonio va annunziato da chi deve esserne testimone credibile e i due sposi non devono essere o pretendere di essere perfetti ma d’essere credibili e si è credibili se si è consapevoli d’esser vasi di creta (cfr. 2 Cor 4,7), ossia di portare, nel loro sì sponsale, un tesoro preziosissimo: l’amore che Cristo per sempre, fino alla fine, dona alla Chiesa, sua sposa.

Il Vangelo di cui i due sposi sono annunciatori è diretto alla loro famiglia – innanzitutto lì – ma non solo alla loro famiglia, perché una comunità familiare è chiamata ad essere segno dell’amore di Dio verso tutti. E questo è possibile solo se gli sposi – nella fede, gioiosa, libera, operosa – si lasciano portare dalla grazia di Gesù.

Ecco perché un momento irrinunciabile per la famiglia è trovare il tempo per la preghiera. Anche per gli sposi pregare senza mai stancarsi è una necessità, se vogliono rimaner fedeli al dono ricevuto col sacramento il giorno delle nozze.

Concludo riprendendo le parole di Papa Francesco che, al n. 323 dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, scrive: “«I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede l’uno per l’altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari». Dio li invita a generare e a prendersi cura. Ecco perché la famiglia «è sempre stata il più vicino “ospedale”». Prendiamoci cura, sosteniamoci e stimoliamoci vicendevolmente, e viviamo tutto ciò come parte della nostra spiritualità familiare. La vita di coppia è una partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. L’amore di Dio si esprime «attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale». Così i due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio. Pertanto, «voler formare una famiglia è avere il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo»” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Amoris laetitia, n.323).

Queste parole di Papa Francesco diventano, a loro volta, un felice commento dell’odierno Vangelo in cui Gesù invita a porre Dio al primo posto, tanto nella nostra vita personale quanto in quella familiare.