Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio Unitalsi a Lourdes (Lourdes, Basilica San Pio X - 3 maggio 2017)
03-05-2017

S. Messa nel pellegrinaggio diocesano a Lourdes

(Lourdes, Basilica San Pio X – 3 maggio 2017)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Carissimi pellegrini e devoti della Beata Vergine di Lourdes,

lasciamoci prendere per mano dal profeta Isaia che esprime bene la logica che Dio ha voluto seguire per gli eventi avvenuti qui a Lourdes tra il febbraio e il luglio del 1858.

Scrive, infatti, il profeta: ”I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.  Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55, 8-9). È questo un passo biblico che bene esprime lo spirito di Dio e di sua Madre l’Immacolata, come si definì la misteriosa Signora apparendo a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle.

L’Immacolata si manifestò per ridestare l’umanità e chiedere preghiere, penitenze e conversione. E, rivolgendosi con estrema gentilezza a Bernadette, la Signora si espresse in dialetto locale, il solo linguaggio che Bernadette era in grado di comprendere, e disse: “Que soy era Immaculada Councepciou”.

A Lourdes la Madre del Signore e, alla fine, Dio hanno compiuto scelte molto differenti da quelle degli uomini quando intendono avvalorare le loro imprese. A Lourdes vive la logica del Vangelo: la logica di Betlemme, di Nazareth, dei pescatori del lago di Tiberiade, dei contadini e dei pastori della Giudea, insomma la vita semplice e umile che si viveva lungo le polverose e povere strade percorse da Gesù in Palestina.

Noi uomini, invece, proprio per questo, non avremmo mai scelto Lourdes, un paese periferico, marginale, in nulla differente dai tanti paesi della Francia dell’ Ottocento e che, proprio il censimento di quegli anni, ci dice abitato da poco più di quattromila abitanti dei quali poco meno di duemila, ovvero la metà, venivano classificati come appartenenti alla categoria dei bisognosi e, quindi, erano poveri.

Di certo, poi, non avremmo scelto, fra le altre famiglie di Lourdes, i Soubirous; il padre di Bernadette, Francesco, aveva fallito in quello che è il compito del capofamiglia, ovvero il mantenimento dei figli; Francesco era passato da un fallimento all’altro fino a ridursi e a ridurre la famiglia in miseria.

Bernadette, oltre a essere considerata come la figlia di un fallito, ad un certo momento, per una ingiusta accusa rivolta al padre, fu anche considerata figlia di un ladro; questa accusa si rivelò, poi, del tutto infondata eppure fu causa di grande sofferenze per il povero uomo e i suoi, già provati, familiari; questa falsa accusa aggiunse solamente dolore a dolore. Inoltre, Bernadette – come scolara – non riusciva ad apprendere, era l’ultima della classe; il suo rendimento era del tutto insufficiente.

Un giorno il parroco di Bartrès, dove Bernadette era stata mandata dai genitori a servizio per avere una bocca in meno da sfamare in casa, la rimproverò con durezza. Il motivo era sempre il solito: l’insufficiente apprendimento. Bernadette non sapeva rispondere alle domande e si perdeva tra le risposte. Al parroco Bernadette risponde con estrema sincerità e profonda umiltà. “Signor curato – disse –, è più facile mettermi il libro nella testa che imparare la lezione…”. Da questa risposta traspare la consapevolezza di Bernadette circa il suo nulla e di ciò avremo pieno riscontro nel suo testamento spirituale:

Ma Bernadette non possedeva, neppure, il dono che anche i genitori poveri sono in grado di dare ai figli, vale a dire il dono della salute che non si può né comprare né vendere perché è la natura ad elargirlo gratuitamente. Bernadette, infatti, soffriva d’asma che era conseguenza del colera, morbo contratto in precedenza dalla ragazza. Bernadette era di costituzione cagionevole.

La situazione in cui versava la sua famiglia – come detto – non era di sola povertà, ma di vera e propria miseria; il papà, dopo aver perso il lavoro, non era stato più in grado di garantire nulla alla moglie e ai figli. Francesco Soubirou, la  moglie e i figli dovettero così adattarsi ad abitare al Cachot, la vecchia e malsana prigione dismessa anche come luogo di pena perché invivibile; era un ambiente maleodorante, malsano, umido d’inverno, caldo d’estate, invivibile appunto e giudicato tale anche per i carcerati che dovevano scontare una pena. Vivendo al Cachot in tali condizioni impossibili, la salute di Bernadette viene messa a dura prova e finirà per peggiorare. Bernadette risentì di quella permanenza nella vecchia prigione, per il freddo, l’umidità e la mancanza del necessario; la salute peggiorò rapidamente.

Veniamo adesso alla grotta che, dopo l’Immacolata e Bernadette, è l’altra “protagonista” delle apparizioni di Lourdes. La grotta di Massabielle, allora, si trovava in aperta campagna, a qualche chilometro dal centro abitato; la sua posizione faceva in modo che non fosse facilmente raggiungibile; sorgeva, infatti, ai piedi di una ripa costeggiata da un canale che, con la corrente, dava energia e alimentava il mulino di Savy; la distanza della grotta dal fiume Gave era di alcune decine di metri.

Quell’anfratto roccioso era noto col nome “la hutte aux cochons”, la tana dei maiali, perché lì abitualmente pascolavano i maiali di cui era proprietario il comune di Lourdes. La Grotta, insomma, era un posto solitario e anche malfamato, meta di incontri clandestini. La mattina di quell’11 febbraio era particolarmente fredda; al Cachot non c’era più legna, il freddo era insopportabile; così, Bernadette, la sorella minore Antoinette – detta Toinette – e l’amica Jeanne Abadie decidono di andare proprio alla grotta perché intendono raccogliere un po’ di legna per alimentare il fuoco di casa e, se fossero state fortunate, trovare anche qualche osso da vendere. La grotta era luogo pubblico e, quindi, nessuno le avrebbe potute accusare di aver rubato nulla.

Proprio lì, alla grotta, luogo malfamato e terreno di pascolo per i maiali, la Vergine Immacolata – come poi si saprà – irrompe nella poverissima vita senza speranze di Bernadette Soubirous, l’ultima, la più insignificante, la più povera fra le ragazze di Lourdes, nata in quella che doveva essere la famiglia più disagiata e sfortunata – come diceva il popolo – di tutto il paese.

Quando Dio decide d’intervenire nella vita di una persona, vi irrompe preannunciato da un soffio vitale, il soffio della vita, della sua grazia, della sua misericordia come canta il Magnificat: “ Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente…. ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati… Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia…”  (Lc 1, 49. 52-54).

E proprio a lei, a Bernadette, che in paese chiamavano “la puante” per l’odore nauseante che si portava addosso a causa dell’aria stagnante del Cachot, proprio a lei “la puante” appare la Madre del Signore, l’Immacolata che – come riferisce Bernadette – non le promette la felicità in questo mondo ma nell’altro. Nella terza apparizione, in dialetto – l’unica lingua che Bernadette conosceva – la Vergine arriva a domandarle: “Volete avere la compiacenza di venire qui per quindici giorni?”.

I fatti di Lourdes rispondono allo stile evangelico. A Lourdes il cielo si china sulla terra con lo stile di Dio. E Dio incontra l’uomo là dove l’uomo mostra tutta la sua impotenza e fragilità, là dove l’uomo sperimenta l’abbandono degli altri uomini, il loro disinteresse, il loro disprezzo.

Sì, la Vergine sceglie fra tutte le ragazze di Lourdes quella che in paese era chiamata “la puante” e Lourdes, ancora oggi, è il luogo dove l’umanità che soffre, che non conta, che viene scartata – perché non riesce a stare al passo con i ritmi di una società in cui ciò che conta è il successo, l’efficienza, la produttività – trova finalmente ascolto, vicinanza, accoglienza e centralità.

I malati del corpo  e dello spirito – e, quindi, tutti noi – in  modi differenti ma reali sono – siamo – i soggetti privilegiati di Lourdes, coloro che a Lourdes possono ritrovare il senso di una vera ripartenza per una rinnovata vita di fede. A Lourdes ciò che conta veramente viene posto al centro. E al centro troviamo l’Eucaristia, la preghiera, la Beata Vergine Maria, la Grotta, i piccoli e grandi gesti di penitenza.

Ma un posto del tutto privilegiato occupano i nostri cari malati, l’umanità che soffre e, nella sua sofferenza, vuole incontrare Dio; è quella umanità che, nella maggioranza dei casi, a Lourdes non sperimenta il miracolo della guarigione ma che, neppure, lo richiede. Sono gli uomini, le donne, i bambini che ritornano alle proprie case – alla loro vita di tutti i giorni – cambiati nello spirito e che iniziano, così, una vita veramente mariana, perché nei brevi giorni trascorsi in questa terra benedetta – giorni brevi, intensi, indimenticabili – hanno incontrato lo spirito e la grazia di Lourdes, ossia Dio che si prende cura e si dona a chi è dimenticato da un mondo che non considera ed anzi disprezza, quelli che – come Bernadette – sembrano non valere nulla, tanto da essere indicati solo per essere disprezzati.

E’ vero: Lourdes, per alcuni, ha voluto e vuole anche dire la guarigione, ma per tutti coloro che si lasciano condurre dallo spirito di Bernadette e della grotta di Massabielle Lourdes dona soprattutto un modo nuovo di guardare se stessi e il prossimo, le realtà terrene e quelle celesti.

Chiediamo all’Immacolata che – attraverso l’intercessione della piccola Bernadette agli occhi del mondo insignificante e inutile – lo spirito di Lourdes entri in ciascuno di noi e plasmi le nostre vite in modo che le parole del profeta Isaia diventino in noi disponibilità alle sorprese del suo Amore. Sì, veramente possiamo dire: ”I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie…. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55, 8-9).