Omelia del Patriarca nella S. Messa con la professione monastica e la consacrazione di Cristina Santinon della Piccola Famiglia della Risurrezione (Marango di Caorle, 11 settembre 2021)
11-09-2021

S. Messa con la professione monastica e la consacrazione di Cristina Santinon della Piccola Famiglia della Risurrezione

(Marango di Caorle, 11 settembre 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

viviamo un evento di grazia; qui, oggi, tutto è dono di Dio ed è pura grazia. La nostra sorella Cristina è il dono e la grazia che Dio fa alla “Piccola Famiglia della Risurrezione” e, quindi, alla Chiesa che è in Venezia di cui la Piccola Famiglia è espressione.

 

Tutto ciò avviene nella risposta di “abbandono” fiducioso e amorevole, pieno e totale, che Cristina pronuncerà innanzi a Dio, alla Chiesa, al mondo. Dirà il suo sì con le labbra e insieme con l’offerta della vita; il suo “sì irrevocabile” è a Cristo che è “l’Amen eterno, il testimone fedele” di Dio.

 

È davvero il momento – come recita l’inizio della Piccola Regola di questa Famiglia religiosa – di elevare il nostro sguardo e rivolgersi con stupore e gratitudine “al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, Dio onnipotente e misericordioso, alla beata Maria, Madre di Dio, sempre Vergine, Immacolata e Assunta, ai santi Angeli, a sant’Abramo, padre dei credenti, a san Giovanni Battista, precursore del Signore, ai santi apostoli…” e a tutti i santi e le sante di Dio che poi invocheremo, chiamandoli per nome, per accompagnare e sostenere la nostra azione liturgica e l’atto di professione monastica e di consacrazione di Cristina.

 

Si rivive, così, il sacrificio di “olocausto” (termine che deriva dal verbo ebraico “far ascendere”), il sacrificio che Dio ama ricevere e che si compie con l’offerta totale di se stessi. L’olocausto era, in Israele, il sacrificio la cui offerta veniva totalmente donata a Dio. Secondo la tradizione giudaica questo rito fu istituito da Mosè e prevedeva che dalla combustione non dovesse rimanere nulla, nessuna carne da distribuire e mangiare. Era visto, perciò, come la più significativa forma di offerta del pio israelita al suo Dio.

 

I voti solenni della vita religiosa e la consacrazione a Dio diventano, nella persona che si dà a Dio, la realizzazione del sacrificio d’olocausto perché così ci si affida totalmente a Dio, con quel poco o quel tanto che umanamente si è in grado di offrire (ma se il poco o il tanto è tutto!) e, allora, non rimane nulla a noi, perché tutto è offerto a Dio e viene dato in offerta.

 

Nei sacrifici antichi, che la storia del popolo ebreo ci tramanda e che troviamo attestati nelle Scritture, l’offerta sacrificale veniva scelta fra le primizie, il meglio che si aveva e si poteva offrire e che doveva essere perfetto, sano, senza macchia.

 

A Dio venivano offerte i neonati delle greggi, le primizie della terra, i primi frutti, quelli migliori (ricordiamo la vicenda di Abele). Privarsene significava manifestare che Dio era il Signore e al di fuori di Lui non c’era alcuno; ci si affidava al Signore, a Lui spettava il primato, era un atto di adorazione, un rituale di fiducia e, appunto, di abbandono totale a Lui; sarà Lui poi che provvederà a far germogliare i frutti successivi a questi donati.

 

Confidiamo anche noi che, dopo questo atto di abbandono e fiducioso di Cristina, il Signore spargerà nuovi germogli di vita nella Piccola Famiglia della Risurrezione e nella Chiesa di Venezia a cui questa Famiglia appartiene.

 

Così il monaco, la monaca, l’intera comunità monastica – coloro che “stanno con Dio” – offrono se stessi come autentica “primizia”, offrono il meglio, offrono tutto: il proprio cuore, la propria mente, il proprio corpo, propositi, sentimenti, risorse (poche o tante che siano) e l’intera loro esistenza fatta di fedeltà e creatività per affermare il primato e la precedenza – nel tempo, nei beni, in tutto – è di Dio Misericordia.

 

“L’apertura al Dono è abbandono umile e totale”, recita ancora la Piccola Regola ed è quanto si realizza oggi in Cristina.

 

Lasciamoci interpellare dalle letture appena proclamate. L’inizio della lettera di san Paolo a Timoteo collega la Parola di Dio – che viene annunciata e trasmessa come “degna di fede e di essere accolta da tutti” (1Tm 1,15) – alla vocazione e alla missione personale dell’apostolo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna” (1Tm 1,15-16).

 

Cara Cristina, caro don Giorgio, cari fratelli e sorelle della Piccola Famiglia, ascoltate e fate vostra oggi questa parola dell’Apostolo che deve risuonare nel cuore di ciascuno dei presenti.

 

L’ascolto della Parola e la coerente testimonianza di vita sono intrecciate. Tale esigenze ritornano anche nel Vangelo appena proclamato: “Chiunque viene a me – dice Gesù – e ascolta le mie parole e le mette in pratica (…) è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia” (Lc 6,47-48).

 

L’ascolto umile e credente genera la presenza di Dio nella nostra vita e questo avviene, in particolare, attraverso la sincera e continua opera di conversione come, di nuovo, richiama un altro passo della Piccola Regola, in cui si parla un “impegno incessante alla conversione dei nostri costumi: che speriamo dall’insegnamento interiore e dall’azione operata in noi dalla parola di Dio e dall’eucaristia accolte nel silenzio, nella preghiera e nel lavoro”.

 

Ed è proprio questo cammino di ascolto e conversione, di fede accolta ed annunciata, che rende il cristiano – e in modo particolare il monaco e la comunità monastica – “segni” chiari e visibili di Dio nella storia, non solo perché ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica ma perché la Parola abita in loro e, così, tutto diventa annuncio e testimonianza, in maniera implicita ed esplicita, attraverso le parole e la vita. Sì, tutta la vita diventa segno/sacramento e “narrazione” di Gesù.

 

Tutto ciò deve risplendere sempre più in questa terra benedetta di Marango che, ormai da molti lustri, si identifica con la comunità monastica della Piccola Famiglia della Risurrezione quale punto di riferimento per la vita spirituale e culturale ma anche come terra buona di conversione per suscitare relazioni umane buone e nuove, segnate in profondità dal Vangelo di Gesù, l’unico Signore, l’unico Maestro, l’unico Redentore.

 

La Parola e il Pane, l’ascolto e l’Eucaristia, sono il vero cibo quotidiano del monaco: sono i cardini della vita monastica anche per te, carissima Cristina che divieni oggi, in modo nuovo, parte di questa “Piccola Famiglia” per la quale, non a caso, “la preghiera, in ogni forma e per ogni momento della giornata – riprendo ancora la Piccola Regola –, può essere solo o preparazione o prolungamento dell’eucaristia, quindi non nostra, ma di Gesù e della chiesa in noi”.

 

E davvero nell’ “eucaristia del Cristo” c’è “tutta la creazione, tutto l’uomo, tutta la storia, tutta la grazia e la redenzione; tutto Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo” (dalla Piccola Regola).

 

Come si è detto, la vita cristiana – e la vita monastica in modo particolare – è l’offerta continua a Dio di ciò che Lui ci ha donato e di quanto noi siamo e abbiamo.

 

Lo sperimentiamo bene, oggi, nel rito di professione; ma succede in ogni Eucaristia, al momento dell’offertorio, quando rinnoviamo il nostro dono ed esprimiamo la nostra benedizione al “Signore, Dio dell’universo” riconoscendo che “dalla sua bontà” abbiamo ricevuto il pane e il vino che sono, al contempo, frutto della terra e della vite – ossia della creazione – ma anche del lavoro dell’uomo; questi due elementi, insieme dono di Dio e impegno dell’uomo, diventano l’offerta gradita a Dio – “cibo di vita eterna” e “bevanda di salvezza” – e con essi riceviamo continuamente Cristo, il Dono per eccellenza, il “Prescelto” per il quale e in vista del quale tutte le cose sono state create (cfr. Col 1,13-20).

 

Per ogni cristiano – per il monaco e la monaca in maniera “piena” – la vita è offerta ed è “abbandono umile e totale”. Come dice ancora una volta la Piccola Regola, questo avviene “per la fede nel sangue di Cristo, per la speranza nel Padre ricco di misericordia, per la carità che è lo stesso Spirito Santo, l’Amore eterno, nel quale il Padre ci ha amati per primo e nel quale, soltanto, noi possiamo riamarlo con tutto il cuore e con tutta la vita, e possiamo amarci l’un l’altro e amare tutti gli uomini nell’unica chiesa”.

 

Si compia tutto questo anche per te, carissima Cristina, fidandoti e affidandoti per sempre a Dio e contando solo sulla Sua forza, sulla misericordia e fedeltà del Signore.

 

La Madre di Gesù, la Regina delle Vergini, la Madre della Chiesa accompagni, da oggi, ogni tuo passo fino al momento dell’incontro glorioso con lo Sposo.