Omelia ai funerali di don Severino Rossi (Caorle, 27 maggio 2008)
27-05-2008

Ai funerali di Don Severino Rossi

 

Caorle, 27 maggio 2008

 

 

(Is 25, 6.7-9; Rm 14, 7-12; Mr 15, 33-39. 16, 1-6)

 

 

Don Severino ci ha lasciato: noi oggi ci siamo raccolti nel duomo di Caorle per affidarlo all’infinita misericordia del Padre.

 

Era un buon prete Don Severino, umile e gioioso che però, rimasto presto orfano di madre, fin dalla giovinezza aveva conosciuto la sofferenza: una compagnia che non l’abbandonerà per tutta la vita.

 

Ordinato prete nel 1961 dal Card. Urbani, era stato per alcuni anni vicario parrocchiale proprio qui a Caorle; successivamente era stato parroco a Valcasoni, a Termine di Malcontenta e a S. Gaetano. Finché nel 1990 la salute incominciò a incrinarsi ed egli visse per una decina d’anni presso l’arciprete di Burano, dove conobbe periodi belli di inserimento pastorale godendo nel sentirsi utile. Gradualmente però ebbe il sopravvento il malessere fisico.

 

Chiese allora di essere accolto nella Casa del Clero di Treviso, ben attrezzata anche per situazioni precarie di salute. Ivi peraltro l’aveva preceduto l’amico don Giovanni Grezzo, il vecchio parroco di Cà Cottoni, la sua parrocchia d’origine. E vi rimase dagli inizi del 2000 fino alla morte, amorevolmente assistito, nell’aggravarsi delle sue condizioni di salute dal Direttore della Casa, dai confratelli e dal personale ausiliario.

 

 

Don Severino Rossi, un prete la cui vita può essere misteriosamente raccolta sotto il segno della croce. E noi crediamo che proprio per questo la misericordia divina lo ha già accolto, avvolto nella tenerezza dell’abbraccio del Padre. Il Signore, come abbiamo ascoltato nelle parole del profeta Isaia, ha asciugato le lacrime dai suoi occhi e gli ha preparato il banchetto dei figli più cari. Quel Dio in cui don Severino ha sperato lo ha accolto nella gioia della salvezza.

 

Egli è vissuto per il Signore ed è morto per il Signore: ora riposa nella pace.

 

Dicevamo che don Severino ha conosciuto la sofferenza morale e fisica. La sofferenza dell’angoscia, della paura, dell’umiliazione di non poter lavorare come avrebbe desiderato. A un certo punto la sua anima è stata come incarcerata dentro un corpo sofferente, nell’impossibilità di comunicare.

 

Io penso al Vangelo che abbiamo ascoltato: Gesù, sacerdote e vittima, inchiodato sulla croce, nella spogliazione più totale e nella più radicale povertà: Egli ripara, intercede, soffre per tutti. Così, io penso, Don Severino. Anche la sua è stata una grande spogliazione, un’offerta, assimilata a quella di Cristo, per l’umanità che ha bisogno d’essere redenta.

 

Una sofferenza che però, come quella di Gesù, fiorirà nella risurrezione. Come le donne andate al sepolcro di Gesù, anche noi non dobbiamo cercare Don Severino tra i morti: egli è presso il Padre e un giorno anche il suo corpo, come quello di Cristo, risorgerà.

 

Penso a Maria, la madre di Gesù, che stava sotto la croce mentre il Figlio vi soffriva e moriva. Quando si allontanò dal sepolcro era straziata dal dolore, ma non senza una luce in fondo al cuore. Maria in quel momento ricordava che sempre il Figlio, parlando della sua morte, aggiungeva: ‘Il terzo giorno risorgerò’.

 

Nessuno, a quanto sembra, aveva capito il senso di quelle parole. Maria però le custodiva nel cuore, pensandole e ripensandole. E tornando a casa quel venerdì, al calar della notte, una notte piena di dolore, quelle parole le si accendevano nel cuore, come una piccola luce che squarciava le tenebre. Maria credeva e per questo sperava. 

 

Anche noi crediamo e, per questo, speriamo: Don Severino vive, egli risorgerà. E anche noi risorgeremo con lui.

 

 

Affidiamo ora alla Madre di Gesù questo suo figlio. Quante volte l’ho visto partecipare con gioia alla festa della Madonna dell’Angelo, prestandosi per il Sacramento della Riconciliazione e poi unendosi alla processione conclusiva.

 

Ora la Madonna dell’Angelo gli venga incontro; Lei lo accompagni a Gesù e Gesù al Padre.

 

Dal Paradiso, dove lo speriamo, don Severino preghi per noi. Preghi per la Chiesa di Venezia e il suo Patriarca; preghi per quanti ha incontrato nel suo ministero. Preghi per il seminario e perché questa zona, che è stata così ricca di vocazioni sacerdotali e religiose, continui ad essere, come ha auspicato anche il nostro Patriarca nel suo messaggio, proprio con le sue famiglie, campo fecondo di promesse per tutta la Chiesa.

 

 

Alla Casa del Clero di Treviso, in particolare al suo Direttore Mons. Giovanni Semenzato, che ha accolto don Severino come un fratello e lo ha accompagnato anche nei giorni più duri della sua malattia, vada la riconoscenza dell’intera nostra Diocesi, in particolare del Patriarca e del Presbiterio. Ai confratelli che lo hanno accolto e gli sono stati vicini visitandolo e sostenendolo, il grazie più sentito. Ai familiari e parenti le nostre condoglianze.

 

Una parola di riconoscenza voglio rivolgere anche alla Parrocchia di Caorle che oggi lo accoglie in Duomo per questa celebrazione di congedo: un gesto di riconoscenza verso un sacerdote che per alcuni anni ha assistito spiritualmente la Casa di riposo ‘Mons. Moschetta’ ed è sempre stato molto disponibile ad aiutare pastoralmente la comunità di Santo Stefano.