"Missione della Chiesa nell'Europa centro-orientale a vent'anni dal crollo del sistema comunista (1989 - 2009): intervento a Zagabria (10/2/2009), a breve disponibile traduzione in croato
10-02-2009

Incontro dei Presidenti e Cardinali delle

 

Conferenze Episcopali dell’Europa Centro-Orientale

 

 

Zagabria, 9-10 febbraio 2009

 

 

Missione della Chiesa nell’Europa Centro-Orientale

 

a vent’anni dal crollo del sistema comunista (1989-2009)

 

 

Martedì, 10 febbraio 2009

 

 

+ Angelo Card. Scola

 

Patriarca di Venezia

 

 

 

1. Una storia comune

 

 

I legami che storicamente uniscono le nostre terre – e che giustificano il vostro graditissimo invito e la mia presenza qui – furono per cinquant’anni drammaticamente interrotti dalla ferita inferta dalle dittature comuniste. La storia tuttavia ha ora ripreso le fila di una lunga tradizione.

 

Per quanto riguarda i rapporti del Patriarcato di Venezia (e quelli di Aquileia e di Grado) con le vostre Chiese e Regioni basti ricordare che non mancano studi approfonditi per mostrare quanto antichi siano i legami favoriti proprio dal cristianesimo. Sarà sufficiente fare qualche esempio. Il Patriarca Paolino di Aquileia (786-802), già grammatico alla corte carolingia, si impegnò a fondo per portare l’annuncio cristiano alle genti della Carinzia, agli Sloveni e ai popoli delle terre viciniori, innestandoli nel cosiddetto rito patriarchino della metropoli e facendo loro gustare i suoi inni. Erano canti di provata dottrina teologica, imperniati sulla devozione alla cathedra Petri nell’orizzonte della romanità e sull’Eucaristia come sacramento di vincolo sociale. Si ricordi il suggestivo canto: Ubi caritas et amor, ibi Deus est.

 

Merita un cenno l’appoggio dato in epoca successiva, nella prima metà dell’XI secolo, dalla Repubblica e dal Patriarcato di Venezia alla missione evangelizzatrice di san Gerardo Sagredo. Uscito dal monastero cluniacense di San Giorgio Maggiore e collaboratore di santo Stefano, primo re di Ungheria, egli contribuì a diffondere un cristianesimo dai caratteri per così dire ‘veneti’ tra il suo popolo. E lo fece nella fase di passaggio dalle scorrerie che devastarono l’Europa centrale alla condizione stanziale, che diventerà definitiva e da allora quel popolo manterrà sempre, sul piano politico-culturale, un rapporto privilegiato con la Repubblica di San Marco.

 

 

2. La caduta dei ‘muri’

 

 

Quando, profeticamente, Giovanni Paolo II affermò che l’Europa doveva estendersi dall’Atlantico agli Urali[1] – quasi contemporaneamente al celebre viaggio in Polonia del 1979[2] e della nascita di Solidarnosc[3] – il Papa polacco sollevò sorrisi scettici soprattutto nell’intellighentsia e nei politici dei Paesi europei occidentali. Il marxismo dopo la degenerazione del movimento studentesco del 1968 avvenuta ben presto, soprattutto in Italia, a partire dalle celebri tesi sul ‘potere studentesco’ provenienti dalla Normale di Pisa, era diventato massicciamente egemonico, sia pur in versioni edulcorate, negli stessi ambienti cattolici che, salvo sporadiche eccezioni (tra le quali mi piace citare CSEO (Centro Studi Europa Orientale) di Don Francesco Ricci e Russia Cristiana di Padre Romano Scalfi), ignoravano del tutto le Chiese dell’Europa Centro-Orientale. Anche l’attenzione al Samizdat russo era animata quasi sempre da un atteggiamento curioso ma passivo proprio del cittadino dell’Europa Occidentale che con Eliot poteva e può ancora essere definito «uomo impagliato»[4].

 

Venne invece il crollo dei muri e del comunismo e faticosamente le Chiese dell’Europa Occidentale furono poste di fronte all’esperienza della Vostre chiese, in particolare al loro martirio.

 

La testimonianza dei Cardinali e Arcivescovi Mindszenty, Stepinac, Wyszynsky e Beran come quella di tanti altri vescovi, sacerdoti e semplici fedeli che nelle vostre terre hanno dato la vita e patito gravi sofferenze non è stata vana perché, come ebbe a dire Giovanni Paolo II in occasione della Santa Messa di Beatificazione del Cardinale Stepinac, «Con il loro sacrificio unito alle sofferenze di Cristo, essi hanno offerto una straordinaria testimonianza, che col passare del tempo nulla perde della sua eloquenza, ma continua ad irradiare luce e ad infondere speranza»[5]. Il martirio, anche quando non giunge al versamento del sangue, è un linguaggio universale d’amore capace di parlare a tutta la Chiesa e a tutti gli uomini. Il martire infatti, come ci ricorda Fides et ratio, «è il più genuino testimone della verità sull’esistenza. Egli sa di avere trovato nell’incontro con Gesù Cristo la verità sulla sua vita e niente e nessuno potrà mai strappargli questa certezza [‘] Ecco perché fino ad oggi la testimonianza dei martiri affascina, genera consenso, trova ascolto e viene seguita. Questa è la ragione per cui ci si fida della loro parola: si scopre in essi l’evidenza di un amore che non ha bisogno di lunghe argomentazioni per essere convincente, dal momento che parla ad ognuno di ciò che egli nel profondo già percepisce come vero e ricercato da tanto tempo»[6]

(il testo completo è nel file allegato)


[1] Giovanni Paolo II, Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980.

[2] Lo storico pellegrinaggio apostolico in Polonia di Giovanni Paolo II ebbe luogo dal 2 al 10 giugno 1979.

[3] Il sindacato indipendente Solidarnosc si costituì in Polonia nell’agosto 1980, sull’onda dello sciopero ai cantieri Lenin di Danzica indetto quello stesso mese.

[4] T.S. Eliot, Gli uomini vuoti (1925): «Siamo gli uomini vuoti / Siamo gli uomini impagliati / Che appoggiano l’un l’altro / La testa piena di paglia. Ahimè!» (We are the hollow men / We are the stuffed men / Leaning together / Headpiece filled with straw. Alas!), in Poesie, Mondadori, Milano 1971, 249.

[5] Id., Santa Messa e beatificazione del Servo di Dio Alojzije Stepinac, 3 ottobre 1998.

[6] Id., Fides et ratio 32.