Meditazioni durante la Via Crucis diocesana con i giovani (Istituto Don Orione / Chiesa parrocchiale di S. Giorgio - Chirignago, 12 aprile 2014)
12-04-2014
Via Crucis diocesana con i giovani
(Istituto Don Orione / Chiesa parrocchiale di S. Giorgio – Chirignago, 12 aprile 2014)
Meditazione del Patriarca mons. Francesco Moraglia [1]
All’inizio, nell’Istituto Don Orione:
Vogliamo assumere la logica di Gesù, lo seguiremo passo dopo passo.
La grazia unica, dalla quale poi nasceranno tante altre grazie, sia però questa: Signore, dammi i tuoi occhi, dammi la capacità di vedere le cose come Tu le vedi, donami il tuo sguardo. E’ dallo sguardo che – ci ricorda Gesù – nascono le cose buone. I nostri occhi, gli occhi delle persone che incontriamo dicono l’animo. Chiediamo al Signore la sua logica, da introdurre nella nostra vita..
Questa sia la grazia. E una seconda grazia: facciamo questo cammino con il Signore con il proposito di diventare cirenei.
Domani, i prossimi giorni, questa estate, quando meno ce lo aspettiamo, incontreremo persone che hanno bisogno di uno sguardo diverso sulla loro vita: lo sguardo di Gesù. Che, nel nostro sguardo, si sentano guardati come li guarda Gesù!
Nella chiesa parrocchiale di Chirignago:
Carissimi ragazzi,
un padre, quando parla ai propri figli, non può non affrontare le questioni importanti che li riguardano preferendo tacere oppure scegliendo di dire le cose a metà o quelle meno impegnative. E’ necessario, nella vita, il coraggio della verità.
Abbiamo appena terminato la Via Crucis che ci introduce nella settimana più santa dell’anno. Abbiamo meditato testi significativi del Vangelo di Matteo, Luca e Marco, alcuni passi del messaggio che Papa Francesco ha voluto scrivere per la prossima Giornata della Gioventù e, infine abbiamo ascoltato alcune belle testimonianze libere, spontanee, in alcuni casi anche coraggiose.
Bravi! E’ stata una Via Crucis ben preparata, ben partecipata. Ringraziamone il Signore, sì, impariamo a ringraziare il Signore e a ringraziarlo anche delle cose semplici che dispone sulla nostra strada. Come vi dicevo, con la preghiera della Via Crucis ci siamo introdotti nella settimana più santa dell’anno; sono i giorni più santi dell’anno perché sono i giorni della nostra salvezza.
Vi pongo allora, in spirito di verità, una domanda fondamentale: dopo questa nostra preghiera comune la logica della croce, la logica della Via Crucis, la logica di Gesù è entrata un po’ di più in voi? Vi appartiene di più? E questa logica vi accompagnerà anche fuori da questa chiesa? Inciderà e determinerà di più il vostro modo di pensare e di parlare in casa, a scuola, con gli amici?
Capite l’importanza di queste domande? Capite che qui è in gioco la serietà del battesimo, del vostro rapporto con Lui e la nostra Chiesa? Dopo il cammino di questa Via Crucis potete dire che pensate di più e che siete più capaci di vivere secondo la logica di Gesù oppure tutto è rimasto chiuso in questi quaranta/cinquanta minuti di preghiera? Se fosse così, sarebbe ben triste!
Questa preghiera della Via Crucis aveva in sé lo spirito giusto se, almeno in parte, vi ha cambiati. Ora il vostro modo di pensare, il vostro modo di guardare le persone e le cose, il modo di valutare le vicende della vostra vita è più simile a quello di Gesù?
Perché se vi sentite a posto, se pensate che quello che dovevate fare l’avete rinchiuso nel breve tempo in cui è durata questa preghiera – lo ripeto – e poi si torna a vivere secondo la logica di prima, ossia secondo i propri schemi e progetti, secondo le facili autogiustificazioni della nostra vita, allora si è solo compiuto un gesto esteriore e privo di amore.
Non si può guardare a Gesù – che continua a portare la croce – continuando a pensare secondo la logica del senso comune, del pensiero dominante come ci ha ricordato il Papa. Per cui, ad esempio, si grida allo scandalo se una qualche forma di vita animale o vegetale – che va ovviamente difesa e salvaguardata – non viene rispettata, ma si rimane del tutto silenziosi e timorosi di parlare dinanzi alla soppressione della vita umana nascente.
Qui voglio riproporre, anche per non lasciar cadere nel vuoto le sue parole, quanto Papa Francesco ha detto non più tardi di ieri, venerdì 11 aprile. E’ doveroso, e non solo perché è la parola del Papa, ma perché questa nostra preghiera della Via Crucis è stata ritmata e segnata, passo dopo passo, proprio dalle parole di Papa Francesco con il suo messaggio per la 29^ Giornata Mondiale della Gioventù: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”.
Ecco le parole di Papa Francesco pronunciate nell’udienza di ieri; le avverto come necessarie per chi proprio ora – come voi – si sta aprendo alla vita. Il nostro desiderio deve essere  quello di non lasciare solo il Papa nel proporre e promuovere il bene intangibile della vita umana, fin dal suo concepimento. Sono parole che lasciano il segno perché toccano l’uomo – ogni uomo – a prescindere che sia credente o non credente.
Sono convinto che queste parole semplici e dirette – che non intendono giudicare nessuno – tocchino il cuore di tutti ed aiutino a recuperare a livello personale e comunitario il senso dell’intangibilità della vita umana, dell’accoglienza dell’altro. Sono parole che devono risuonare con verità nella nostra coscienza, nella coscienza di chi, come voi – lo ripeto -, si affaccia sul proscenio della vita o, comunque, ne è al suo inizio.
“Noi lo sappiamo, la vita umana è sacra e inviolabile. Ogni diritto civile poggia sul riconoscimento del primo e fondamentale diritto, quello alla vita, che non è subordinato ad alcuna condizione, né qualitativa né economica né tantomeno ideologica. «Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide… Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 53). E così viene scartata anche la vita. Uno dei rischi più gravi ai quali è esposta questa nostra epoca, è il divorzio tra economia e morale, tra le possibilità offerte da un mercato provvisto di ogni novità tecnologica e le norme etiche elementari della natura umana, sempre più trascurata. Occorre pertanto – continua Papa Francesco – ribadire la più ferma opposizione ad ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa, e il nascituro nel seno materno è l’innocente per antonomasia. Ricordiamo le parole del Concilio Vaticano II: «La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l’aborto e l’infanticidio sono delitti abominevoli» (Cost. Gaudium et spes, 51)” (Papa Francesco, Discorso al Movimento per la Vita italiano, 11 aprile 2014).
Il Santo Padre ha, poi, voluto ricordare un fatto – è sempre l’udienza di ieri – che gli era capitato quando era ancora vescovo in Argentina: “Io ricordo una volta, tanto tempo fa, che avevo una conferenza con i medici. Dopo la conferenza ho salutato i medici – questo è accaduto tanto tempo fa. Salutavo i medici, parlavo con loro, e uno mi ha chiamato in disparte. Aveva un pacchetto e mi ha detto: “Padre, io voglio lasciare questo a lei. Questi sono gli strumenti che io ho usato per fare abortire. Ho incontrato il Signore, mi sono pentito, e adesso lotto per la vita”. Mi ha consegnato tutti questi strumenti. Pregate per quest’uomo bravo! A chi è cristiano compete sempre questa testimonianza evangelica: proteggere la vita con coraggio e amore in tutte le sue fasi. Vi incoraggio a farlo sempre con lo stile della vicinanza, della prossimità: che ogni donna si senta considerata come persona, ascoltata, accolta, accompagnata” (Papa Francesco, Discorso al Movimento per la Vita italiano, 11 aprile 2014).
Prendete in mano l’accoglienza della vita, sempre. Sono rimasto commosso da una recente confessione di un adolescente: “Mi è venuta a parlare una mia amica, mi ha detto che era rimasta incinta, abbiamo incominciato a parlare, lei aveva già deciso di abortire… Io ce l’ho messa tutta, le ho chiesto di incontrarla di nuovo, alla fine ha tenuto il bambino…”.
Mi parlava un ragazzino di tredici/ quattordici anni – più bambino della sua età – e mi aveva detto, prima di confidarmi questo nella confessione: “Ogni tanto mi prendono in giro perché sanno che vado in chiesa, però mi vengono anche a cercare… Certe volte mi dicono le cose che forse ad altri non dicono”. E poi mi ha raccontato questo episodio.
La vita, la vita nascente, è in mano a tutti noi: ricordiamocelo di fronte alla croce del Signore all’inizio della Settimana Santa che vi auguro veramente cristiana e profondamente umana.

 


[1] Il testo – non rivisto dall’autore – riporta la trascrizione degli interventi pronunciati dal Patriarca in tale occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del “parlato” che lo ha contraddistinto.