Lettera alla città e alla Chiesa di Venezia in occasione del Santo Natale 2019 (Venezia, dicembre 2019)
23-11-2019

Lettera del Patriarca Francesco Moraglia

alla città e alla Chiesa di Venezia

in occasione del Santo Natale 2019

 

 

Venezia, dicembre 2019

 

Carissimi,

nelle nostre intricate e, a volte, tanto faticose vicende umane si inserisce l’annuncio del Natale di Gesù che ci sorprende e riapre – per ciascuno di noi e per l’intera società – un orizzonte inatteso di speranza.

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Le parole del profeta Isaia (9,1) – che verranno proclamate nella liturgia della notte di Natale – ci indicano da dove e da chi proviene la salvezza, la gioia e la pace che possono cambiare davvero la nostra storia: Gesù è il Divino Bambino, nato a Betlemme nel grembo di una giovane donna, è il “Verbo di Dio fatto carne”.

In Lui l’umano e il divino si uniscono. Sì, Dio ha scelto di sposare la nostra carne umana, con tutte le sue fragilità e debolezze; si è mostrato Padre buono e misericordioso; ha riconciliato e salvato, riscattando e dando una reale speranza anche ai giorni più bui e difficili.

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5). Dobbiamo però riconoscerlo, accoglierlo e convertirci a Lui.

La città di Venezia e tante zone di questo territorio – penso, tra l’altro, alle isole e al litorale – sono state toccate duramente nelle scorse settimane dall’acqua alta eccezionale e da straordinari eventi di maltempo. Abbiamo percepito una volta di più la debolezza della nostra umanità, talora in balìa della forza della natura e alle prese con la propria imperizia o mancanza di saggezza e decisione nei riguardi della nostra casa comune, l’ambiente in cui viviamo.

Abbiamo visto, con tristezza, molte nostre chiese – non solo la splendida basilica marciana ma anche tante altre, tutte ricche d’opere d’arte e vive testimonianze della fede della nostra gente – invase ripetutamente dall’acqua alta. E la stessa cosa è avvenuta in molte case ed attività lavorative e commerciali (uffici, negozi, ristoranti, hotel ecc.). Solo il tempo dirà quali e quanti danni ne sono realmente derivati e ne scaturiranno ancora.

Ma ciò che più conta – l’ho ribadito nei momenti più difficili – è e rimane l’esistenza delle persone e, soprattutto, il futuro della città che deve continuare ad essere viva, pulsante, capace di rialzarsi e rilanciarsi.

Già i giorni terribili dello scorso novembre – pur nella loro drammaticità, a tratti sconvolgente – hanno mostrato nel cuore della città (e non solo!) segni tangibili di positiva reazione e di realistica speranza per il futuro, mostrando come anche da eventi così negativi possano fiorire germi di bene e si riescano gettare le basi per ripartire e “ricostruire”.

È emerso, infatti, un forte senso civico, accompagnato da sentimenti di solidarietà – ben al di là delle appartenenze politiche, culturali, sociali ecc. – e da una strenua volontà di non abbattersi e di rialzarsi prontamente, con fierezza e orgoglio.

Un magnifico esempio è giunto dai giovani, “veri angeli dell’acqua alta”, che hanno saputo mobilitarsi con prontezza e generosità dimostrando che è possibile sperare e lavorare “per una nuova convivenza sociale, più aperta alle necessità altrui e ad una reale condivisione, non volendo lasciare indietro nessuno”.

Quel gesto – l’ho scritto nella lettera di ringraziamento che ho voluto rivolgere loro – “è, per noi adulti, motivo di consolazione poiché ci fa intravvedere una Venezia che noi non siamo ancora riusciti a costruire. Sentiamo così anche il bisogno di dare a voi più spazio, a voi cittadini di un domani ormai prossimo che speriamo, presto, diventi anche il nostro oggi”.

Avvertiamo l’urgenza e la necessità di moltiplicare i nostri sforzi educativi e formativi per essere realmente vicini a bambini, ragazzi e giovani, per offrire loro il meglio e permettere a ciascuno di crescere bene – nella libertà e nella verità – e, a loro volta, esprimere il meglio in una vita piena e ricca di senso.

Per questo ci preoccupano i dati allarmanti (anche nel nostro territorio) sulla recrudescenza dei fenomeni di dipendenza da droghe e alcool, ad età sempre più basse, nonché i tanti rischi – accanto alle opportunità positive – della “rete” e che insinuano percorsi allettanti (e facili) per i nostri ragazzi ma, in realtà, intarsiati di pericoli e autentici mali.

Anche la città di Venezia e l’ambiente in cui viviamo – nostra casa comune – attendono una speranza e una salvezza piena e definitiva. Hanno bisogno di tornare a guardare in alto poiché – come ci ricorda san Paolo – “l’ardente aspettativa della creazione (…) è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità (…) nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati” (Rm 8, 19-24)

Negli ultimi decenni il centro storico di Venezia ha visto via via diminuire il numero dei residenti stabili (oggi circa 50 mila abitanti). Ciò vuol dire che è difficile rimanere e vivere a Venezia per i costi e le difficoltà strutturali tipiche di queste città, sempre più condizionata dall’essere luogo dove converge ogni anno un numero sproporzionato (almeno 28 milioni) di turisti.

Eppure vorremmo coltivare di nuovo – e affidare al Signore che viene nella nostra carne umana – quella profezia che l’Antico Testamento ci trasmette in una pagina di Zaccaria: “Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze… Così dice il Signore degli eserciti: Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi?” (8, 4-6). Queste parole sono state dette per Gerusalemme – la città per eccellenza e la città “finale” secondo la rivelazione cristiana – ma ben si adattano e si applicano alla nostra Venezia di oggi e di domani.

Su un punto bisogna essere chiari: noi veneziani amiamo i turisti, vogliamo che Venezia sia città del mondo, accogliente e aperta a tutti. Ma tutto ciò deve avvenire in modo sostenibile – avendo a disposizione spazio limitati e fragili – e con regole chiare e “umane”, che preservino e favoriscano la dimensione “civica” della vita quotidiana della città e conformino le modalità del turismo e del commercio alle reali possibilità di questo splendido e fragilissimo territorio lagunare.

Cogliamo questa drammatica occasione per trasformarla in opportunità provvidenziale, riscoprendo e riscrivendo un nuovo modello di vita per la nostra città. E per farlo ci rivolgiamo certo alla politica – a tutti i livelli – ben sapendo che, prima della politica, viene la società e prima di quest’ultima viene la persona.

Sì, vogliamo tutti una Venezia viva e abitata da uomini e donne, a misura di bambini, anziani, famiglie e di chi è più debole. E questo non è facile in una città sottoposta a ritmi vertiginosi perché – ed è una ricchezza inestimabile – ogni periodo dell’anno, ormai, è segnato da avvenimenti e manifestazioni che rendono la città sempre bella e perciò continuamente visitata.

Venezia deve pensare ed essere pensata in grande. Anche per questi motivi – accanto e più ancora di una legge speciale – avrebbe bisogno di uno statuto speciale che ne riconosca non solo la bellezza e la peculiarità (tante città lo sono, specialmente nella nostra Italia) ma soprattutto la sua unicità che la rende una città patrimonio del mondo, da considerare con norme e attenzioni “speciali”, da verificare poi con lungimiranza e giustizia.

Credo anche – l’ho ripetuto alle varie testate giornalistiche straniere venute a Venezia nelle settimane scorse – che vadano incoraggiati e sostenuti gli sforzi accelerati e ponderati di portare finalmente a termine il Mose. Non possiamo permetterci il “rischio” di altri due autunni (sono quelli che precedono la fine dei lavori preventivata per il 31 dicembre 2021) sotto la spada di Damocle di altre acque alte eccezionali, viste le frequenze e i livelli di marea sempre più elevati degli ultimi periodi. Se la politica non fa la sua parte e non si “chiudono” i lavori al più presto e se il Mose non comincia a funzionare, ci attendono ancora tempi faticosi.

Da apprezzare, senz’altro, è il riferimento che la neopresidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha fatto su Venezia citando il problema dei cambiamenti climatici. Venezia ha tutte le carte in regola per diventare una sorta di “laboratorio” ed essere sede adeguata (non solo suggestiva) per un’agenzia internazionale e un centro di ricerca sui cambiamenti climatici in tutto il mondo, proprio perché è una città che vive ogni giorno immersa nella fragilità e nelle sofferenze tipiche di tali mutazioni.

Potrebbe scaturire una nuova luce sul nostro futuro, con una prospettiva di sviluppo diverso e sicuro. Venezia risponderebbe così ad una vocazione storica – continuamente da rinnovare – che deve legarsi alla sua bellezza unica, non solo da ammirare ma da apprezzare e tutelare.

E per difendere la bellezza e l’unicità di Venezia, dobbiamo essere capaci di mettere in atto azioni, istanze e ricerche che ci permettono di guardare al futuro preservandone la storia e rendendola fruibile alle generazioni future.

Con questi pensieri, tratti dalla recente e stringente attualità, offerti a tutti coloro che appartengono e sono legati, in vario modo, alla città e alla Chiesa che è in Venezia, ci apprestiamo a vivere le feste natalizie ormai vicine.

Riascoltiamo, come un pegno di forte consolazione e sicura speranza per il nostro futuro, le parole che la liturgia ci consegna nella Santa Notte del Natale.

Nel Bambino Gesù nato a Betlemme “risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te – Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno – in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale” (dal Prefazio della notte di Natale).

Tutti benedico con vero affetto fraterno e a tutti rivolgo l’augurio di un sereno e gioioso Natale del Signore!

 

Francesco, patriarca