Intervento del Presidente della Cet all'inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto (Zelarino, 27 febbraio 2019)
27-02-2019

Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto

Inaugurazione dell’Anno giudiziario (Zelarino, 27 febbraio 2019)

Intervento del Presidente della CET e Moderatore del Tribunale Ecclesiastico Triveneto

S.E. Mons. Francesco Moraglia

 

 

Stimati operatori del Tribunale Ecclesiastico Triveneto,

mentre porgo a tutti e in particolare al Vicario giudiziale mons. Adolfo Zambon il più cordiale saluto, presento – con vera  gioia – il nuovo Vescovo delegato della Conferenza Episcopale Triveneto S. E. mons. Pierantonio Pavanello, Vescovo di Adria-Rovigo, che voi ben conoscete perché già apprezzato giudice di questo Tribunale e già docente di diritto matrimoniale canonico e di diritto processuale canonico presso la Facoltà di Diritto canonico San Pio X di Venezia.

Rivolgo il mio saluto al Vescovo di Belluno-Feltre mons. Renato Marangoni, qui presente, e a tutti gli altri Vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto che seguono sempre con attenzione i lavori di questo Tribunale.

Ringrazio i giudici, i difensori del vincolo, gli avvocati e i consulenti per il prezioso servizio a favore di quanti si rivolgono al Tribunale Ecclesiastico del Triveneto e, con loro, ringrazio anche il personale tecnico e amministrativo.

La competenza del Tribunale Ecclesiastico Triveneto – desidero sottolinearlo – si esprime su due piani fra loro strettamente legati o, meglio, intrinsecamente connessi:

  • la competenza giuridica, che si manifesta nella corretta recezione e applicazione del diritto della Chiesa e, in particolare, del diritto processuale;
  • la competenza pastorale, in quanto incontrate persone che hanno sperimentato la ferita della conclusione di una vita coniugale e chiedono aiuto per far luce sulla loro situazione personale e matrimoniale, chiamati così a rileggere il loro vissuto.

Ora, dato che l’attenzione pastorale è necessariamente complementare a quella giuridica, essa non può consistere in una de-giuridizzazione dell’ordinamento canonico.

Se, per attenzione agli aspetti psicologici e culturali di una vicenda matrimoniale fallita, si ponesse in ombra la questione chiave – quella della validità del sacramento celebrato, valutata principalmente sulla base dei vizi del consenso – si starebbe di fatto imprimendo una mutazione sostanziale alla comprensione teologica del sacramento nella sua imprescindibile dimensione oggettiva e, in tal modo, non si manifesterebbe una reale attenzione pastorale.

Un’attenzione pastorale vera alle persone che sottopongono il proprio matrimonio al giudizio della Chiesa si realizza, invece, in una corretta visione di quanto hanno celebrato, delle sue proprietà ed elementi essenziali, di ciò che è necessario nel consenso matrimoniale, ponendo quindi in essere una vera azione educativa e un’adeguata comprensione del matrimonio che, sole, potranno aiutare gli sposi a maturare uno sguardo obiettivo sul proprio vincolo.

Acquisire tale sguardo è divenuto qualcosa di importante per l’attribuzione del valore di prova piena alle confessioni e dichiarazioni giudiziali delle parti (ma lo stesso si deve intendere per le deposizioni dei testi qualificati), rimanendo il fatto che – com’è evidente – queste confessioni e dichiarazioni devono essere necessariamente corroborate da un giudizio sulla loro credibilità e dall’assenza di elementi che le confutino.

Non sarebbe – va detto – vera attenzione pastorale dare automaticamente valore di prova piena alla confessione o dichiarazione delle parti o, addirittura, di una sola parte. Anche prescindendo dal fatto, tutt’altro che irrilevante, che così facendo si rischierebbe di invertire il verso del favor iuris (da pro vinculo a pro nullitate), si starebbe di fatto scaricando sul fedele, che si è rivolto alla Chiesa per avere un autorevole giudizio sul proprio matrimonio, la stessa responsabilità morale di tale valutazione che, invece, è costituzionalmente propria della Chiesa e tale deve rimanere.

Ne consegue che un tale atteggiamento in tanti modi si potrebbe qualificare ma, di certo, non come un atteggiamento veramente pastorale e fatto di accoglienza, ascolto, accompagnamento e discernimento.

Il bene del popolo di Dio chiede oggi in modo particolare che ogni operatore del processo di nullità matrimoniale (giudici, difensori del vincolo, avvocati, consulenti) avverta, in coscienza, come proprio un impegno responsabile, competente, consapevole e fattivo, così che si formino una cultura e un sentire corretti circa il matrimonio e la relazione uomo-donna, alla luce degli obblighi e diritti e della realtà sacramentale presenti tra due battezzati o, almeno, uno dei due.

Se al di fuori dell’ambito propriamente processuale ogni operatore viene chiamato a rispondere con generosità a tale esigenza del popolo di Dio, questa risposta si pone come dovere imprescindibile nello specifico ambito del Tribunale dove si accostano, appunto persone che hanno sperimentato la fatica o il fallimento di un’unione e che si rivolgono alla Chiesa per avere luce e autorevole indicazione circa la loro vita.

Ringrazio l’impegno profuso dal nostro Tribunale che, attraverso i suoi operatori, si è anche reso disponibile nell’ambito della formazione per «accrescere negli sposi – come ha ricordato Papa Francesco nel suo recente discorso alla Rota romana (29 gennaio 2019) – la consapevolezza dei valori e degli impegni propri della loro vocazione».

In questa linea il Tribunale Ecclesiastico Triveneto – con le Facoltà di Teologia del Triveneto, quella di Diritto canonico San Pio X di Venezia e l’Osservatorio giuridico-legislativo della regione ecclesiastica triveneta – ha attivato un corso per operatori della pastorale matrimoniale – «Il servizio della Chiesa verso le “famiglie ferite”» – giunto quest’anno alla seconda edizione.

Ognuno, così, secondo la propria specificità, ha contribuito a mettere in dialogo diverse competenze del nostro territorio per formare una competenza teologico-pastorale e giuridico-canonica in coloro che, nelle nostre Chiese del Nordest, sono chiamati ad offrire  un servizio di accoglienza e di accompagnamento a quanti hanno vissuta la separazione e/o il divorzio o vivono una nuova unione dopo il divorzio.

Anche per questo impegno pastorale – oltre che per l’ordinario lavoro – desiderio ringraziare gli operatori del Tribunale Ecclesiastico Triveneto, i giudici, i difensori del vincolo, gli avvocati, i consulenti e, in particolare, il Vicario giudiziale mons. Adolfo Zambon.