Intervento del Patriarca durante la Veglia di preghiera e testimonianza "Insieme contro la tratta. Perché le persone non sono giocattoli!” (Verona, 8 febbraio 2020)
08-02-2020

Veglia di preghiera e testimonianza “Insieme contro la tratta. Perché le persone non sono giocattoli!”

(Verona, 8 febbraio 2020)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

“Il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto… Il Signore riscatta la vita dei suoi servi” (Sal 34, 19.23): queste parole del salmo 34 hanno guidato poco fa la nostra preghiera e ci hanno ricordato una verità fondamentale.

Il nostro Dio è dalla parte di chi – uomo o donna, adulto e bambino – è afflitto e povero, è dalla parte di chi è scartato e messo ai margini, di chi è colpito e violentato nella sua dignità o addirittura schiavizzato. Sì, il Signore è vicino e “riscatta”, cioè interviene per salvare e risollevare, per restituire al valore grande che è presente in ogni persona umana.

E noi, suoi figli e credenti in Lui, noi che invochiamo il suo nome siamo chiamati ad essere annunciatori e testimoni di quella splendida verità – che è una verità di amore, che è amore per la verità – e che supera tutto e scardina davvero ogni catena. Anzi, come suoi discepoli, siamo sollecitati a far sì che anche nella nostra realtà di oggi ci siano occasioni, momenti, spazi, possibilità di aiuto e di riscatto per tutti.

Santa Giuseppina Bakhita, con tutta la sua vita, è come una parabola vivente di questo amore e di questa verità che riscattano. Ma ci sono anche altri importanti testimoni che, con il loro essere “trasparenza” di questo Dio, prima e più ancora del loro fare e delle loro opere pur rilevanti e meritorie, ci possono aiutare molto nel nostro impegno di oggi.

Pensiamo alla singolarissima figura dello spagnolo san Pietro Claver (1580-1654), sacerdote della Compagnia di Gesù: per oltre quarant’anni a Cartagena, in Colombia, si dedico a raccogliere e soccorrere, a curare e riscattare – per quanto possibile – le ferite del fisico e dello spirito degli schiavi neri che lì arrivavano dall’Africa. Si pone a servizio di questi schiavi, con tutto il suo essere, senza risparmio di energie e forze.

“A questa gente che non ha nulla, che non è nulla, insieme al soccorso offre il rispetto. Si sforza di risvegliare in ognuno il senso della sua dignità, senza il quale non potrebbe parlare di Dio e del suo amore” (Domenico Agasso). A tutti annunciava, insegnava e mostrava – con la sua vita spesa e offerta – la dignità che appartiene a tutti i figli di Dio.

Si narra che solamente Pietro Claver, attraverso un’attività di catechesi fatta con parole e grandi cartelli con immagini, ne “rigenerò” con l’acqua del Battesimo e ne condusse alla fede circa trecentomila di loro. Si definì “servo degli etiopi per sempre” (per “etiopi” gli spagnoli indicavano genericamente tutte le popolazioni di colore).

Fu attivissimo ed instancabile in quest’opera di carità e misericordia autentica – insieme materiale e spirituale – fino a quando si ammalò (probabilmente di peste) e trascorse gli ultimi anni della sua vita immobile a letto e nella sua cella, immerso nella preghiera e nella contemplazione, ed anche maltrattato e sostanzialmente dimenticato.

Ma ricordiamo anche una bella figura più vicina a noi: il santo missionario – a lungo in Africa – e poi vescovo Daniele Comboni (nato a Limone sul Garda nel 1831, morto a Khartum nel 1881), fondatore dei Comboniani. Si batté sempre, scontrandosi aspramente con i potentati locali, contro la schiavitù e la tratta degli esseri umani, e al motto di «salvare l’Africa con l’Africa» ideò anche numerosi progetti scolastici e formativi per far crescere la realtà locale, la gente del posto, promuovendo in loco cultura e lavoro. E tutto ciò derivava dal suo impegno missionario e di evangelizzazione che vanno di pari passo con la promozioen umana.

“La fede – sono parole di san Daniele Comboni – è l’unico mezzo, anche il più sicuro, contro la schiavitù, perché insegna che la libertà dei figli di Dio è per tutti… Anche il progresso portato avanti dai missionari dà gloria al Cristo, che è l’unica fonte di civilizzazione”. Sin da subito si disse “disposto a patire e sudare fino all’ultimo respiro, e a morire per Gesù Cristo e per la salute dei popoli infelici dell’Africa Centrale”. E così, in effetti, avvenne.

Questi esempi di vite offerte e donate, spendendosi in prima persona, sono testimonianza di come l’essere di Cristo e l’annuncio del Vangelo toccano e cambiano la vita delle persone e la storia dei popoli, perché il Signore riscatta sempre la vita dei suoi servi, anzi – in Cristo lo possiamo dire con la certezza della fede – riscatta sempre la vita dei suoi figli.

In particolare santa Giuseppina Bakhita – che uno dei fili misteriosi e sorprendenti della Divina Provvidenza ha voluto associare così strettamente anche alle nostre terre venete – ci aiuti sempre con il suo esempio e la sua intercessione per essere sempre a favore della giustizia e della dignità della persona, per essere tutti “Insieme contro la tratta!”.