Intervento del Patriarca all'incontro formativo della Caritas Veneziana in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato “Nella legalità, oltre le prassi, oltre il mare” (Zelarino, 20 giugno 2019)
20-06-2019

Incontro formativo della Caritas Veneziana in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato “Nella legalità, oltre le prassi, oltre il mare”

(Zelarino, 20 giugno 2019)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Intervengo volentieri all’incontro formativo che rappresenta uno dei diversi momenti che compongono questa giornata – voluta e promossa dalla Caritas diocesana – e che testimoniano come il tema delle migrazioni e la stessa figura del rifugiato ci toccano nella concretezza e quotidianità della vita e, via via, attraversano tutti gli ambiti dell’esistenza.

Ci sono, certamente, le grandi questioni politiche e giuridiche che vanno affrontate e dibattute – e qui penso in particolare all’assenza dell’Europa in tale delicata materia – affinché si trovi una strada valida e sicura, una strada soprattutto umanamente dignitosa e percorribile insieme per soccorrere chi ha bisogno di aiuto e di “rifugio”.

Non dimentichiamo – lo ha opportunamente evidenziato anche stamattina il presidente della Repubblica Mattarella – che accogliere chi è in questo “status” è un dovere e principio fondamentale, riconosciuto già dalla nostra Costituzione (art. 10) e poi dalla Convenzione di Ginevra. Ma nessuno, ha aggiunto, “nessun Paese è in grado di rispondere da solo”.

C’è però, più in generale, un impegno che riguarda tutti – a livello personale e sociale – per garantire a quanti sono giunti tra noi un’accoglienza e un’integrazione possibile e reale, dal volto umano e quindi creando un contesto favorevole e culturalmente “attrezzato”.

È bello, non marginale (o puramente aggiuntivo), che la Giornata odierna – accanto all’utile approfondimento di questo pomeriggio sulla buona pratica dei “Corridoi umanitari” e sulle vie legali d’ingresso e alle riflessioni su cosa consista l’essere vulnerabili e cosa significhi davvero essere “comunità accoglienti” – abbia proposto o stia per proporre più avanti anche laboratori per bambini, ragazzi, giovani e adulti, un tempo di convivialità ed anche momenti in cui la realtà di chi cerca – a volte drammaticamente – rifugio viene rappresentata attraverso le forme artistiche della musica, del teatro e della danza.

Mi sembra che, anche in questo modo e attraverso le molteplici attività che, in particolare, la Diocesi di Venezia e la Caritas diocesana stanno continuando a portare avanti su questo fronte – mettendo a disposizione persone, risorse e strutture – si stia cercando di rispondere alle sollecitazioni che il Vangelo e gli insegnamenti di Gesù ogni volta ci pongono dinanzi.

Ringrazio qui il Vicario Episcopale per i Servizi della Diocesi, don Fabrizio Favero, il direttore della Caritas il diacono Stefano Enzo, il pro-direttore Enzo Margagliotti, la segretaria Francesca Palma, i membri del Consiglio Diocesano e tutti i collaboratori che si muovono a vario titolo in tale ambito. Grazie di cuore per il vostro impegno.

Il Santo Padre Francesco – nel suo messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (che, per la Chiesa, sarà celebrata il 29 settembre 2019), significativamente intitolato “Non si tratta solo di migranti” – ci ricorda con puntualità che «la presenza dei migranti e dei rifugiati – come, in generale, delle persone vulnerabili – rappresenta oggi un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità. Ecco perché “non si tratta solo di migranti”, vale a dire: interessandoci di loro ci interessiamo anche di noi, di tutti; prendendoci cura di loro, cresciamo tutti».

E, poco più avanti nel testo, indica che «la risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ma questi verbi non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati. Se mettiamo in pratica questi verbi, contribuiamo a costruire la città di Dio e dell’uomo, promuoviamo lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e aiutiamo anche la comunità mondiale ad avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile che si è data… non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, ci aiutano a leggere i “segni dei tempi”».

Ma di fronte a tali questioni oggi abbiamo tutti un compito che attende soprattutto chi ha responsabilità di carattere politico, culturale, sociale ed educativo e può incidere di più sul modo di pensare delle persone: saper affrontare e risolvere tali questioni con grande realismo e larghezza di vedute (e di cuore), senza sfuggire i problemi, con rispetto di tutti (sia di chi viene accolto sia di chi accoglie) e garantendo, quindi, anche la necessaria sicurezza.

Solo così, per usare ancora le parole di Papa Francesco, potremo vincere le nostre paure insieme alle “cattiverie e brutture del nostro tempo” che finiscono per accrescere «il nostro timore verso gli altri, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri […]. E questo si nota particolarmente oggi, di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, di sicurezza e di un futuro migliore. È vero, il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro. Il problema non è il fatto di avere dubbi e timori. Il problema è quando questi condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti. E così la paura ci priva del desiderio e della capacità di incontrare l’altro, la persona diversa da me; mi priva di un’occasione di incontro col Signore».

Auguro una buona continuazione di questa Giornata: che aiuti a crescere nell’incontro fecondo tra di noi e in particolare con Dio, avvertito sempre più come Padre nostro, cioè di tutti.

Impegniamoci dunque, secondo le nostre possibilità, a costruire una società più umana, sicura, legale, capace di offrire a tutti una vera “casa” per evitare che, dopo aver superato incolumi i pericoli della traversata dei deserti e del mare, non si cada in quelli delle nostre strade e magari anche intrappolati nelle reti dell’illegalità e del crimine.