Intervento del Patriarca all'incontro di presentazione dell’ultimo numero dei “Quaderni della Procuratoria” (Venezia – Sala Sant’Apollonia, 18 dicembre 2020)
18-12-2020

Incontro di presentazione dell’ultimo numero dei “Quaderni della Procuratoria” (Venezia – Sala Sant’Apollonia, 18 dicembre 2020)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Ringrazio la Procuratoria di San Marco per il “Quaderno” che oggi viene presentato; in particolare ringrazio il Primo Procuratore Carlo Alberto Tesserin e quanti hanno collaborato alla pubblicazione del pregevole testo. Percepiamo una qualità, uno studio e una specializzazione circa qualcosa che ci sta a cuore, perché il contenuto riguarda la nostra Basilica.

Un ringraziamento va al personale della Procuratoria – custodi, operai, artigiani, personale tecnico e amministrativo che in questi mesi difficili, tra un’”acqua granda” e una pandemia, custodiscono e tutelano questo grande tesoro, che è simbolo di Venezia, la basilica che custodisce le spoglie dell’Evangelista Marco.

Nei giorni scorsi, anche ai membri della Commissione Istruzione e Beni Culturali del Senato – in visita alla basilica – mi sono rivolto ricordando che il nostro pensiero va alla Basilica ma non meno ai lavoratori, alle lavoratrici e alle loro famiglie e, quindi, all’occupazione di quanti vi operano quotidianamente: 57 persone. Vuol dire 57 famiglie in un momento, in un periodo, in un’epoca in cui è molto importante poter garantire il lavoro alle persone.

Come è stato detto, l’importanza dell’intervento per conservare le coppie di colonne del portale di San Pietro (e i loro capitelli) si colloca in una serie di importanti eventi.

Scorrendo il Quaderno non si può fare a meno di ritornare alle immagini e alla realtà che da tempo ci accompagnano e segnano la vita di questa “perla” unica denominata la Basilica d’oro.

Gli eventi mettendo a rischio questo gioiello unico che è la Basilica: è unica!

Ormai da parecchi mesi porto nel cuore due pensieri: la constatazione quotidiana che la città – nella sua straordinaria bellezza – pare un deserto, un deserto che genera una sorta di solitudine dell’anima; una città che si sta spopolando, priva della presenza di turisti e visitatori che fino ad un anno fa erano in numero eccessivo e costituivano un problema. Ora la loro totale assenza costituisce un altro grave problema: penso di nuovo del lavoro.

Il secondo pensiero che mi accompagna è di sofferenza e amarezza nel vedere troppo spesso il nartece della Basilica invaso dall’acqua alta; invaso non solo da quella che chiamiamo “acqua granda”, ma anche dall’acqua che arriva a livelli inferiori. Sappiamo che poco più di un anno fa quest’acqua ha sfondato, è entrata in Basilica ed ha coperto la cripta.

Il Quaderno della Procuratoria testimonia la passione e la cura che, da secoli, spendono coloro che in un dato momento storico hanno come compito la conservazione della Basilica. Questi spazi splendidi e unici sono oggetto di continui interventi di consolidamento e restauro ma rimangono in costante pericolo, come è avvenuto anche negli ultimi giorni. Eppure si poteva prevedere di intervenire in modo particolare, temendo che la situazione dell’anno scorso potesse riproporsi.

Non solo quindi il tempo, dunque, non solo gli agenti atmosferici, ma anche le lentezze umane e gli indugi burocratici possono costituire un problema con decisioni che risulta tante volte difficile comprendere e che non paiono rivolte a risolvere o rendere più vivibile la vita di chi “abita” questa parte di città e la stessa vita della Basilica.

Per certi versi, i primi passi (sperimentali) del Mose fanno ben sperare in quanto sembra che l’opera riesca a proteggere Venezia dai livelli più alti di marea; rimane, però, aperta la delicata questione “politica”, ossia il coinvolgimento della città nella gestione (ambito istituzionale, tecnico ed economico) e poi, anche, la questione dell’affidabilità; in parole semplici, i veneziani e i turisti devono sapere, al momento richiesto, se il Mose entrerà regolarmente in funzione. Se manca l’affidabilità, tutto il senso dell’opera verrebbe meno.

La grande opera del Mose è stata posta in atto ma attendiamo anche altre opere di prevenzione, da troppi anni, e fatichiamo a comprendere ritardi ulteriori per quelle difese che sono necessarie

Rimangono, appunto, le preoccupazioni per la Basilica e l’intera “isola” di S. Marco: come far fronte alle acque di medio e medio-alto livello, quelle che vanno dai 78 ai 130 cm sul livello medio mare (sempre più frequenti e “ordinarie”). Bisogna evitare che, ogni volta, il delicato e già troppo “provato” nartece sia invaso dall’acqua e vi si arrechino nuovi danni ad opere realizzate – e poi restaurate nel passato e anche di recente – con materiali sempre meno reperibili, i cui giacimenti sono in esaurimento.

È importante che su quest’area si decida e si provveda, finalmente, senza più rinviare. Rinnovo – sotto forma di augurio “natalizio” – l’invito a chi è chiamato a prendere decisioni risolutive o ad esprimere pareri vincolanti di valenza pubblica a tutela della nostra città. Si decida, con saggezza ed equilibrio, anche a riguardo dell’area marciana, perché non possiamo continuare ad assistere impotenti a questo spettacolo desolante che, ogni volta, ferisce e pregiudica ulteriormente lo stato della Basilica. Si decida!

Viviamo – e continueremo a vivere – periodi difficili per un numero crescente di persone, famiglie e “categorie” della nostra città che è stata ed è, tuttora, messa a dura prova. Non sappiamo, ancora, quali saranno le complessive ricadute economiche e le conseguenze sociali che ne deriveranno e che dovremo toccare con mano.

Sappiamo, però, che i tempi di crisi e i cambi d’epoca portano nuove opportunità – mai, però, scontate – per cambiare in meglio e modificare le storture e gli stili di vita che – a livello sociale ed economico – hanno maggior bisogno di revisione e rinnovamento.

Servirà forse un colpo, diciamo, di reni per cambiare qualcosa che nell’ordinarietà non si ha la forza o non si riesce a trovare il consenso per cambiare. Allora si potrà davvero ripartire.

“Ma è proprio in tali frangenti – come scrivo anche nel testo di questo Quaderno – che siamo chiamati, ancora di più, ad aggrapparci al bello, al vero, al buono, al giusto che per il cristiano sono altrettanti nomi di Dio. Dobbiamo appigliarci, in questi frangenti, a ciò che è essenziale e che conta davvero. E la nostra splendida basilica – a ragione denominata “d’oro”, in ogni suo angolo – ce lo indica in continuazione e anche in maniera illimitata, poiché il bello non va misurato a metri, non si misura a centimetri, non si misura a chili, è qualcosa di qualitativo in quanto, come riflesso di Dio, il bello è inesauribile. Esprimo l’augurio – e qui lo rinnovo – che per Venezia si apra un tempo di condivisione sui progetti fondamentali, per i quali tutti operino guardando al bene della città; ciò è reso oggi più necessario proprio dai giorni che stiamo vivendo. Un tempo, insomma, di vera ripartenza e ricostruzione in modo che Venezia sia rispettata e salvaguardata nella sua unicità che ne diventa la cifra ultima”.

Anche ai senatori della VII Commissione Istruzione e Beni Culturali del Senato, durante la loro visita in basilica di qualche giorno fa, ripetevo che Venezia è, innanzitutto, opera delle mani di Dio (perché Venezia è il suo mare, la sua laguna e le sue terre emergenti che non sono opera nostra ma doni ricevuti; il primo artista che ha messo mano sulla natura e sul mare è il buon Dio); nondimeno, però, è opera delle mani dell’uomo, di artisti geniali e unici e della volontà politica della Repubblica Serenissima che si fregiava del nome dell’evangelista Marco. Sì, proprio la Repubblica ha fatto della bellezza la cifra ultima della sua potenza politica, economica e militare.

Questa potenza politica ed economica, come sappiamo, non esiste più da secoli; permane, invece, il bello e lo splendore che essa ha generato e che vive nel magnifico, unico e vastissimo patrimonio artistico, soprattutto religioso.

Ma potremmo ancora parlare di Venezia se la immaginassimo – solo per un istante – priva di tutte le sue innumerevoli chiese, facciate, campanili e cupole che si stagliano nel cielo? Mi viene alla mente la felice espressione del Manzoni, lapidaria (chi ha molto da dire parla poco, in genere; chi ha poco da dire parla molto…), che riserva al cielo di Lombardia (al capitolo XVII dei Promessi Sposi) che riferisco al cielo di Venezia: “…così bello, quando è bello, così splendido, così in pace”.

Auguro un cielo sereno sopra Venezia, anche se nessuno di noi è ingenuo, facilone, pressapochista… Ma dobbiamo lavorare perché il cielo di Venezia sia bello, splendido e in pace.

Riflettiamo, infine, sul fatto che la potenza politica, economica e finanziaria e la rete di traffici e commerci della Repubblica Serenissima oggi non esistono più, mentre rimane l’immenso patrimonio culturale che ha prodotto. È necessario, quindi, essere custodi attenti di tale patrimonio che non ha eguali; impegnarsi in una oculata gestione economica dei beni culturali – in vista della loro fruibilità da parte di un maggior numero di persone – non è solo questione culturale che riguarda pochi, ma è questione “politica” nel senso originario e più alto del termine, ossia qualcosa che riguarda la polis, la città, il bene comune.

Ai nostri senatori in visita alla Basilica ho ricordato l’articolo 9 della Costituzione che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Questo, oggi, più che mai, vale per Venezia: istituzioni e cittadini devono tutelare e promuovere una cultura che è, insieme, espressione della società, dell’arte e del territorio. Tutto ciò è parte della nostra storia.

La Mostra del Cinema è stato un esempio virtuoso, riuscendo a realizzare un bell’evento senza cancellarlo, anche se si è dovuto vivere in circostanze “determinate”. Mi sono per questo complimentato con il presidente Cicutto.

Allo stesso tempo è fondamentale che la città rimanga “viva”, “vivibile”, “abitata”, “pensata”, “governata”, ponendo al centro l’uomo, considerato nelle differenti stagioni della vita perché tutte siano vissute in pienezza e secondo le esigenze del bambino, del giovane, dell’adulto, dell’anziano. Abbiamo bisogno di una città che corrisponda alle varie stagioni della vita. Bisogna riscoprire anche una città a misura di famiglia.

La nostra amata e oggi “deserta” Venezia è, da troppo tempo, un’immagine malinconica ma realissima delle difficoltà in cui viviamo.  Fatichiamo a vedere l’uscita del tunnel e, proprio per questo, non dobbiamo smarrire il coraggio e la speranza. Una ripresa autentica – anche per Venezia – sarà possibile se si metteranno al centro dello scacchiere le priorità autentiche che illuminano e orientano la nostra società e soprattutto la cultura che la anima.

La tutela e la cura della Basilica di San Marco, non solo è preoccupazione della Procuratoria, che pure ha questa missione specifica, ma pure di chi ha compiti istituzionali o tecnici e responsabilità a vari livelli, sarà di certo un banco di prova decisivo.

Di nuovo grazie a tutti e, sin d’ora, l’augurio – quanto mai prezioso di questi tempi – di un Natale semplice, che aiuti tutti a tornare alle radici smarrite di questa festa cristiana così importante.