Intervento del Patriarca alla presentazione del libro di Stefania Falasca “Papa Luciani. Cronaca di una morte” (Venezia / Sala Sant’Apollonia, 13 marzo 2018)
13-03-2018

Presentazione del libro di Stefania Falasca

“Papa Luciani. Cronaca di una morte”

(Venezia / Sala Sant’Apollonia, 13 marzo 2018)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Al Cardinale Pietro Parolin – Segretario di Stato di Sua Santità – il nostro grazie. Eminenza, la Sua presenza ci onora.

Un cordiale saluto alle autorità, all’autrice del libro, la dottoressa Stefania Falasca, ai relatori – il professor Gianpaolo Romanato e la dottoressa Lina Petri, nipote di Giovanni Paolo I -, a Paolo Ruffini, direttore di TV 2000 e moderatore di questo nostro dialogo e a tutti i presenti.

Innanzitutto desidero indirizzare un affettuoso pensiero e augurio al Santo Padre Francesco che oggi entra nel suo sesto anno di servizio alla Chiesa universale come successore dell’apostolo Pietro, come padre universale, come colui che presiede alla carità universale. Santo Padre, Le diciamo il nostro affetto e Le assicuriamo la nostra preghiera!

Desidero poi manifestare la mia più viva soddisfazione perché questo libro su Papa Giovanni Paolo I – il Patriarca Albino Luciani – viene presentato in un luogo significativo, legato sia alla Basilica sia alla Procuratoria di San Marco e nella città di cui Luciani fu Vescovo per oltre otto anni, dal 15 dicembre del 1969 all’elezione a Sommo Pontefice. Si tratta di un libro che ha il pregio di far chiarezza e che si pone come imprescindibile punto di riferimento per ogni ulteriore ricerca su questo tema che sempre si pone e si porrà all’interesse e alla curiosità della pubblica opinione.

Entro subito in argomento. Una morte improvvisa – soprattutto se inattesa – colpisce e interroga sempre e comunque… Figuriamoci se si tratta della morte di un Papa! Se poi aggiungiamo che il Papa era stato eletto solo 33 giorni prima, allora, vi sono tutti gli elementi necessari per ipotizzare e addirittura fantasticare ogni possibile complotto.

Il volume di Stefania Falasca “Papa Luciani. Cronaca di una morte”, impreziosito dalla prefazione del Cardinale Pietro Parolin, si raccomanda per rigore di documentazione e onestà intellettuale e costituisce una risposta a ogni possibile strumentalizzazione della vicenda.

Nella sua cordiale e puntuale prefazione il Cardinale, tra le altre cose, scrive: “Viene così fatta luce sull’epilogo della vita di papa Luciani, vengono finalmente chiariti quei punti rimasti nel limbo, amplificati, travisati nella ricostruzioni noir e anche da parte di chi anche ha smentito l’ipotesi del complotto” (S. Falasca, Papa Luciani. Cronaca di una morte, Piemme 2018, pag. 7 / Prefazione).

L’autrice – nota giornalista e vicepostulatrice della causa di canonizzazione – va a fondo di ogni questione, soppesa con scrupolo ogni testimonianza. E non nasconde anche talune scelte non felici fatte nel momento della primissima comunicazione del decesso quando l’informazione avrebbe dovuto esser meno timorosa, confidando di più nei fatti che attestavano, da parte di tutti, comportamenti sempre onesti e trasparenti.

Certo, col senno di poi, è più facile parlare dimenticando come la sorpresa e lo sconcerto del primo momento, dinanzi ad una realtà del tutto inattesa – la morte del Papa appena eletto –, avesse colto tutti impreparati portando a “tutelarsi” con scelte che, ben presto, risultarono infelici.

Dallo scritto della dottoressa Falasca traspare – lo ribadisco – professionalità e obiettività di giudizio; in esso si mira ad accertare i fatti e lo stile risulta piacevole e avvincente.

L’incipit del volume è ricavato da una frase dello stesso Luciani tratta da Illustrissimi – che possiamo considerare il suo bestseller –, frase che ci fornisce la cifra interpretativa del libro. Nella sua parte centrale recita: “Nel deliberare tenete perciò conto solo dei fatti accertati. Dico fatti e non opinioni, dicerie. Dico accertati e non solo certi, perché non basta che siano validi per me, occorrono prove valide per tutti e che si possano esibire” (S. Falasca, Papa Luciani. Cronaca di una morte, Piemme 2018, pag. 9).

La ricerca dell’autrice risulta minuziosa e documentata, al punto che ogni opera futura sull’argomento non potrà, come detto, non confrontarsi con essa, a partire dalla cosiddetta letteratura noir – per riprendere le parole usate dal Cardinale Segretario di Stato nella prefazione -, una letteratura che, spesso, arricchisce l’intraprendenza dei suoi autori (talvolta un po’ troppo facilmente accreditati) e che però, in più di un caso, fatica a resistere all’accertamento dei fatti.

A questo punto desidero richiamare un episodio da cui si evince il profilo di Giovanni Paolo I, un fatto legato alla sua nomina a Venezia. Il neopatriarca viaggia sull’auto guidata da don Francesco Taffarel – la fonte è l’Osservatore Romano – e, a un certo momento, si ferma e offre a chi lo domanda un passaggio. Il discorso, inevitabilmente, cade sul fatto del momento: come non interrogare due preti – uno giovane, l’altro di mezza età – e chiedere loro notizie sul nuovo patriarca? E la domanda viene fuori diretta, senza giri di parole: “Chi è questo Luciani? Nessuno lo ha mai sentito nominare. Dovrebbero mettere un altro a Venezia…”.

Conservando l’anonimato, il neopatriarca spiega – con semplicità – che i criteri di Dio non sono quelli degli uomini. Dinanzi a tale semplicità, l’interlocutore rimane sorpreso, un po’ spiazzato, e conclude: “Dovrebbero fare patriarca un prete come lei…”.

Dall’episodio traspare non solo il profilo umano e spirituale del neopatriarca; ne esce l’icona della sua stessa vita. Albino Luciani è un umile figlio della terra veneta diventato – per quelle sorprese che Dio fa alla sua Chiesa – Patriarca e, poi, Sommo Pontefice; la stessa sorpresa che lo Spirito Santo ci riservò, proprio cinque anni fa, come oggi, con l’elezione a sommo pontefice di Papa Francesco. Ritornando all’episodio dell’autostoppista che dialoga con Luciani neopatriarca, è – se vogliamo – un episodio banale e forse del tutto insignificante, ma mostra bene l’animo, lo spirito, la stoffa dell’uomo.

Taluni, poi, a Venezia, per questo suo tratto semplice, sempre alla mano, finirono per considerarlo non all’altezza del presunto stile “patriarcale”; altri, invece, gli rimproveravano una mancata apertura alla modernità e a tale proposito riprendo, di seguito, le parole di Stefania Falasca che annota circa il ritratto di Luciani che ne conseguì: “…fu cristallizzato in cliché dai cultori dell’etichetta ‘progressisti o conservatori’, etichetta alla quale sfuggiva Luciani per la sua fisionomia incentrata sull’essenziale, e che avrebbe contribuito più tardi a costruire nell’opinione pubblica lo storytelling dell’isolato contro la Curia” (S. Falasca, Papa Luciani. Cronaca di una morte, Piemme, 2018, pag. 27).

Il testo di Stefania Falasca – che sono contento sia presentato alla presenza del Cardinale Segretario di Stato – prende in esame un tempo breve, poco più di un mese, concentrandosi poi sull’ultimo giorno che ricostruisce – possiamo dire – minuto per minuto; insomma, tutto quello che poteva essere acclarato è stato acclarato ed ogni momento è stato passato al setaccio con pazienza certosina.

Sfogliando le annate della rivista del Seminario Patriarcale ci si può imbattere nel fascicolo dell’anno 1978 in cui il rettore monsignor Giuliano Bertoli, in un suo scritto che ricorda il viaggio di Paolo VI a Venezia (16 settembre 1972), annota un particolare che, post factum, non può non far riflettere.

“Certamente – scrive Bertoli – fu un giorno dai risvolti provvidenziali e profetici… Leggendo il testamento spirituale di Paolo VI c’è un particolare che non sfugge a noi veneziani. E’ la data da lui apposta sul foglio contenente le note complementari ad esso: 16 settembre 1972, ore 7,30. Esattamente la mattina stessa del suo viaggio a Venezia… questo fa pensare che allorquando in piazza San Marco… si tolse la stola papale e la pose sulle spalle del nostro patriarca…. quasi a rivelare apertamente a chi avrebbe desiderato passare il peso del servizio pontificale” (La Madonna della Salute e i suoi Seminari, Anno LIV/3, pagg. 2-4).

Papa Luciani. Cronaca di una morte “è già, in se stesso, un titolo eloquentissimo! Confesso che, progredendo nella lettura, pagina dopo pagina, una domanda mi si è imposta, con forza crescente, alla mia attenzione: quale rapporto Luciani – uomo di preghiera e di grande fede -aveva maturato con la morte che lo avrebbe colto in modo così repentino e imprevisto, sorprendendo il mondo intero? Insomma, quale era lo sguardo di Luciani sul vivere e il morire? Come si preparava a quel momento che, per il cristiano, non è solo la fine ma il fine della vita?

E l’aiuto per rispondere a tale legittima curiosità mi è venuto proprio dal suo libro “Illustrissimi”, quando Luciani scrive all’Ignoto pittore del Castello.

Ecco le sue parole: «… la nostra vita è un viaggio con un punto di partenza e uno di arrivo: il nostro 20°, 50°, 60° anno non è che un tratto intermedio tra quei due estremi. Ma ecco: mentre conosciamo la distanza precisa dal punto di partenza, ci è completamente ignota la distanza dal punto di arrivo. Quanti anni ancora? Noi conosciamo molte brave persone; sanno disegno e meccanica, inglese e trigonometria; ma questa piccola nozione, questo dettaglio insignificante degli anni che ci restano, nessuno lo sa. L’animo si sente sfiorato da un brivido ed emette un proposito: “Gli anni possono essere pochissimi, può trattarsi solo di mesi o di giorni. Signore, non butterò via neppure un minuto!”. C’è un problema ancora più preoccupante. I porti di approdo son due: Paradiso e Inferno; il primo solo è desiderabile, rappresenta la fortuna delle fortune. Ci arriveremo? Ecco il problema. Tutti gli altri, al confronto di questo, sono niente. “Sono stato ricco, sono stato famoso, ho fatto una magnifica carriera. Tutto ciò non è che un disastro, se non ci arrivo. Intendo a quel primo, benedetto porto”!». (A. Luciani, Illustrissimi, Edizioni Messaggero Padova, 2006, pagg. 186-187)

Proprio queste parole – indirizzate all’Ignoto pittore del Castello – hanno accompagnato la mia rilettura del testo. E così, ripercorrendo la puntuale ricostruzione degli avvenimenti che hanno preceduto il momento del decesso o – per usare le sue stesse parole – dell’ingresso nel “benedetto porto”, ho immaginato che, se avesse avuto consapevolezza del brevissimo tratto di strada che gli rimaneva da percorrere nel cammino terreno, ci avrebbe detto con la sua semplicità e il suo sorriso: «“L’animo si sente sfiorato da un brivido ed emette un proposito: “Gli anni possono essere pochissimi, può trattarsi solo di mesi o di giorni. Signore, non butterò via neppure un minuto!” ».

Tale pensiero completa bene quello di trent’anni prima quando – giovane prete – al termine di un corso di esercizi spirituali parla del momento della morte con accenti profondamente evangelici, arricchiti da una spiritualità intensamente francescana e domandando a Dio di sperimentare la sua tenerezza, ad un tempo, materna e paterna: “Ti chiedo una grazia, vorrei che tu mi fossi vicino nell’ora in cui chiuderò gli occhi alla terra. Vorrei che tu tenessi la mia mano nella tua, come fa la mamma con il suo bambino nell’ora del pericolo. Grazie Signore” (C. A. Andreoli, Albino Luciani. Giovanni Paolo I. Un uomo di Dio, un papa santo, Libreria Editrice Vaticana 2017, pag. 172).

Papa Luciani. Cronaca di una morte“ è, quindi, un libro che aiuta a far chiarezza, partendo da fatti accertati, e si caratterizza per la forma del racconto rigorosamente fedele ad una ricostruzione storico-scientifica che ha il pregio, non comune, d’esser accessibile a tutti. Di questo siamo veramente riconoscenti all’autrice, la dottoressa Stefania Falasca, a cui va il nostro più sincero grazie.