Intervento del Patriarca al convegno “San Marco. La Basilica nel Terzo Millennio” (Venezia, 13 aprile 2019)
13-04-2019

Convegno “San Marco. La Basilica nel Terzo Millennio”

(Venezia, 13 aprile 2019)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

All’inizio di questo incontro che ci ha convocati per soffermarci, una volta di più, a contemplare e afferrare un po’ di più la bellezza singolare, inestimabile e delicatissima della nostra basilica marciana, rivolgo il mio cordiale saluto alle gentili autorità convenute e ai relatori illustri che interverranno nei vari momenti di questo pomeriggio, agli stimati Procuratori di San Marco che hanno l’onore e l’onere di guidarne l’opera quotidiana di custodia, tutela e salvaguardia e a tutti voi oggi qui presenti.

Parlare della basilica – che è intitolata al patrono di Venezia e delle genti venete san Marco evangelista e nacque oltrettutto come chiesa dogale prima ancora che come cattedrale – significa, ogni volta, riprendere in mano la storia di questa città e ripercorrere le vicende spesso gloriose ma anche intricate e umanamente complicate che hanno caratterizzato la lunga storia della Serenissima.

Guardare perciò a san Marco e alla basilica che ne porta il nome richiama subito – anche al turista più distratto – la specifica e antica identità veneziana che si caratterizza, da sempre, come volontà d’incontro, di scambi culturali e commerciali, di viaggi, alla ricerca di una ricchezza e di un benessere non solo di stampo economico ma umano, culturale, artistico, spirituale.

In san Marco (l’evangelista e la basilica) – che ci unisce all’Oriente ma soprattutto alle origini del cristianesimo – c’è quasi e da subito la profezia di quello che, nei secoli, sarebbe diventata la nostra città, la Regina dell’Adriatico, la Dominante, la Serenissima.

San Marco ci ricollega infatti all’Oriente ed in particolare alla Terra Santa, al Mediterraneo e all’Egitto (pensiamo alla città di Alessandria, di cui l’evangelista secondo un’antica tradizione fu vescovo). L’evangelista e la basilica omonima ci riportano però, soprattutto, alla persona viva dell’Unico Salvatore del mondo, il Signore Gesù che nel Vangelo marciano viene presentato, fin dall’inizio, come il Figlio di Dio e che i mosaici della nostra basilica sanno raccontare e riproporre in ogni lunetta, volta, cupola o arcone con sublime forza e straordinaria efficacia per cantare con il linguaggio della bellezza e dell’arte la vita beata in Dio da cui può discendere anche una serena e positiva convivenza terrena tra le persone e i popoli.

          “Nessuna città ha avuto mai una Bibbia più gloriosa”, diceva con convinzione lo storico e critico d’arte britannico John Ruskin il quale – come sapete, nel suo celebre “Le pietre di Venezia” – amava anche definire la basilica marciana “come pergamena dove è scritta la parola divina”. Don Bruno Bertoli – sacerdote veneziano, appassionato cultore e cantore della sua bellezza – amava poi ricordare che “le pietre e i mosaici di San Marco continuano ad elevare il loro inno di lode. Le une e gli altri non sono ammutoliti per l’impoverimento culturale e spirituale di molti credenti (…) e con l’avvento della modernità” (Bruno Bertoli, Arte, Bibbia, Preghiera. La basilica di San Marco e i suoi mosaici pag. 29, Marcianum Press / Studium Cattolico Veneziano 2009).

Basterebbero solo queste considerazioni di contesto generale – storico, culturale, civile, ecclesiale – per indicare il pregevole valore della nuova pubblicazione che oggi ci viene ufficialmente presentata e consegnata, voluta dalla Procuratoria di San Marco e curata dall’arch. Ettore Vio, per 35 anni dedito a svolgere con competenza il compito di “Proto” della basilica, e che in questa opera editoriale mette in campo e rende fruibile la perizia e la passione dimostrate in tutti questi anni e la summa di ricerche e studi portati avanti da numerosi e qualificati esperti. Alla Procuratoria e, oggi in particolare, all’arch. Vio vanno perciò tutta la nostra riconoscenza e gratitudine per questo dono.

Come ho osservato anche nella prefazione che mi è stata chiesta, è stato per me molto consolante verificare quotidianamente come la nostra “basilica dorata” venga avvertita come “patrimonio comune” – della città, del mondo – e continua sempre a suscitare un’emozione profonda e a parlare al cuore e alla mente delle persone e delle istituzioni, dei veneziani e dei milioni di visitatori e turisti che ogni anno la ammirano.

Anche nel terzo millennio, insomma, per riprendere il filo conduttore della giornata odierna, la basilica patriarcale di S. Marco è in grado di avvincere e conquistare sia lo studioso che il visitatore, con un fascino raramente riscontrabile in altri luoghi o situazioni; è – scrivevo – “la dimostrazione che il bello riesce sempre a colpire per la sua ineffabile gratuità. E ci dice qualcosa di importante su Dio, che è gratuità, è grazia, è dono”.

Il nostro impegno, come Chiesa che è in Venezia – è perciò rivolto a far sì che la basilica marciana continui ad essere luogo di incontro tra il Dio che salva e l’uomo di oggi. E risplenda quindi come ambito di accoglienza oltreché di bellezza, immagine di una Chiesa intera che è sacramento di quel Gesù che è Signore e Salvatore, raffigurato splendidamente dall’ingresso al presbiterio, dalla lunetta della Deesis al grande Cristo Pantocrator, e che sempre di nuovo – se lo guardiamo e ci lasciamo guardare – ci provoca e ci interpella.