Intervento del Patriarca al concerto per l’inizio delle lezioni dell’anno 2020/21 della Piccola Scuola di Musica Sacra per la Liturgia del Patriarcato (Venezia / Basilica della Madonna della Salute, 11 ottobre 2020)
11-10-2020

Concerto per l’inizio delle lezioni dell’anno 2020/21 della Piccola Scuola di Musica Sacra per la Liturgia del Patriarcato di Venezia

(Venezia / Basilica della Madonna della Salute, 11 ottobre 2020)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Saluto tutti, in particolare i docenti e gli allievi della Piccola Scuola di Musica Sacra per la Liturgia del Patriarcato di Venezia con il suo direttore don Luca Biancafior.

Ringrazio quanti, da tempo e con cura, si sono adoperati per preparare ed oggi eseguire il concerto che è il frutto di un lavoro svolto nel contesto della prima edizione della Scuola ma anche momento di “inizio” ed “inaugurazione” del nuovo anno.

Dedicandoci e appassionandoci alla musica sacra nella liturgia, entriamo – attraverso un canale privilegiato – nel solco profondo e vitale della tradizione musicale della Chiesa, come attesta la stessa “Sacrosanctum concilium”, la Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia, che ne parla come di “un patrimonio d’inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, n. 112).

Desidero rimarcare che qui si dice: “compito ministeriale della musica sacra nel culto divino“. E faccio notare, inoltre, come il testo conciliare citi esplicitamente il Patriarca Sarto che, come pochi, apprezzò il canto sacro ponendo le premesse per una sua reale e progressiva valorizzazione a livello ecclesiale. Tutto questo avvenne già durante gli anni in cui fu Patriarca di Venezia e avvalendosi anche della collaborazione di Lorenzo Perosi, direttore della Cappella Musicale Patriarcale di San Marco e più nota come Cappella Marciana.

Tanto alla domenica quanto nelle feste – nelle nostre chiese – sperimentiamo come la liturgia si arricchisca e ci arricchisca col canto e la musica sacra che rimarcano la peculiarità e la solennità di “quel” giorno e di “quella” celebrazione. Canto e musica sacra coinvolgono tutta la nostra persona, i nostri sensi, la nostra volontà e intelligenza e così contribuiscono a dare rilievo alla celebrazione che unisce al Signore in modo particolare. E, proprio poiché quello è il giorno del Signore, esso diventa anche il giorno della “comunità riunita” che si ritrova ad adorare e lodare il suo Signore.

“L’azione liturgica – dice ancora la Sacrosanctum Concilium – riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, n. 113).

Come è coinvolgente, educativo ed edificante poter vivere abitualmente (e non solo episodicamente) – anche in parrocchie o chiese “piccole” e non solo nelle cattedrali o nelle grandi basiliche, come questa che ci ospita – una liturgia domenicale partecipata, resa più ricca e solenne con un adeguato e accurato (che è più che preparato)  uso del canto e della musica sacra che toccano e sollecitano le nostre fibre più profonde!

Noi uomini non siamo fatti di sola ragione, pensiero, volontà ma, oltre a ciò, siamo un “impasto” di carne, cuore, affetti, emozioni, “sentimenti”. E qui le neuroscienze, pur con i loro limiti, possono dirci qualcosa, soprattutto a proposito della visione dualistica di Cartesio che non poco ha inciso nella modernità in maniera negativa (perché falsa) sulla visione dell’uomo. Mi riferisco alla separazione – mentre si dovrebbe parlare di distinzione – tra ”mente”, “volontà” ed “ emozioni” e, aggiungo, anima; in altre parole, un uomo come un “tutto” in sé distinto ma non separato.

Molte, ovviamente, sono le tipologie che il canto e la musica sacra hanno assunto nel tempo. Un rilievo speciale, anche perché espressione fortemente radicata nella storia della Chiesa, è da attribuirsi al canto gregoriano (che rimane “paradigmatico”) e alla polifonia.

Mi compiaccio, allora, per il progetto portato avanti dalla Piccola Scuola diocesana di Musica Sacra per la Liturgia e desidero che la si valorizzi sempre più e la si proponga nei modi dovuti. Questa Scuola mostra, pur essendo di recente costituzione, di volersi situare nel contesto diocesano in chiave di servizio, non solo come un luogo di formazione ma anche come realtà che contribuisce allo sviluppo e all’arricchimento spirituale, teologico e pastorale dell’intera nostra Chiesa che è in Venezia.

Mi sembra, infine, importante sottolineare un altro aspetto che rende decisiva l’azione in campo musicale e liturgico. Riprendo, di nuovo, un passo della Sacrosanctum Concilium: “…la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica, sia dando alla preghiera un’espressione più soave e favorendo l’unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, n. 112).

Il canto e la musica favoriscono l’unanimità, ossia raggiungono la singola persona e tutte le persone, le invitano ad andare oltre sé stesse e a superare troppi individualismi (anche pastorali e liturgici), le “allenano” e le conducono via via a diventare un insieme di più voci armoniosamente sintonizzate e talora a costituire, anche effettivamente, una sola voce e un cuore solo che si elevano e si dedicano solamente a Dio. E così ogni volta si crea (o si ri-crea) l’unità e la comunione della comunità ecclesiale.

In conclusione, desidero far mio e indirizzare a tutti quel bell’augurio, colmo di gratitudine, che Papa Benedetto XVI rivolse nel 2012 ai rappresentanti di varie Scholae Cantorum italiane: “La musica che eseguite non è un accessorio o solo un abbellimento esteriore della liturgia, ma è essa stessa liturgia. Voi aiutate l’intera Assemblea a lodare Dio, a far scendere nel profondo del cuore la sua Parola: con il canto voi pregate e fate pregare, e partecipate al canto e alla preghiera della liturgia che abbraccia l’intera creazione nel glorificare il Creatore… Voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa… E vorrei sottolineare – continuava – che la partecipazione attiva dell’intero Popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica sacra. Voi, che avete il dono del canto, potete far cantare il cuore di tante persone nelle celebrazioni liturgiche. Cari amici, auguro che in Italia – terminava il Santo Padre – la musica liturgica tenda sempre più in alto, per lodare degnamente il Signore e per mostrare come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa” (Benedetto XVI, Discorso del Santo Padre ai partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione Santa Cecilia, 20 novembre 2012).

A voi alunni, ai docenti e al direttore l’augurio di non ricercare la notorietà e i titoli altisonanti ma la semplicità e la dedizione di chi sa e vuole mettere a servizio della Chiesa i suoi talenti personali, affinati e resi sempre più fruibili dallo studio serio e dalla preghiera liturgica e personale.