Intervento alla Mostra del Cinema in occasione del 60° anno di presenza del Premio Cattolico Internazionale OCIC-SIGNIS (3 settembre 2008)
03-09-2008

 

 

 

65° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

 

 

60° anno di presenza del Premio Cattolico Internazionale OCIC-SIGNIS

 

Venezia, 3 settembre 2008

Intervento di S.E.R. Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia

 

 

 

 

Il cinema è un po’ come Venezia. Nei versi profondi e delicati di un poeta francese contemporaneo, Jean-Pierre Lemaire, ho incontrato questa folgorante interpretazione di Venezia. «L’infinito ti raggiunge per acque strette/, sotto piccoli ponti/, sgravando tutto quel che si muove tra le gondole/: ambulanze, taxi, mercanti di legumi/. I turisti risalgono la corrente a piedi verso questa nascosta sorgente» (L’infini t’arrive par les eaux étroites,/ sous les petits pont,/ allégeant ce qui marche et roule d’habitude:/ ambulances, taxis,/ marchands de légumes parmi les gondoles./ Les touristes remontent le courant à pieds vers la source cachée‘) (Figure humaine, Parigi 2008, nrf Gallimard, 65).

 

Non è così anche per il cinema quando tocca il vertice del suo linguaggio, quello simbolico, e rinuncia ai ‘sentieri interrotti’ del puro immaginario? In luglio, volando verso il Kenya, ho visto sull’aereo ‘Le scaphandre et le papillon‘ (Julian Schnabel) e durante le vacanze ‘La Neuvaine‘ (Bernard Emont). Due esempi impressionanti di questa straordinaria capacità del cinema di far brillare alla coscienza l’infinito passando per le ‘vie strette’ delle sempre limitate circostanze e rapporti umani.

 

Il cinema, come la vita del resto, è affascinante quando sa far brillare il tutto nel frammento. Di questo ha bisogno l’uomo. Oggi più che mai. In questo senso è insostituibile. Non c’è televisione, né internet, né qualsiasi altro new media che regga il paragone con il cinema. La realtà non si può semplicemente duplicare, come fanno generalmente questi mezzi. Perde drammaticità ed annoia. Né la sorpresa da sola basta per dare ad un evento in diretta la forza del simbolo. Penso ai 100 metri di Bolt: lo spettatore ne può cogliere la bellezza, indubbiamente straordinaria, ma come ombra estetica. La riproduzione in diretta di un evento di questo genere non sfugge all’opacità della duplicazione del reale.

 

Questa è, al mio sguardo di profano del mondo del cinema, la ragion d’essere del Premio OCIC-SIGNIS. E questo ci rende orgogliosi del 60° anniversario che oggi festeggiamo. Niente di più sbagliato e riduttivo che leggere il Premio come un tentativo moralistico di cercare l’ago buono nella marcita di un pagliaio. Al contrario il Premio SIGNIS vuole essere l’esaltazione del bello, a 360 gradi (fede sì, fede no) là dove la genialità creativa lo impone.

 

Da queste mie parole un duplice augurio.

 

La Mostra internazionale d’arte cinematografica sta a Venezia un po’ come l’aria che respiriamo a ciascuno di noi. A Venezia il cinema è a casa sua più che in qualunque altra parte del mondo.

 

Che il Premio SIGNIS, ma più in generale la sensibilità cristiana, che vive dell’Infinito Dio incarnato, trovino forme e modi sempre più convincenti per godere la straordinaria elevatezza artistica del cinema, quando è veramente tale.