Intervento al convegno "Libertà religiosa e verità: l'educazione religiosa alla libertà" (Villa Cagnola di Gazzada, 11 novembre 2008)
11-11-2008

Nell’itinerario di riflessione sul tema Libertà religiosa, pietra miliare della nuova europa

 

 

convegno

 

Libertà religiosa e verità: l’educazione alla libertà

 

 

Villa Cagnola

 

Gazzada, martedì 11 novembre 2008

 

 + CARD. aNGELO SCOLA – PATRIARCA DI VENEZIA

1. Verità-libertà: l’educazione alla prova

 

 

Nel riflettere sul nesso tra libertà religiosa, verità ed educazione può essere utile fare un breve riferimento al dibattito, in atto nell’odierna società plurale italiana, sui consistenti processi migratori e sulle loro incidenze nel processo di riforma della scuola. Sebbene i media tendano a non cogliere, o almeno a non approfondire, tutte le implicazioni connesse alla relazione tra le due questioni, la reazione suscitata dalla proposta di creare nelle scuole delle classi destinate ad ospitare solo studenti stranieri è un test convincente della scottante attualità del loro nesso.

 

Non intendo entrare ora nel merito di queste vicende. Sottolineo soltanto che mi stupisce, e devo dire mi preoccupa, vedere come, in proposito, si discuta molto di aspetti organizzativi, disciplinari e di ordine pubblico, o si finisca per scadere in opposizioni ideologiche spesso desuete, ma venga data erroneamente per scontata o del tutto rimossa la questione dell’educazione, intesa in senso pieno.

 

Educare significa mettere consapevolmente in relazione la persona con la realtà[1] e quindi provocare incessantemente la sua libertà per farla entrare in un rapporto integrale con gli altri, le cose, le circostanze ed i processi in cui si imbatte. Educare è pertanto l’arte di accompagnare l’inevitabile tensione della libertà delle persone ad ‘adeguare’ la realtà. E quindi, quando è rettamente intesa, l’educazione è apertura alla verità. Come afferma Sant’Agostino: «Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?»[2], l’uomo è fatto per la verità, è orientato ad essa. Oltre al cristianesimo non cessano di ricordarlo le religioni e in modo particolarmente insistente lo richiama la fede musulmana[3].

 

Per questo il tema della libertà religiosa non è un aspetto particolare dell’educazione alla e nella libertà, ma ne rappresenta il culmine.

 

Conosciamo bene l’obiezione di certa cultura post-moderna a questa convinzione. Contro di essa si avanza la tesi dell’inconciliabilità tra un’autentica libertà umana ed un fondamento veritativo. Scrive per esempio Vattimo: «Se c’è una natura vera delle cose, c’è anche sempre un’autorità ‘ il papa, il comitato centrale, lo scienziato oggettivo, ecc. ‘ che la conosce meglio di me e che può impormela anche contro la mia volontà». In fondo «a che altro serve insistere sulla oggettività e la ‘datità’ del vero, se non a garantire qualche autorità a qualcuno[4].

 

È lo stesso paradosso che, chiaramente da un’altra posizione, ha messo in risalto il Rabbino David Novak in una lezione sulla libertà religiosa nell’ebraismo tenuta a Princeton[5],: «C’è un paradosso – dice Novak – nel fatto che i membri di comunità religiose rivendicano ‘libertà’ in una società secolare. Il paradosso diviene ancora più forte quando la rivendicazione della libertà religiosa viene sostenuta filosoficamente come un diritto accordato da Dio. Il paradosso sta nel fatto che quanto più una comunità religiosa è tradizionale ‘ cioè quanto più essa si percepisce come sottoposta all’autorità divina ‘ tanto minore sembra essere la libertà di cui godono i membri all’interno dei confini quella stessa comunità»[6].

 

Possiamo tranquillamente rispondere a Novak (e a Vattimo) affermando che il paradosso di cui si parla non è tale perché si fonda acriticamente su una doppia riduzione. La prima è legata alla concezione della verità. Essa viene concepita in modo razionalistico, dedotta come un sistema completo e coerente di proposizioni concettuali. Ma in questo caso la verità diventa una forma di gnosi idolatrica perché pretende che il limitato sguardo umano possieda la compiuta fisionomia del fondamento (Dio). La seconda riduzione si riferisce alla libertà. Questa viene snaturata perché ricondotta ad una libertà di coscienza supposta capace di stabilire ‘creativamente’ (in senso equivoco) da se stessa cosa sia il bene ed il male (cfr VS, 54). Questa doppia riduzione di verità e libertà e del loro rapporto genera un grave fraintendimento circa la vera natura della libertà religiosa…

(Il testo completo è nel file allegato)

 

 


[1] Ho approfondito questo argomento in: A. Scola, Una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio, Venezia 2007, 99-109.

[2] Agostino, Tractatus in Io 26, 5.

[3] In essa, tanto è avvertita la decisività del nesso tra l’uomo e la verità che l’orientalista tedesco Franz Rosenthal ha potuto descrivere l’intera civiltà arabo-islamica a partire dalla categoria di ‘conoscenza’: cfr. F. Rosenthal, Knowledge Triumphant, E. J. Brill, Leiden 1970.

 

[4] G. Vattimo, I lumi soffusi e deboli così li preferisco, in La Repubblica 4 gennaio 2001.

 

[5] Alcuni estratti della quale saranno pubblicati nel numero 8 di Oasis, dedicato appunto al tema della libertà religiosa.

 

 

[6] D. Novak, The Theological Claim to Religious Liberty, Princeton University, James Madison Program in American Ideals and Institutions, Lectures on Religious Liberty, 22 novembre 2004, pro manuscripto, 1.