Omelia del Patriarca nella S. Messa per l’ordinazione diaconale di Augusto Prinsen e Daniele Cagnati (Venezia / Basilica di S. Marco, 9 novembre 2019)
09-11-2019

S. Messa per l’ordinazione diaconale di Augusto Prinsen e Daniele Cagnati

(Venezia / Basilica di S. Marco, 9 novembre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fedeli,

il nostro grazie a Dio per i due nuovi diaconi, Augusto e Daniele. Un’ordinazione è un dono di Gesù alla sua Chiesa alla quale, anche in questo modo, mostra il suo amore.

La liturgia della Parola ci propone due temi. Il primo: il valore della testimonianza cristiana. Il secondo: l’importanza del momento presente che ci proietta nell’eternità, fissandola nel bene o nel male.

Il momento presente non si conclude nella parola appena detta o nel gesto appena compiuto; sarebbe per alcuni troppo comodo e per altri profondamente ingiusto. No, il tempo ha valore eterna. Ogni nostra giornata si rifrange nell’eternità; usciamo, allora, da visioni che banalizzano il bene o il male che è in noi o attorno a noi.

Carissimi Augusto e Daniele, nulla è a caso per il credente e allora il messaggio che l’odierna liturgia della Parola vi consegna è qualcosa che Dio vi dà perché rimanga in voi e segni il vostro ministero diaconale.

Il secondo libro dei Maccabei (7, 1-2.9-14) e il Vangelo secondo Luca (20,27-38) ci ricordano – da prospettive diverse – che il tempo presente costituisce il materiale da costruzione, ossia i mattoni e il cemento con cui edifichiamo la nostra dimora eterna. Da qui l’importanza di riscoprire la pratica dell’esame di coscienza quotidiano, fatto bene, con umiltà e sincerità; non si tratta di un’abitudine da porre solo nella preghiera di compieta (come accade…), ma è fra gli strumenti ordinari della spiritualità cristiana che la Chiesa ci propone.

Nel Vangelo troviamo anche l’immagine della casa costruita sulla roccia e di quella costruita sulla sabbia (Mt 7, 24-27); una resiste alle intemperie, l’altra crolla. Il fondamento che resiste è uno solo: la Parola di Dio, accolta con fede.

Carissimi Augusto e Daniele, riflettete spesso su questa immagine, fate vostra la sapienza cristiana che è la sapienza di Gesù e del Vangelo.

Se viene meno lo sguardo all’eternità o la dimensione teologica del vivere, allora il diacono, il presbitero, il vescovo diventano assistenti sociali, psicologi, educatori, esperti d’arte, mediatori culturale, manager.

Certo, la società ha anche bisogno di assistenti sociali, psicologi, educatori, esperti d’arte, mediatori culturali, e manager ma il diacono, il prete, il vescovo rispondono ad un’altra chiamata e ad un’altra logica. Talvolta la necessaria supplenza in tali ambiti finisce poi per coincidere, allegramente, con lo stesso ministero.

Cari novelli diaconi, ricordate che nel vostro ministero le opere di misericordia corporali e spirituali vanno sempre tenute assieme. Papa Francesco ha detto all’inizio dell’Anno giubilare della Misericordia: “È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli” (Papa Francesco, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia Misericordiae Vultus, n. 15).

Il Papa sottolinea appunto: “È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale…”. Insiste quindi, su tutte e due le opere di misericordia.

Questa ordinazione diaconale è in vista del presbiterato e richiede che voi, da subito, rispondiate alle differenti esigenze del ministero diaconale; Gesù-servo sia al centro di tutto. Non basta la liturgia se è separata dall’annuncio e dal servizio ai poveri. E viceversa.

Nel tempo in cui eserciterete il ministero diaconale sarete chiamati a vivere e ad annunciare le opere di misericordia corporali e spirituali, senza escluderne alcuna. Esse, poi, si sostengono a vicenda: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti danno linfa nuova a quelle corporali. E queste ultime esprimono quelle spirituali.

Cari Augusto e Daniele, dopo l’imposizione delle mani e la recita della preghiera di ordinazione, apparirete gli stessi di prima ma, in voi, ci sarà una nuova conformità a Gesù-servo del Padre e dei fratelli.

L’ordinazione diaconale vi inserisce nel ministero del servizio; sì, nel ministero del servizio, poiché, nella Chiesa il servizio non è solo una virtù morale, ma è anche un ministero ordinato; il diaconato è il ministro ordinato per servire la Chiesa e il mondo.

Augusto e Daniele per voi, oggi, inizia il tempo in cui siete chiamati ad incarnare la spiritualità del diacono; dovrete vivere la carità non solo come solidarietà umana ma come carità che nasce dall’altare.

Il diacono vive la sua vocazione e il suo ministero unendo servizio all’altare (eucaristia), annuncio della parola e gesti concreti di carità che compie guardando alle nuove e vecchie povertà, sia materiali sia spirituali.

La carità cristiana nasce dall’altare e ritorna all’altare dopo aver fasciato le ferite dei corpi e delle anime; la carità cristiana tocca le ferite degli uomini e le porta all’altare unendole a quelle di Gesù; la carità del diacono è la carità di Gesù. Solo Gesù è in grado di sanare le ferite delle anime e la carità cristiana compie la solidarietà umana, andando oltre il benessere dei corpi, e offre la salvezza di tutto l’uomo.

Torniamo, in conclusione, alla liturgia della Parola di questa domenica; in essa ci viene detto che i cristiani vivono il tempo, non come una realtà che si esaurisce nell’istante presente ma come ciò che genera eternità.

Infine, con più forza, mettiamo in evidenza come nelle prime comunità cristiane l’attesa e l’incontro con Gesù risorto era qualcosa di vivo, concreto e quotidiano. Vigilare significa non tanto “non fare” o “fare” una cosa quanto, piuttosto, pensare ed operare nella prospettiva dell’eternità di Dio.

Il cristiano non guarda il presente in maniera funzionale dovendo spremere da esso tutto ciò può dare perché del doman non v’è certezza.. Tutto, infatti, per il cristiano ha valenza eterna. Il Vangelo, così, ci fa comprendere il reale valore e il vero senso del presente.

Le parole di Gesù ai discepoli che tornano dalla missione sono eloquenti: “«Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»” (Lc 10, 17-20).

Carissimi Augusto e Daniele, la nostra preghiera è affinché possiate esprimervi bene nel ministero e, in esso, ciò che è più materiale partecipi dell’eternità e ciò che è eterno si leghi alle cose più materiali che trattate.

Sì, non abbiate timore di sporcarvi le mani, chinatevi sulle povertà e – fedeli alla vostra missione – chiamate i poveri per nome. Nel vostro diaconato lasciatevi muovere ogni giorno dalla carità di Cristo che nasce dall’altare e, dalla recita dell’Ufficio – che oggi vi impegnate a recitare ogni giorno, come chiede la Chiesa – e che vive nelle opere di misericordia corporali e spirituali.

La Madonna della Salute vegli su di voi e sul nostro Seminario.