Messaggio per la Giornata per la Vita
la celebrazione del 6 febbraio 2000
Messaggio

Domenica 23 gennaio moltissimi sposi con i loro bambini sono convenute in San Marco per celebrare il bimillenario della nascita di Gesù; domenica prossima sarà invece la “Giornata della Vita”. La famiglia e la vita: due realtà – due grandi doni di Dio – che si richiamano: l’una il grembo e la custodia dell’altra.

La “Giornata della Vita” è stata istituita nella Chiesa italiana per far crescere una “cultura della vita”, gravemente compromessa dalla legalizzazione dell’aborto. Tale finalità va sempre vigorosamente affermata, specialmente nei confronti delle giovani generazioni, che crescono in un clima di relativismo morale e di smarrimento, nella mancanza di forti riferimenti personali e valoriali.

La “Giornata della vita” mira anche a far crescere una cultura della vita a fronte di fenomeni che la smentiscono, come la denatalità, così grave e preoccupante nel nostro paese, il diffondersi sempre più incontrollabile della droga, le morti del sabato sera, per non dire d’una politica che non riserva alla famiglia e alla maternità, la considerazione ad esse dovuta per il senso che hanno nella tradizione del nostro paese.

I Vescovi italiani, nel loro messaggio,hanno messo a tema soprattutto la responsabilità di donare la vita in una stagione segnata dal fenomeno della denatalità: “All’inizio del terzo millennio della nostra storia, il Giubileo cristiano annunzia e celebra la dignità e la bellezza entrata nella vita umana da quando “ci è stato dato un Figlio” (Is 9, 5), il quale si chiama Gesù. Facendosi uomo, il Figlio di Dio “si è unito ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22). Ha scelto di nascere come uno di noi, affinché ogni bimbo che viene al mondo porti, fin dal primo istante in cui è concepito, l’immagine di lui'”.

I Vescovi sono consapevoli delle difficoltà oggettive che oggi rendono problematica la procreazione e sollecitano le istituzioni responsabili ad adottare provvidenze legislative che le rimuovano.

Esortano però anche a “ravvivare la mentalità e la cultura dell’amore degli sposi, i quali, facendosi insieme dono della vita ai figli, rendono il loro stesso amore più vero, più sano, più forte: cioè più umano”.

La Comunità cristiana deve rendersi consapevole che l’impegno per la famiglia – dall’educazione affettiva dei ragazzi e dei giovani, alla preparazione dei fidanzati al matrimonio, all’accompagnamento dei giovani sposi e al sostegno delle loro difficoltà, fino alla proposta di un impegno “politico” degli adulti più efficace ed organico, per un ordinamento legislativo che onori la presenza e il ruolo imprescindibile della famiglia nella società civile – è ormai decisamente prioritario.

Promuovere una cultura della vita significa anche impegnarsi perché gli anziani, specialmente i non autosufficienti o soli, siano circondati da quell’affetto e solidarietà di cui hanno bisogno, non fosse altro perché alla loro fatica l’odierna società deve quel benessere di cui ora gode.

Vorrei infine segnalare a tutti quelle realtà che, nella nostra Chiesa, si prendono cura delle donne in difficoltà, assistendole e soprattutto, sostenendole nella loro maternità: mi riferisco a Casa San Pio X della Giudecca, a Casa “S. Chiara” di Mestre e alla struttura a favore delle donne carcerate in libertà provvisoria o appena dimesse, che la Diocesi sta allestendo nell’ex monastero di S. Chiara a Piazzale Roma, proprio come dono a Gesù nel bimillenario della sua nascita.
Queste opere vivono di carità e interpellano la nostra solidarietà di cristiani.

Benedico tutti.

Marco card. Cè

02-02-2000