“Eccentrici Fiorentini”: tre pittori del Cinquecento a confronto nella mostra, aperta fino al 31 ottobre, nella Pinacoteca Manfrediniana alla Salute

“Eccentrici Fiorentini” è la mostra aperta dal 20 agosto alla Pinacoteca Manfrediniana, in Punta della Salute a Venezia, che dà luce a tre artisti fiorentini del ‘500 considerati minori, facendo il punto su nuove scoperte e misteri ancora da svelare. L’esposizione, curata da Andrea Donati e Silvia Marchiori, presenta al pubblico tre opere in olio su tavola dei primi anni ’20, tra loro accostate per una lettura simultanea e unitaria, dove attraverso un lavoro filologico è stato possibile rivedere la storia conservativa e attributiva. I dipinti sono di tre pittori che ruotarono attorno alla figura dell’artista Andrea del Sarto: “Santa Caterina D’Alessandria” di Domenico Puligo, in prestito dalla collezione Dal Pozzo, e le opere della collezione Manfredini “Madonna con Bambino” di Mariotto Albertinelli e “Deposizione di Cristo dalla croce” di Visino.

«A Venezia la pittura fiorentina non è di casa, ma lo è alla Pinacoteca Manfrediniana del Seminario patriarcale. Federico Manfredini ha lavorato alla corte dei granduchi di Toscana dal 1760 al 1809; lì gli sono stati regalati o ha comprato pezzi significativi» spiega la curatrice Silvia Marchiori. «Non studiavano abbastanza»: il titolo della mostra prende spunto dall’articolo pubblicato
nel 1962 dallo storico dell’arte Federico Zeri che con il termine di “eccentrici” inquadrò un gruppo di artisti discriminati dal Vasari e bollati come perditempo. «Sono considerati “eccentrici”
perché fuori dal centro rispetto allo standard di ciò che si definiva maniera», spiega Marchiori. «Artisti che secondo Vasari, pur riconoscendone il valore, non si dedicavano abbastanza allo studio del disegno. Come estrazione politico sociale inoltre seguivano l’esperienza repubblicana fiorentina di Pier Soderini anziché il principato dei Medici che si andava sempre più rafforzando. Coloro che non aderivano alla linea politico-culturale medicea finivano così per essere considerati pittori secondari». Pittori che in realtà non hanno però nulla da invidiare ai grandi artisti rinascimentali e meritano di essere conosciuti dal pubblico: «Il colore lo maneggiano eccome, ma non lavorano solo di pennello come diceva il Vasari. La loro committenza era prevalentemente la borghesia mercantile».

Molte scoperte sono state fatte a seguito dei recenti studi che hanno reso possibile datare con certezza l’opera dell’Albertinelli al 1509 e dai restauri svolti sulle opere di Puligo e Visino. La deposizione, in particolare, che era ritenuta un’opera del Puligo, è stata per la prima volta attribuita al Visino e, ora accostata in mostra a Santa Caterina D’Alessandria, esplicita la diversa mano pittorica dei due artisti. Con l’analisi ad infrarosso è stato poi possibile constatare che l’opera di Visino presenta un disegno preparatorio sottostante. Inoltre è stata confermata la provenienza del dipinto: «Una delle poche descrizioni della Deposizione la dà Vasari quando dice di averla vista in casa della Famiglia Doni. La descrizione corrisponde all’opera in possesso alla Pinacoteca del Seminario e a confermare l’ipotesi c’è anche una testimonianza 800esca che esplicita l’acquisizione della Deposizione dalla famiglia Doni da parte del marchese Manfredini». Qualcosa di più su Visino Merciaio. La Deposizione sarebbe dunque l’unico quadro su cui si potrebbe tentare di ricostruire un corpus intorno al Visino, di cui non ci sono tante notizie. «La studiosa Wellen ha ipotizzato che la figura sia riconducibile a quella ben documentata di Visino Merciaio, chiamato così per il suo mestiere. È probabile che si sia dedicato alla pittura in una prima fase e poi l’abbia abbandonata per continuare la sua professione» spiega Marchiori.

Nello studio di Andrea Donati, pubblicato sul catalogo realizzato in occasione della mostra, nuove ipotesi inoltre si aprono sull’opera di Santa Caterina d’Alessandria del Puligo: grazie al confronto con altri dipinti, è stato ipotizzato non si tratti del ritratto di una santa ma di quello di una donna a cui sono stati dati attributi di santità. Puligo infatti usava ritrarre figure femminili attribuendo loro le caratteristiche delle sante, mentre per la raffigurazione delle sante pare utilizzasse la stessa modella  cambiandole vesti ed accessori. Il saggio di Donati ipotizza inoltre che la modella di Puligo sia stata la moglie. Un espediente, questo, usato anche dal pittore e amico Andrea del Sarto e che, visto il forte legame tra i due, parrebbe dunque essere plausibile anche per Puligo. Ipotesi queste non ancora confermate, per questo i nuovi studi vogliono essere la base di nuove ricerche che si spera portino presto a dei risultati.

La mostra resterà aperta fino al 31 ottobre con entrate contingentate di 15 persone per volta.

(articolo di Francesca Catalano tratto da Gente Veneta n. 30/2020)