“Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù”: scheda-sintesi della lettera pastorale del Patriarca Francesco (marzo 2016)

Esce una lettera pastorale voluta e firmata dal vescovo ma, nello stesso tempo, “redatta a più mani: le nostre. È l’esito degli incontri personali e comunitari avvenuti in questi anni nelle parrocchie e nei vicariati; è una riflessione che si è svolta all’interno dei differenti organismi diocesani di partecipazione; è il risultato del dialogo con quanti si sono resi disponibili a tale scambio fraterno”. Inizia così il nuovo testo del Patriarca Francesco che si rivolge alla Chiesa veneziana, “avendo di mira unicamente il suo bene”, per fare il punto ed orientare – con indicazioni di metodo e contenuto – il percorso di formazione, avvio e messa in opera delle collaborazioni pastorali tra le comunità parrocchiali della Diocesi. Il titolo – “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù” – è tratto da un passaggio del discorso che Papa Francesco ha rivolto nel novembre 2015 alla Chiesa italiana riunita a Firenze: “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione”.

Un cammino comune, non più rinviabile, per la Chiesa veneziana. Nelle prime pagine mons. Moraglia fa riferimento all’icona evangelica dell’incontro di Gesù con la donna samaritana: esempio di dialogo e annuncio, episodio che mostra il “totale superamento delle idee religiose e dei luoghi comuni del tempo; nello stesso tempo Gesù non cede in nulla al relativismo come, in altre occasioni, mostrerà di non voler cedere al pensiero unico dominante dell’epoca”. Si evidenziano subito i capisaldi della lettera: l’ecclesiologia di comunione che “pone al centro il popolo di Dio”; l’insostituibilità del ministero ordinato; la realtà sacramentale della Chiesa, “superando le ristrette visioni giuridiche e le riduttive letture sociopolitiche”; l’istanza missionaria (Chiesa “in uscita”) e lo stile “sinodale”. C’è un invito per tutti: “Siamo chiamati come Chiesa particolare a grande umiltà, libertà e coraggio. Ci viene chiesto d’iniziare un processo pastorale non più procrastinabile tanto per noi, oggi, quanto per coloro che verranno dopo di noi, domani”. Un cammino non più eludibile o rinviabile, che coinvolge anche gli ambiti e le realtà pastorali forti (o che si considerano tali) e non solo le situazioni più deboli o fragili. Vincendo le opposte tentazioni di rimandare ancora o guardare solo al proprio orticello…

Insieme: verso Gesù e la sua vita umile, disinteressata e beata. La lettera riprende i cinque verbi – uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare – che sintetizzano l’esortazione apostolica Evangelii gaudium ed “hanno fornito la traccia per il Convegno della Chiesa italiana svoltosi a Firenze dove è risuonata la parola del Papa che ha delineato l’umanesimo cristiano per il nostro tempo a partire dalla figura umile, disinteressata e beata di Gesù”. Questi verbi “costituiscono delle vie, dei veri e propri stili di vita ecclesiali che si intrecciano fra loro e sono destinati a segnare gli ambienti in cui viviamo”. Emerge così il cuore della questione e l’obiettivo del camminare insieme: “Dobbiamo pensare in concreto ad un’alleanza pastorale fra comunità parrocchiali, salvaguardando e potenziando quegli ambiti tuttora vitali della nostra azione pastorale e aprendoci a una collaborazione sincera, reale. Dobbiamo essere in grado di abitare gli spazi e i momenti della pastorale in atteggiamento sinodale, come Chiesa in cammino verso Gesù. Allo stesso modo, con cuore fraterno, attento alle debolezze delle comunità vicine e con rinnovato slancio missionario dobbiamo aprirci con fiducia alle collaborazioni interparrocchiali condividendo ambiti pastorali in cui, non da oggi, non riusciamo più ad essere evangelicamente significativi nella comunità ecclesiale e nel quartiere o paese in cui viviamo”. Resta confermata l’attenzione verso i tre ambiti pastorali già indicati: educare e formare le nuove generazioni, la pastorale familiare (con particolare riguardo alle famiglie giovani o fragili), lo sguardo della Chiesa e della sua dottrina sociale per la “vita buona” dell’uomo.

In ogni collaborazione pastorale un cuore pulsante: il “cenacolo”. Mons. Moraglia sollecita la riscoperta e la valorizzazione del dono del battesimo che chiama tutti i fedeli “a corresponsabilità, non solo in quanto collaboratori ed esecutori che si pongono come semplici uditori della Parola di Dio ma come coloro che sono chiamati ad annunciarla”. Si tratta di “deprivatizzare” il battesimo e rilanciare la carica missionaria che già contiene; in questo modo si potrà gioire della molteplicità e varietà di vocazioni all’interno della Chiesa, restituendo al ministero ordinato (del sacerdote) la sua specifica funzione. In ogni collaborazione pastorale il Patriarca chiede che si segua la logica e il metodo del “cenacolo”, “piccola comunità che vive una reale esperienza di Chiesa, una concreta formazione al discepolato che guarda all’imitazione di Cristo e alla comunità apostolica, che prega e s’impegna nella pastorale a partire dalla riscoperta grata del battesimo. Al cenacolo è essenziale che partecipino alcuni laici disposti ad impegnarsi, i consacrati, tutti i diaconi e i presbiteri che operano in quella porzione di Chiesa; in alcune occasioni si unirà a loro anche il vescovo. Lo scopo è realizzare quel soggetto evangelizzato ed evangelizzatore attraverso incontri e momenti in cui si possa crescere nella preghiera comune, nella spiritualità, nella conoscenza della fede, nella carità pastorale e, non da ultimo, nella fraternità”. A partire da tale “cuore pulsante” si potrà “suscitare e vivere una presenza efficace della comunità cristiana sul territorio” attraverso servizi da avviare o potenziare: dall’accoglienza alla liturgia, dalla catechesi alla carità, dalla cultura e comunicazione ad altri ancora che emergeranno.

Partire da obiettivi realizzabili, nella logica (evangelica) delle piccole cose. “Bisogna individuare ambiti specifici di vita pastorale e scegliere dove e come concretamente realizzarli. Non c’è una ricetta unica…”. Va tenuta conto  “la storia di quel territorio e le sue caratteristiche o le esigenze della vita concreta di quelle comunità a cui si è mandati a vivere e annunciare il Vangelo. Partiamo da piccoli obiettivi, da cose semplici ma realizzabili, visibili e di cui si ha necessità”. Il Patriarca suggerisce anche che diventi stabile l’esperienza dell’evangelizzazione di strada in quanto “dove questa iniziativa ha preso piede, si è potuto constatare l’azione potente dello Spirito di Gesù. Sarà una piccola cosa ma è un’esperienza che stupisce, sia chi propone sia chi riceve l’annuncio”. Un richiamo, infine, alla concretezza e all’azione: “Non bisogna fermarsi alla pur doverosa analisi ma tentare nuove strade, costruire con umiltà, coraggio e concretezza, secondo la logica di Betlemme, di Nazareth e del cenacolo di Gerusalemme, ossia la logica delle piccole cose”.

La lettera pastorale è pubblicata e distribuita da Marcianum Press; il Patriarca l’ha presentata ufficialmente durante la Messa del Crisma del 24 marzo, giovedì santo, nella basilica di S. Marco a Venezia. La lettera è stata lì consegnata a sacerdoti e diaconi, parrocchie e collaborazioni pastorali della Diocesi; dai giorni successivi è disponibile nelle librerie Studium di Venezia e San Michele di Mestre.