Omelia del card. Marco Cè durante la S. Messa a conclusione dell’Assemblea ecclesiale diocesana (domenica 11 ottobre 2009)

Assemblea diocesana

Omelia alla Messa ‘ Basilica di San Marco 11 ottobre 2009

Fratelli e sorelle carissimi,

siamo qui, rappresentanti di tutta la Chiesa di Venezia, raccolti intorno al nostro Patriarca, segno del Buon Pastore, in questa sosta nel cammino della Visita Pastorale, che tra poco conoscerà il passaggio dalla terraferma alla città lagunare.

Le parole di Gesù a Zaccheo: ‘Oggi devo fermarmi a casa tua‘ (Lc 19,5) stanno diventando esperienza plenaria della la nostra Chiesa.

Nella lettera di indizione di questa Assemblea il Patriarca evocava l’invito di Gesù agli apostoli, dopo la loro prima esperienza missionaria, a sostare per riposarsi un po’ in sua compagnia. Gli apostoli, evidentemente affaticati, ma anche entusiasti, raccontavano a Gesù e agli altri discepoli, quanto avevano operato dietro il mandato del Maestro.

Anche noi oggi siamo qui per rendere testimonianza, davanti alla nostra Chiesa, delle cose belle e grandi che il Signore in questi anni ha operato in mezzo a noi, durante la Visita Pastorale e preparandoci ad essa. Siamo qui per raccontarci le cose mirabili (i ‘mirabilia Dei’) che fanno del nostro cammino ecclesiale una Storia della Salvezza ricca di speranza, pur in mezzo alle fatiche di questa stagione difficile ed esigente. Le energie del Risorto sono all’opera nella nostra Chiesa e nel nostro territorio: questa è la nostra fede.

E perciò siamo qui per benedire il Signore, per fare ‘eucaristia’, sorretti dalla sicura speranza che Colui che ha iniziato in mezzo a noi la sua opera, la porterà a compimento.

Ci ha convocati in San Marco la grazia della comunione trinitaria che ci è stata donata nel Battesimo: vogliamo ascoltare il Signore che oggi bussa alla nostra porta e ci invita al banchetto del suo infinito amore, per spezzarci il pane della Parola e quello del suo Corpo, e poi mandarci a rendere testimonianza alla sua Pasqua con la nostra vita.

La prima lettura (Sap 7,7-11) ha invocato lo spirito di sapienza, dono supremo, somma di tutti i beni. Ma dove troviamo noi la vera sapienza se non nella Parola di Dio, di cui ha parlato la lettera agli Ebrei (4,23-13)? ‘La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore’.

Questa Parola di Dio, che deve penetrare e informare la nostra vita, oggi è giunta a noi nel vangelo che è stato proclamato (Mc 10,17-30).

Gesù è ‘sulla strada’: non una strada qualunque, sulla strada che sale a Gerusalemme dove, sulla Croce, egli porterà a compimento la missione ricevuta dal Padre nel dono totale di sé ai fratelli.

L’immagine della strada è importante nella vita di Gesù: potremmo dire che egli è il ‘viator‘, il pellegrino; ma è anche ‘la strada‘ per eccellenza. La sua vita infatti, dopo i trent’anni di silenzio a Nazaret, è tutta sulle strade della sua terra, alla ricerca dei figli di Dio dispersi. Quando lo vogliono trattenere, egli resiste, perché deve predicare a tutti: ‘per questo infatti sono venuto‘ (Mc 1,38).

Due connotazioni caratterizzano la strada di Gesù: il compimento della volontà del Padre e il dono di sé ai fratelli, fino alla Croce.

Sulla strada Gesù incontra, ‘vede’ e salva. Sulla strada incontra Levi, Zaccheo, i lebbrosi, i ciechi e gli ammalati, i posseduti dal demonio; lungo le strade soprattutto predica, cioè rende testimonianza a ciò che Lui è: la Parola del Padre fatta carne. Per questo lui non è solo il pellegrino che cammina sulle strade, ma è ‘la strada‘, la strada della verità che dona la vita. E nessuno va al Padre se non per mezzo di lui.

Ebbene, proprio sulla ‘strada’ Gesù incontra ‘un tale’ che gli corre incontro ‘ tutto contento quindi ‘ si getta in ginocchio davanti a lui e gli domanda: ‘Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?’.

Gesù gli risponde: ‘Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti”. E glieli elenca. Allora quello disse: ‘Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza’. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui (letteralmente: lo guardò dentro), lo amò e gli disse: ‘Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!’. Ma a queste parole egli si fece oscuro in volto e se ne andò rattristato: possedeva infatti molti beni’.

Nelle sue parole Gesù delinea l’identità del discepolo, di ogni suo discepolo: la nostra identità, se vogliamo essere suoi discepoli.

Il discepolo, certo, deve vivere una vita buona, osservante dei comandamenti. Ma questo lo potrebbero fare anche i pagani. Il discepolo è colui che si mette dietro a Gesù e lo segue sulla sua strada.

La strada di Gesù ‘ l’abbiamo detto – è il ‘Sì, Padre’ totale, di ogni istante della sua vita che ha, come contenuto, la ‘compassione’ e la misericordia per l’umanità peccatrice e malata.

Quindi il discepolo deve seguire il Maestro sulla sua strada.

Poi Gesù aggiunge una parola che ci colpisce: ‘vendi tutto‘.

Cosa significa: ‘Vendi tutto‘?

A mio avviso tali parole, prima di essere una connotazione ‘quantitativa’, indicano ‘una qualità’ della vita del discepolo: una vita in cui Gesù, il Signore, deve avere il primo posto, deve essere il criterio inderogabile delle proprie scelte. In una parola: una vita senza idoli, di cui Gesù è l’unico Signore.

Tale criterio va vissuto da chiunque voglia essere ‘discepolo‘. Però va vissuto da ciascuno secondo la propria vocazione: altro è il modo con cui è chiamato a viverlo il monaco, altro quello del padre di famiglia, e altro quello dell’imprenditore che con i propri beni può produrre posti di lavoro, contribuendo al bene comune..

E così il ‘dallo ai poveri‘ indica soprattutto il farsi carico del fratello che ha bisogno, come ha fatto Gesù, buon samaritano; indica ‘il lavare i piedi’come ha fatto colui che chiamiamo ‘Signore e Maestro‘. E’ vivere la compassione con cui Gesù guardava la debolezza degli uomini e delle donne, dei peccatori e delle peccatrici; è l’inderogabile misericordia evangelica.

Gesù è ‘l’epifania’ della misericordia del Padre, di quell’amore che si piega sul povero, sul peccatore, su chi non conosce la verità: e il discepolo è il testimone di Gesù, la ‘trasparenza’ di Colui che vive in noi.

La testimonianza del ‘Cristo che vive in me’ (Gal 2,20) resa in famiglia, sul posto di lavoro o nel tempo libero; l’attenzione al fratello, soprattutto se è sofferente o bisognoso o lontano dalla fede; la sobrietà di vita per poter condividere il pane con chi è nel bisogno’ sono la traduzione concreta di quel ‘dallo ai poveri‘ che l’uomo ricco non ha capito. Non ha capito che Dio è ‘Trinità-amore’, è dono, e che perciò ‘si è più beati nel dare che nel ricevere'(At 20,35); non ha capito che il grano di frumento che cade in terra e muore, porta frutto, ma se non muore, rimane solo (cfr Gv 12,24).

L’uomo ricco se ne è andato triste perché aveva molti beni, ma non aveva la felicità; non aveva capito che il vero tesoro, anche su questa terra, è di chi ha incontrato Gesù, si è messo dietro a lui, credendo all’amore misericordioso, che ripaga cento volte tanto ‘già ora‘.

Questa è la vera sapienza da preferire a qualunque altra cosa.

Ma come vivere questo? Dove trovarne la forza?

Niente è impossibile a Dio‘, dice Gesù. Lo Spirito Santo che, ci è stato dato, ci suggerirà, istante per istante, nelle concrete situazioni della nostra vita, come vivere per conto di Gesù e nel suo nome, perché siamo ‘trasparenza’ di lui, oggi, nella stagione culturale che siamo chiamati a vivere.

E l’Eucaristia ogni domenica ci darà la forza di cui abbiamo bisogno per vivere come lui: sulla strada degli uomini, testimoni del Risorto.

Per questo il Pane eucaristico, che stiamo per ricevere, non ci consente di ripiegarci su noi stessi. Esso è fuoco che brucia, che deve essere partecipato.

Così l’Eucaristia diventa missione: ci spinge ad essere, come dice il Papa, ‘profezia e fermento‘ d’un mondo nuovo, nel segno di quell’amore gratuito del Padre che risplende sul volto di Gesù, il Crocifisso risorto. Lui è il Signore!