Nuova riflessione del Patriarca (da Gente Veneta): “Pastori e fedeli insieme e in comunione tra loro, il cammino sinodale è dell’intero Popolo di Dio”

Pastori e fedeli, unico soggetto del cammino sinodale

Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Per prepararci nel modo migliore a percorrere il cammino sinodale proposto da Papa Francesco alle Chiese che sono in Italia è opportuno rileggere quanto dice il Concilio Vaticano II sulla Chiesa, ossia la Costituzione Lumen gentium. Recentemente il Santo Padre è tornato sul Concilio con parole inequivocabili: “Il Concilio è magistero della Chiesa. […] e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato” (Papa Francesco, Discorso all’Ufficio Catechistico Nazionale della Cei, 30 gennaio 2021).

La Chiesa è presentata come un organismo vivente, un mistero che vive nella storia. I padri conciliari hanno valorizzato l’immagine della Chiesa/Popolo di Dio; è un’immagine che, però, non esaurisce le differenti realtà della Chiesa. Si tratta di un popolo che trae la sua origine non da vincoli di “sangue”, “culturali” o “politici” ma dal battesimo, dalla fede battesimale: il sì detto a Gesù Cristo, crocifisso e risorto.

L’Eucaristia suscita ed esprime la comunione che unisce le differenti membra del corpo ecclesiale. La Chiesa, prima d’essere una comunione di tipo umano (è anche questo), è il sacramento (segno reale e visibile) di Cristo che, in sé, unisce gli uomini al Padre nello Spirito. Lumen gentium si serve non solo dell’immagine della Chiesa Popolo di Dio ma anche di altre, come Corpo di Cristo e Sacramento. Riprendiamo, allora, un passo del Concilio che ci aiuta a comprendere la Chiesa come popolo: “La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando «dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici» mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n.12). L’espressione «dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici» riprende un antico testo di sant’Agostino e sottolinea l’esigenza della comunione.

Un secolo prima del Vaticano II, John Henry Newman – il grande convertito dall’anglicanesimo e futuro cardinale – spiegava a chi faticava a comprendere che “consultare” i laici non vuol dire domandare un’opinione personale a qualcuno o ad un gruppo ma scoprire un fatto, sentirli come testimoni di un fatto ecclesiale. “Il barometro – osservava – non ci dà la sua opinione, ma constata un fatto”.

L’immagine dell’uomo che cammina ci aiuta a “vedere” la Chiesa come realtà viva e dinamica. Nel camminare sono coinvolte le membra del corpo e, ognuna, dà un suo contributo specifico; se una sola venisse meno, la camminata risulterebbe faticosa, goffa o, addirittura, impossibile.

Anche il cammino sinodale coinvolge tutte le membra della Chiesa/Popolo. Tutti sono coinvolti: ministri ordinati (vescovi, preti, diaconi), fedeli laici, consacrati e religiosi. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinti, sottolinea: «Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. […]. Nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre” (1Cor 12,18-20.25).

Tutti siamo soggetti attivi dell’unico popolo di Dio e lo siamo in forza del battesimo; tutti poi – indistintamente – siamo chiamati alla santità che non è privilegio di alcuni ma vocazione universale (cfr. LG n.40). Il battesimo dischiude, nella Chiesa, strade differenti e complementari ma la meta è comune: la santità. Alcuni sono chiamati a vivere il matrimonio, altri ad una vita di consacrazione nel mondo, altri alla vita religiosa; infine, c’è chi è chiamato all’ordine sacro. Nella molteplicità delle vocazioni e dei carismi, comunque, viene esaltata l’unicità pluriforme del Popolo di Dio.

Il Concilio insegna ancora che “in virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell’unità” (LG n.13).

Il cammino sinodale, quindi, o è dell’intero popolo di Dio o non è cammino sinodale. I singoli battezzati sono perciò esortati, più che mai, a riscoprire la loro propria vocazione e a viverla in pienezza.

È bello rimarcare quanto il Santo Padre annota nella Lettera indirizzata al Popolo di Dio: “È impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio. Di più: ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita” (Papa Francesco, Lettera al Popolo di Dio, n.2).

Queste parole, nella loro chiarezza, ci ricordano che se non si dà il coinvolgimento dell’intero Popolo di Dio (pastori e fedeli), in comunione fra loro, non si dà cammino sinodale. Lo spazio in cui siamo chiamati a compiere tale cammino è la Chiesa particolare in cui “la Chiesa di Cristo è veramente presente” (LG n.26), ovviamente nella comunione con la Chiesa di Roma e il suo Vescovo.

Guardiamo, dunque, a tale cammino come ad una grazia, una rigenerazione della Chiesa. Lo Spirito Santo ne è l’artefice ultimo e il garante; è Lui, lo Spirito, che ci fa uscire da ogni particolarismo, dalle visioni ideologiche, dall’inganno del nuovo ad ogni costo o dal ripetere sempre qualcosa perché la si è sempre fatta. Entriamo con umiltà e coraggio nel grande mistero della Chiesa, Popolo di Dio reso tale dal sacrificio del Corpo di Cristo.