Il Patriarca ai sacerdoti durante la Messa del Crisma: “Voi siete importanti per le vostre comunità. Il prete è segno prezioso e concreto della tenerezza di Dio”

“In una comunità il prete diventa segno prezioso e concreto della tenerezza di Dio; quel prete o quei preti – nei pochi casi in cui è ancora possibile parlare al plurale – rappresentano la cura paterna di Dio nei confronti dei giovani, degli anziani, dei malati, delle famiglie ferite e sane di quella comunità parrocchiale o collaborazione interparrocchiale. Il prete è un uomo che ha scelto Gesù e, per questo, si dedica a loro e ama Gesù proprio prendendosi cura di loro, così come sono, ogni giorno. Voi siete importanti per le vostre comunità e la vostra testimonianza di vita è già di per sé incoraggiamento ed evangelizzazione. Il prete che vive fino in fondo il suo sacerdozio, che è conosciuto come uomo di preghiera, che s’impegna a superare le incomprensioni e le divisioni, che sa chiedere e donare il perdono prima di andare all’altare, un uomo che è a servizio della sua gente e non alla ricerca di una nicchia dove riposare, un uomo che si spende nel ministero, distaccato dai soldi, un tale prete – anche se non avesse doti particolari – ha già assolto la sua missione. Solo in Paradiso – come dice il santo Curato d’Ars – si potrà comprendere la grandezza del sacerdote. Un prete che è sempre prete in tutto quello che dice e fa, in canonica, in patronato, in confessionale, quando spiega la parola di Dio, quando lavora o riposa, è ciò di cui le nostre comunità hanno bisogno”: è uno dei primi passaggi della riflessione che il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha offerto la mattina di Giovedì santo (13 aprile 2017) durante la Messa del Crisma celebrata nella basilica cattedrale di S. Marco, con la benedizione degli olii santi, alla presenza dei sacerdoti della Diocesi veneziana. Il testo integrale dell’omelia è nel file riportato in calce.

“L’annuncio – ha proseguito – comporta sempre il farsi carico, con amore e tenerezza, delle persone a cui si reca la buona notizia di Cristo; farsi veramente carico delle persone vuol dire chiamarle a responsabilità, aiutarle ad accogliere la Parola di Gesù come essa è, iniziare un cammino comune di discernimento in cui il Vangelo sta innanzi a tutti e due – al pastore (ministro ordinato) e al fedele (sacerdozio comune) – come invito alla conversione per entrambi. Nessuno dei due, infatti, ha un potere sulla Parola; entrambi, pastori e fedeli, sono di fronte alla Parola che salva e in nessun modo deve esser ridotta al piano del buon senso umano oppure, ancor più, al comodo: ma tutti lo fanno… Non c’è posto per una “gradualità della legge”; ogni parola del Vangelo, per quanto possa sembrare anche ardua, è in realtà una Parola di salvezza proclamata nella nostra vita che, se accolta con fede, oltre a salvare, reca gioia e non opprime. Una parola che libera come solo la verità ci libera. La Parola di Dio non è un consiglio umano ma l’appello concreto della grazia che liberandoci apre strade nuove al pastore e al fedele. L’invito, allora, è percorrere, con vero discernimento, la “legge della gradualità”, ossia portare, con la grazia del Signore, chi ancora non è in grado, a crescere progressivamente, attraverso la preghiera, la pazienza, la tenerezza, senza fretta, con un vero discernimento soprannaturale. Dobbiamo esser convinti che la Parola di Dio, nella sua infinita “verità” e “carità”, risuona per noi qui e ora, sia per il pastore sia per il fedele, ed è Evento che salva se, entrambi, pastore e fedele, dicono il loro sì; quella Parola è la salvezza che chiede d’esser continuamente annunciata, soprattutto se fatica a farsi strada nei nostri cuori”.

Ha, quindi, aggiunto: “Diciamo oggi il nostro grazie al Signore per i doni del sacerdozio battesimale e ministeriale e chiediamo che ci renda testimoni fedeli e gioiosi della Sua Parola; un grazie a chi, attraverso il ministero ordinato, è chiamato a essere, in modo particolare, servo e ministro della Parola di Dio. Il suo impegno sia annunciarla in Gesù, con la sua autorità, la sua carità, la sua tenerezza. Autorità, carità e tenerezza che si plasmano sulla verità che fa liberi, come ricorda Giovanni nel suo Vangelo. Rivolgiamo un ricordo affettuoso ai confratelli presbiteri che non sono presenti per motivi d’età o di salute; ho cercato di raggiungerli personalmente in questi giorni, fatelo anche voi. Un ricordo tutto particolare e orante, infine, per i nostri confratelli che vivono momenti di affaticamento spirituale e vocazionale. A tutti dico: mettiamo con più fiducia e amore ogni sofferenza e ferita nelle mani del Signore, perché là dove siamo deboli si manifesti la sua forza e grazia; Lui può sanare e salvare tutto! “.

Al termine della celebrazione il Patriarca ha consegnato personalmente a tutti i sacerdoti presenti la sua nuova lettera pastorale intitolata “Incontro al Risorto” – ed. Marcianum Press – e che “vuol essere il primo atto della Visita affinché, da subito, sia preparata e vissuta nelle nostre comunità, alle quali chiedo di portare tutta la mia stima, il mio affetto e ricordo nella preghiera”. Ha, infine, ricordato la prossima ordinazione diaconale, prevista nel pomeriggio di sabato 22 aprile a San Marco, del seminarista Gianluca Fabbian.