Dalla Pasqua la forza di vincere ogni paura e di ripensare la vita personale e sociale: la riflessione del Patriarca durante il Pontificale a S. Marco

Vincere ogni paura, mostrare e dare concretamente le ragioni e gli effetti della Pasqua – ovvero della risurrezione di Gesù – nella vita quotidiana e sociale; così si è davvero “Chiesa in uscita”. Lo ha affermato il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nel corso dell’omelia durante il solenne pontificale del giorno di Pasqua celebrato la mattina di domenica 16 aprile nella basilica cattedrale di S. Marco (testo integrale allegato in calce).  

“La Pasqua – ha affermato – chiede d’instaurare non solo a livello personale, ma anche sociale e politico, relazioni secondo verità, giustizia e solidarietà, nella logica di una riconciliazione sempre possibile. Dobbiamo esser più convinti che nessuna guerra ha mai risolto i problemi degli uomini e dei popoli, tutto al più ha estenuato una delle due parti in conflitto; la pax romana non è la pace cristiana. Certo, l’impegno reale per la pace non è il pacifismo che dice autoreferenzialità e, come tutte le ideologie, invece d’unire separa. La Pasqua si compie con la venuta dello Spirito Santo e la Pentecoste dice comunione, dialogo, concordia e unità nella verità; la comunione, il dialogo, la concordia sono, esattamente, l’opposto dello spirito di Babele il cui principio è divisione, frattura, inimicizia. A Pasqua l’impegno dei discepoli e delle comunità cristiane è quello di tradurre il dono dello Spirito Santo in concrete relazioni personali, sociali, istituzionali e politiche. È necessario ricostituire una società che sappia tenere insieme quanto fino a ora è stato considerato in modo conflittuale, non condiviso”.

“In questi anni di cambiamenti epocali – ha quindi proseguito – siamo chiamati a ripensare il contesto in cui viviamo. Si tratta di non considerar fra loro in modo conflittuale la “tolleranza” e la “passione per la verità”, la “tolleranza” e le “convinzioni profonde”. Bisogna nutrire un saggio amore per la propria identità e per la propria storia, senza chiudersi in se stessi, domandando a tutti il rispetto della legalità, il rispetto reciproco, l’impegno per il bene comune nel Paese in cui abitiamo; questo è il concreto e civico modo di tendersi la mano in una società sempre più articolata e multiforme. Il pluralismo – che sempre più plasma le nostre società avanzate – di per sé non può esser considerato un elemento che mina alla base la vita delle persone o delle istituzioni sociali, politiche e religiose; certo, lo può diventare se è alimentato dalla deriva che riduce tutto a puro soggettivismo e se tutto appiattisce in un radicale relativismo.

Il Patriarca ha poi fatto riferimento a fatti di strettissima attualità: “In questi giorni, in cui soffiano venti di guerra, tutti siamo rimasti toccati per gli atti terroristici che hanno seminato morte e che i media ci hanno proposto in tragica sequenza. È il momento in cui siamo chiamati a vincere stati d’animo differenti: paura, tentazione di fuggire, desiderio di vendetta. La comunità cristiana, a Pasqua, deve far risuonare, con più forza, nel cuore dei suoi membri e nelle loro relazioni sociali, la buona notizia che Gesù è Risorto, vive in mezzo a noi, dona pace e speranza e con noi cammina lungo le strade della storia chiedendo di fare la nostra parte come credenti e cittadini. Guardiamo con cristiana fortezza i drammatici fatti che riguardano la Corea, la Siria, Stoccolma e le comunità cristiane d’Egitto dove presto si recherà Papa Francesco, messaggero di pace (tra queste comunità ricordo quella di Alessandria, a noi veneziani molto cara per il comune riferimento a San Marco), senza dimenticare i dolorosi fatti capitati in altre parti del mondo dove moltissimi sono i perseguitati per motivi di fede; nel solo 2016 i cristiani uccisi a causa della fede in Gesù sono stati novantamila. Il terrorismo è davvero come una “guerra” diffusa a livello mondiale, inafferrabile e incontrollabile; una guerra “a pezzi”, per usare ancora le parole di Papa Francesco. Noi veneziani, col sollievo per il grave pericolo scampato e ringraziando per l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, abbiamo compreso che anche la nostra città non è estranea a tali dinamiche. E abbiamo provato, sulla nostra pelle, la sensazione d’esser drammaticamente “a rischio”, come tante altre parti del mondo”.

Ed ha infine così concluso: “La paura non dà lucidità, la paura non tutela una comunità, la paura non è mai proposta costruttiva. A Pasqua siamo chiamati a dare spazio alla sola Parola che ci risolleva ed è in grado di sradicarci dalla paura Il cammino del cristiano consiste, allora, nel liberarsi da ogni forma di paura per correre incontro al Signore risorto e vivo! Lasciamoci incontrare da Lui, come avvenne in quel mirabile e straordinario giorno al pozzo di Sicar, dove Gesù alla donna samaritana “rivolse una parola al suo desiderio di amore vero, per liberarla da tutto ciò che oscurava la sua vita e guidarla alla gioia piena del Vangelo” (Papa Francesco, Amoris laetitia n. 294). La festa di Pasqua è l’opportunità che ci viene data come grazia e che chiede, a tutti, umiltà e disponibilità alla conversione per passare dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla menzogna alla verità, dall’odio all’amore incondizionato. “Cristo, mia speranza, è risorto”: l’annuncio della Pasqua giunga a tutti, specialmente a quanti sono segnati dalle sofferenze e dalle preoccupazioni della vita. Auguro a tutti una Santa Pasqua di verità, di giustizia e, quindi, di pace”.