Dal Concerto di Natale a San Marco un “grido di dolore e di speranza” per Venezia. Il Patriarca Moraglia: “La città è di tutti. Il suo futuro non deve trovarci divisi”

Concerto di Natale nella Basilica Cattedrale di San Marco

(Venezia, 17 dicembre 2019)

Intervento di saluto del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Signor ministro, stimate autorità, gentili signore e signori,

prendo la parola questa sera, prima del tradizionale concerto di Natale, in uno dei luoghi più segnati dalla eccezionale acqua alta che la notte fra il 12 e il 13 novembre scorsi, raggiunti i 187 centimetri sul livello medio mare, ha coperto l’80% della città e le isole della laguna e ha arrecato a questa Basilica danni ingenti, anche strutturali.

La Baxéłega de San Marco – simbolo non solo della Venezia cristiana ma dell’intera città – è stata fino al 1797 l’antica cappella privata del doge, la Chiesa Palatina del Palazzo Ducale; dal 1807 è la chiesa cattedrale, la chiesa madre del Patriarcato in cui sono custodite le spoglie dell’evangelista; è la “chiesa d’oro” per i suoi tesori e gli 8400 metri quadri di mosaici.

Sento, quindi, il dovere di esprimere un ringraziamento all’intera Procuratoria di San Marco, al Primo Procuratore Carlo Alberto Tesserin, al Proto Architetto Mario Piana e in modo particolare alle maestranze che – in momenti difficili – hanno svolto con passione e competenza un prezioso lavoro.

Ringrazio il Sindaco, il Presidente della Regione, il Prefetto, tutte le forze dell’ordine, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile ma, in modo particolare, i ragazzi che spontaneamente si sono rimboccate le maniche e hanno dato una bella testimonianza di vicinanza al prossimo che lascia ben sperare per la Venezia di domani.

Non ha sofferto solo la città storica, ma anche le isole della laguna che qui voglio ricordare: Murano, Burano, Mazzorbo, Torcello, Sant’Erasmo, Lido, Pellestrina e la vicina città di Chioggia. E anche il nostro Litorale.

Di fronte a quanto successo in quella notte e nei giorni successivi non si vuole né recriminare né fare polemiche ma offrire una riflessione pacata e accorata: qualora, infatti, continuassero scelte e politiche incuranti della fragilità ed unicità di Venezia e del suo territorio, se ne decreterebbe la morte.

Non si tratta di cercare visibilità ma, in occasione della grande festa cristiana del Natale, di lanciare un grido di dolore e, insieme, di speranza per Venezia.

Guardiamo insieme il futuro, perché Venezia è di tutti e il suo avvenire non deve trovarci divisi. In una comunità ci sono scelte fondamentali che vanno prese in modo condiviso e attuate in tempi certi, a prescindere dalla connotazione politica della forza che, di volta in volta, governa o è all’opposizione, a Roma o qui in città.

Su questo ci deve essere l’impegno di tutti. Non di qualcuno, ma di tutti!

Una città divisa, quando si tratta del suo destino, è una non-città. E una città incapace di pensare il proprio presente si è già condannata a non avere futuro.

Sulla scelta di essere civitas, ossia una convivenza reale di persone, non è possibile prendere posizioni conflittuali, imbastire contrapposizioni o costruire polemiche per cercare visibilità. Venezia non merita questo.

Primo punto – non più rinviabile – è la difesa della città, in particolare dei suoi luoghi più fragili, ormai regolarmente invasi da acque alte. A tale questione, irrisolta da anni, si unisce la questione residenziale; un problema che deve misurarsi, innanzitutto, col costante calo demografico ma non solo.

Tali questioni non sono prerogativa di alcuni e non vanno lasciate all’iniziativa di singoli, ma devono diventare progetto politico condiviso dalle amministrazioni che, di volta in volta, sono chiamate a guidare la città o ad intervenire su di essa. Sui “fondamentali” che riguardano il bene della città – come già detto – maggioranza ed opposizione non devono dividersi o far campagna elettorale.

Chi è chiamato a governare governi e chi è chiamato a svolgere l’importante funzione d’opposizione la svolga al meglio, con rigore e senza sconti, dando così il suo importante contributo alla vita democratica. Non si torni però a mettere in discussione ogni volta i “fondamentali”, ossia il bene di Venezia.

Lo ripeto: la difesa della città dalle grandi acque alte e un reale progetto civico-abitativo, che comprenda interventi fra loro connessi in una prospettiva temporale certa, sono “fondamentali” su cui tutti bisogna convenire.

Si tratta di progettare una politica cittadina a misura d’uomo per i residenti e i turisti, vale a dire una proposta che consenta a tutti di fruire dell’unicità di Venezia, rispettandone la fragilità e la peculiare struttura.

Venezia è città che nasce dall’acqua e, da sempre, vive sull’acqua. Si auspica, quindi, che si concretizzi l’iniziativa che mira ad istituire proprio a Venezia un Centro internazionale di studi e ricerche sui cambiamenti climatici per definire strategie e progettare sistemi sociali ed ambientali sostenibili.

I cambiamenti climatici – vera sfida del futuro – chiedono alla città, per le sue caratteristiche ambientali uniche, di fungere da apripista. Venezia, per l’ambiente, è simbolo planetario universalmente noto e deve quindi mettersi in gioco come “laboratorio” in grado di pensare con coraggio il nostro futuro per quanto riguarda il clima, l’ambiente e la politica.

A questo proposito rimaniamo preoccupati per la chiusura, senza risultati e accordi, della Conferenza Onu di Madrid sul clima. Segno di un’altra occasione persa di fronte alla necessaria assunzione di decisioni importanti.

Con l’ausilio di sagge politiche e l’aiuto di nuove tecniche, la città di oggi e di domani sarà nelle condizioni non tanto di sopravvivere consegnata al caso ma di crescere secondo un progetto pensato e voluto in sintonia col nostro tempo, perché Venezia non può essere o diventare una città solo raccontata sui libri di storia e d’arte e neppure essere ridotta a prodotto da vendere, come uno dei prestigiosi marchi made in Italy.

Venezia e i veneziani hanno cuore, intelligenza e fantasia per ripensare la loro città, magari con uno statuto per la città che non la separi dal territorio ma sia uno strumento legislativo, economico e finanziario che ne riconosca l’unicità a livello mondiale e ne consenta il rilancio.

Venezia torni, dunque, ad essere quella civitas che è stata e che, secondo la concezione politica e giuridica della latinità, corrisponde alla πόλις (polis) greca – l’insieme dei cittadini – distinguendosi così dall’ urbs, la città intesa come complesso di edifici e mura.

Le chiese e gli edifici pubblici della città raccontano la storia gloriosa della Serenissima Repubblica di San Marco. Certo, vanno difesi e restaurati perché sono di Venezia, ma sono patrimonio dell’intera umanità; è essenziale, però, farli parlare all’oggi proprio di quelle cose che l’attuale società della tecnoscienza non sa più parlare.

Tutto è necessario che sia progettato e realizzato a misura di città che deve esser “vissuta” da chi la abita e dai visitatori, accolti con simpatia, in numero compatibile con le dimensioni e gli spazi di Venezia, le sue calli, le fondamenta, i campi e i campielli.

Venezia non può ridursi ad essere, nella migliore delle ipotesi, un museo a cielo aperto o, peggio, un maxi-supermercato. E non si tratta di due ipotesi così irreali.

Tutti amiamo Venezia e la vogliamo salvaguardare nella sua unicità – arte, storia, cultura –; nello stesso tempo la vogliamo “abitare” come cittadini che vivono la loro esistenza quotidiana in modo cordiale, accogliente, semplice, ordinata, a misura di bambino, di anziano, di famiglia.

Grazie per il vostro cortese e paziente ascolto; credo che questo tempo lo dovessimo alla nostra città.

Fin d’ora un plauso alla Cappella Marciana per quanto ci farà ascoltare.

A tutti auguro un Natale ricco del Signore Gesù: il Bambino e la luce gentile di Betlemme rinnovino il nostro modo di pensare e il nostro stile di vita.

Il presepio sia scuola di semplicità evangelica ed essenzialità umana e ci ricordi che, di fronte a Dio, protagonisti sono i poveri e gli umili.

Viva Venezia, viva San Marco e Buon Natale, di cuore, a tutti!